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Ketty La Rocca in mostra a Ferrara

Ketty La Rocca in mostra a Ferrara

Arte Di Gianna Gambini Dal 15 aprile al 3 giugno, la Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara ospita, all'interno della XVII Biennale Donna, le opere di Ketty La Rocca.

Questo mese vorrei soffermarmi su una mostra che verrà proposta a Ferrara, città che merita di essere visitata in ogni stagione, ma soprattutto in primavera, magari in sella ad una bicicletta e con l’occorrente per un picnic in uno dei tanti bei parchi che rendono estremamente vivibile e accogliente questo capoluogo di provincia emiliano.
La Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, all’interno della XVII Biennale Donna, ospiterà a partire dal 15 aprile, fino al prossimo 3 giugno una retrospettiva di una grande artista italiana troppo poco nota al grande pubblico: Ketty La Rocca.
L’artista nata a La Spezia nel 1938, ma trasferitasi a Firenze per compiere gli studi al Conservatorio di Luigi Cherubini che lavorava nell'ambito della musica elettronica, stabilisce contatti con il Gruppo 70 e nel 1964 realizza i primi collages. Sono interessanti lavori in cui l’artista reinterpreta in modo amaramente ironico i messaggi dei mass media e del crescente consumismo.

Due sono i filoni di indagine prediletti da Ketty La Rocca.

Uno è la condizione della donna, di cui l’immagine di donna perfetta, madre e moglie felice, viene sfruttata in ambito pubblicitario, al fine di creare uno stereotipo che mal si confà alla realtà emergente dell’emancipazione femminile. In Vergine (1964) viene evidenziata la contraddizione tra il mito dell’illibatezza e la volontà di rendere il corpo femminile un oggetto di consumo, mentre in Sono felice (1965) denuncia la consuetudine di paragonare la donna ad un oggetto addetto alla manutenzione della vita quotidiana.
L’altro campo d’interesse dell’artista agli esordi è l’indagine sulla responsabilità politica e sociale di situazioni critiche che si verificavano nel mondo a lei contemporaneo, quali la guerra in Vietnam, la povertà in alcune zone del mondo, dovuta alla crescente ambizione imperialistica occidentale. Nel collage Bianco napalm (1967) denuncia apertamente il silenzio della Chiesa cattolica verso la feroce guerra che sta avendo luogo nel sud-est asiatico, unendo il bianco, simbolo di pace e di purezza, alla bomba incendiaria usata dagli eserciti statunitensi.
In Sana come il pane quotidiano (1965) si uniscono in un’unica opera l’interesse verso la donna limitata dalla cultura cattolica italiana, ma esaltata nella sua immagine corporea, indiscutibilmente oggetto e obiettivo del messaggio consumistico e lo strapotere occidentale che rende difficile la sopravvivenza delle madri nel sud est asiatico e dei loro figli a cui non restano altro che povere ciotole di riso.
Dopo il 1968, si sciolse il Gruppo 70.
Dall'editoriale di Gianna Gambini Ketty la Rocca e il "Gruppo 70"

Il filo conduttore della mostra è la comunicazione data sia dalle immagini che dalle parole, usate anche come segno, simbolo, significante.

Il filo conduttore della mostra è la comunicazione data sia dalle immagini che dalle parole, usate anche come segno, simbolo, significante. 

Ketty La Rocca, pur restando fedele alle tematiche a lei care, sviluppa un’arte personale, legata a doppio filo con il messaggio scritto, con il significante più che con il significato.
Le mani, invece, divengono espressione di quello stesso significato perso dal messaggio scritto, comparendo nelle varie opere come mezzo di comunicazione esplicita e immediata.
L’esposizione a cura di Francesca Gallo e Raffaella Perna, e realizzata in collaborazione con l’Archivio Ketty La Rocca di Michelangelo Vasta, figlio dell’artista, propone un’ampia selezione di opere basate sul rapporto tra linguaggio verbale e corpo, fulcro della poetica dell’artista.
Insieme a una selezione di circa cinquanta lavori scelti tra i più rappresentativi delle varie serie dell’artista – dai collage verbovisivi ai cartelli, dai videotape alle sculture sagomate, dalle Riduzioni alle Craniologie – l’esposizione propone alcuni progetti, opere e materiali documentari mai esposti prima in Italia.
La mostra della XVII edizione della Biennale Donna, inoltre, si arricchisce dei prestiti del Mart di Rovereto, de La Galleria Nazionale, della Collezione Palli, della Collezione Frittelli, delle Teche Rai e della Quadriennale d’Arte di Roma.

Per ulteriori informazioni: www.mam-e.it

Gianna Gambini


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