Libri Recensione di Nicolò Maniscalco L'orto fascista, di Ernesto Masina, Macchione Editore, 2013. Valcamonica 1943: una storia tragicomica dal finale inaspettato, vissuta quando i tedeschi si sono trasformati da alleati in nemici.
L’Orto fascista di Ernesto Masina è un romanzo ambientato durante la seconda guerra mondiale, quindi parla di guerra. Quando Ornella Nalon, caporedattrice del blog Gli Scrittori della Porta Accanto, ne ha proposta la lettura, non ho esitato a chiederne una copia perché sono attratto dagli scrittori sconosciuti (forse perché qualcuno ritiene che io sia uno di loro).
Di fatto, ho ricevuto la copia e ho letto questo romanzo che, come ho anticipato, parla di guerra ma non di quella reboante del film Platoon o di Full metal jacket, si tratta piuttosto di una storia tragicomica avvenuta in Valcamonica nel 1943. Non so se siano fatti realmente accaduti o meno, l’autore precisa che nel romanzo non esiste alcun riferimento a fatti o persone reali, ma quest’aspetto non è importante perché storie simili sono state vissute da molte popolazioni rurali e montane quando i tedeschi si sono trasformati da alleati in nemici.
Ed è proprio questo il punto: l’armata tedesca diviene armata d’occupazione, una situazione intollerabile per la popolazione del paese di Breno, luogo d’ambientazione del romanzo. Questa irritazione costringe i pacifici abitanti del luogo ad una azione che nelle intenzioni vuole essere solo dimostrativa ma qualcosa va storto e le truppe tedesche, raggiunte dalle famigerate SS, reagiscono rastrellando una dozzina di abitanti destinati a una tragica sorte. Ma la furbizia e la rinnovata fede del parroco del paese sono le armi usate per rispondere all’angheria nazista.
La lettura è interessante perché è uno spaccato del nostro passato quando per il volere del regime si coltivava il grano ovunque anche in terre non idonee, così come il volere di un gerarca trasforma, con tanto di cerimonia, banda e personaggi importanti, un pugno di terra sassosa, requisita a un povero contadino, in un orto simbolo dell’austerità italica, l’Orto fascista appunto, destinato a essere coltivato dai bambini del paese. Ed è proprio l’orto il fulcro delle vicende narrate da Ernesto Masina.
I personaggi ci sono tutti: il federale, le camicie nere dell’OVRA, il docente universitario di mistica fascista, il segretario della locale sezione del PNF, il podestà e la riprensibile moglie, il farmacista del paese e gli antifascisti sia quelli reali, sia quelli improvvisati.
Il finale, per nulla banale e scontato, è la dimostrazione della tragicomicità del romanzo.
Nella lettura del libro ho ritrovato le storie raccontate da mia madre, ragazzina dodicenne sfollata a Savignone, paesino dell’entroterra ligure, durante l’occupazione nazista e da sua madre, mia nonna, che la guerra l’ha vissuta e fatta davvero insieme al marito comandante partigiano, mio nonno.
Di fatto, ho ricevuto la copia e ho letto questo romanzo che, come ho anticipato, parla di guerra ma non di quella reboante del film Platoon o di Full metal jacket, si tratta piuttosto di una storia tragicomica avvenuta in Valcamonica nel 1943. Non so se siano fatti realmente accaduti o meno, l’autore precisa che nel romanzo non esiste alcun riferimento a fatti o persone reali, ma quest’aspetto non è importante perché storie simili sono state vissute da molte popolazioni rurali e montane quando i tedeschi si sono trasformati da alleati in nemici.
Ed è proprio questo il punto: l’armata tedesca diviene armata d’occupazione, una situazione intollerabile per la popolazione del paese di Breno, luogo d’ambientazione del romanzo. Questa irritazione costringe i pacifici abitanti del luogo ad una azione che nelle intenzioni vuole essere solo dimostrativa ma qualcosa va storto e le truppe tedesche, raggiunte dalle famigerate SS, reagiscono rastrellando una dozzina di abitanti destinati a una tragica sorte. Ma la furbizia e la rinnovata fede del parroco del paese sono le armi usate per rispondere all’angheria nazista.
La lettura è interessante perché è uno spaccato del nostro passato quando per il volere del regime si coltivava il grano ovunque anche in terre non idonee, così come il volere di un gerarca trasforma, con tanto di cerimonia, banda e personaggi importanti, un pugno di terra sassosa, requisita a un povero contadino, in un orto simbolo dell’austerità italica, l’Orto fascista appunto, destinato a essere coltivato dai bambini del paese. Ed è proprio l’orto il fulcro delle vicende narrate da Ernesto Masina.
I personaggi ci sono tutti: il federale, le camicie nere dell’OVRA, il docente universitario di mistica fascista, il segretario della locale sezione del PNF, il podestà e la riprensibile moglie, il farmacista del paese e gli antifascisti sia quelli reali, sia quelli improvvisati.
Il finale, per nulla banale e scontato, è la dimostrazione della tragicomicità del romanzo.
Nella lettura del libro ho ritrovato le storie raccontate da mia madre, ragazzina dodicenne sfollata a Savignone, paesino dell’entroterra ligure, durante l’occupazione nazista e da sua madre, mia nonna, che la guerra l’ha vissuta e fatta davvero insieme al marito comandante partigiano, mio nonno.
L'orto fascista
di Ernesto MasinaMacchione Editore
Narrativa
ISBN 978-8865701409
Cartaceo 12,75€
Ebook 4,99€
Sinossi
Valle Camonica, 1943. Con l'occupazione tedesca, anche a Breno i fascisti hanno rialzato la testa. Nel bar Monte Grappa, tra un torneo di briscola e una bevuta, si ordiscono le trame e si ordisce un piccolo attentato, allo scopo "di dare una lezione ai quei dannati tedeschi". Non tutto procede per il verso giusto. Persino i collaborazionisti, da don Pompeo alla "Signora Maestra" Lucia, stimata Custode dell'Orto Fascista, vengono coinvolti in una girandola di equivoci. Tra un sidecar che salta in aria e qualche rappresaglia, anche i bambini prendono parte a una singolare tragicommedia che a volte sfiora la pochade.
Nicolò Maniscalco |
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