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Stazione biologica Wayqecha, il centro di ricerca sulle Ande

Stazione biologica Wayqecha, il centro di ricerca sulle Ande

Viaggi Di Luigi Lazzaroni I colori delle orchidee, le ombre della foresta, la nebbia sulle montagne, tre spettacoli della natura che mi hanno sempre affascinato e cosa c’è di meglio, allora, della Estaciòn Biològica Wayqecha?

Wayqecha è uno dei tre centri di ricerca gestiti dalla ACCA (Asociation para la Conservacion de la Cuenca Amazonica) situata a 2.950 metri sulle Ande all’ingresso del Parque Nacional del Manu in Perù.

Primo giorno

Ho concordato un passaggio sul pulmino che porta un gruppo di turisti da Cusco giù al Parco del Manu e dopo cinque ore di curve cieche e controcurve a gomito, salite che non finiscono mai e discese su sterrati da rally, mi ritrovo solo col mio zaino sul ciglio della strada in mezzo al nulla, più sotto, nella nebbia che va e che viene, si intravedono i tetti verdi della Estaciòn Biològica.
La mia camera, che definire spartana è un eufemismo, sta sotto il pavimento della sala pranzo, è quella più in basso di tutte, esci e preparati a salire dovunque tu debba andare. Il passaggio per arrivarci è largo meno di un metro, se di notte non guardi dove metti i piedi, e devi avere una torcia visto che la corrente viene tolta alle dieci, precipiti di sotto tra rovi e cespugli. L’arredamento è costituito da una finestra due letti e due sedie. Nient’altro. Ci sono anche camere con bagni privati ma la Estaciòn è piena, mi spiega Robinson, il manager, sorry.
In effetti c’è un gruppo di studenti universitari statunitensi e peruviani guidati da un giovane professore svizzero-peruviano, stanno preparando la loro tesi con una ricerca sulla diffusione della chitidriomicosi, una malattia fungina, tra le rane delle Ande. C’è con loro anche un altro prof della San Francisco State University che sta cercando di mettere a punto una qualche cura. In pratica gli studenti ogni sera salgono oltre i 3.000 metri, dove inizia la puna andina, cercano con le torce le rane tra erbe, cespugli e ruscelli, strofinano la loro pelle con un tampone poi il giorno dopo fanno la ricerca del DNA del parassita, e purtroppo lo stanno trovando.

Io sono qui per le orchidee, a Wayqecha ne sono state censite più di 200, praticamente il doppio di tutte quelle italiane.

Ma il mese migliore è novembre, mi dice il prof perusvizzero che parla italiano, francese, tedesco, inglese e spagnolo. Secondo Robinson invece, che parla solo inglese, spagnolo e portoghese, ce ne sono di più a febbraio-marzo, adesso è giugno, troppo tardi o troppo presto.
Nel pomeriggio primo sentiero, Trocha Canopy. Una nebbia silenziosa striscia fra tronchi sottili sommersi da festoni di licheni, foresta degli elfi la chiamano, si traballa sulla passerella aerea, la zip line vanto della Estaciòn che sfida il vuoto sopra gli alberi di una valletta cupa. Rami carichi di bromeliacee si protendono verso l’alto, il gorgoglio di un torrente giù in basso, il sentiero si perde sotto grandi felci arboree, sembra una foresta preistorica, mi mette l’ansia. Ritorno traballando sulla passerella. Nebbia a Wayqecha, l’Amazzonia è da qualche parte sotto le nuvole là in basso.

Stazione biologica Wayqecha: biodiversità

Secondo giorno

Questa mattina ho fotografato una banda di uccelli coloratissimi, testa nera-dorso blu-pancia gialla-occhi rossi, stavano piluccando delle bacche proprio di fronte alla mia finestra, qualche scatto e sono volati via.  Oggi Trocha Oso (sentiero dell’orso), che non si chiama così per caso. Ho visto le foto scattate da una guida della Estaciòn appena sotto il lodge, ci sono anche i puma ripresi dalle trappole fotografiche poste lungo il sentiero, mi piacerebbe, o forse no, incontrarne uno. Il sentiero scende, temo per il ritorno, raggi di sole rompono la nebbia ma le farfalle sono ancora intorpidite dal freddo della notte, 12°C la temperatura media annuale di Wayqecha, i fiori luccicano di rugiada tra i rami bassi carichi di licheni. Niente orso e niente puma, solo una specie di pollo azzurrastro che scappa lungo il sentiero e voli brevi di uccellini. A proposito, di uccelli, anche se la lista di quelli osservati a Wayqecha supera i 400, in pratica come tutti gli uccelli che popolano l’Italia dalle Alpi a Lampedusa ma qui vivono in cinque o sei chilometri quadrati, io riesco a distinguere solo due categorie: quelli che si vogliono far vedere e ti riempiono gli occhi con colori sgargianti e subito scappano, e quelli che non si vogliono far vedere, non li vedi ancora quando partono a un metro da te, non li vedi più non appena si posano cinque metri più avanti, li cerchi nelle foto, sai che ci devono essere, alla fine li trovi, non sempre. Sole a Wayqecha, l’Amazzonia è da qualche parte sotto le nuvole là in basso.

Stazione biologica Wayqecha: biodiversità

Terzo giorno

Ultima mattina, devo fotografare i colibrì che ronzano come mosconi attorno alla Estaciòn e lungo i sentieri. Ne sono state censite 13 specie, vuoi che non ne becchi almeno una? Ti metti vicino a qualche cespuglio fiorito e aspetti, prima o poi senti il ronzio, cerchi di capire dov’è, quando stai per scattare non c’è più. Pazienza tanta, fortuna tanta, ma qualche foto l’ho fatta.
El bus? Oggi c’è di sicuro – mi dice Robinson - sale da Pillcopata e va a Cusco, passa verso le undici. Ore dieci, zaino ai piedi sono pronto sul ciglio della strada, non si sa mai. Ore undici, del bus nemmeno l’ombra ma un po’ di ritardo ci può stare, siamo sulla Carretera a Manu mica in città. Ore dodici, due dello staff passano per andare a piedi non so dove. El bus? Arriva, arriva, mi assicurano. Ore tredici, mi portano un panino. Ore quattordici. El bus? Non è arrivato? Mi fa il cuoco della Estaciòn. Ore quindici, i due prof mi danno un passaggio se trovo posto nel casino del sedile posteriore della loro macchina, devono andare a Cusco a comprare materiale per la ricerca. Ore venti, dopo una sosta per decidere se si può andare avanti anche senza una grossa vite caduta dall’avantreno sinistro, arrivo a Cusco.
Le orchidee? Ne ho fotografate una ventina sulle 200 censite ma non era la stagione giusta, troppo tardi o troppo presto.

Luigi Lazzaroni

Luigi Lazzaroni
Non credo nell’astrologia ma mi ritrovo in alcune caratteristiche del mio segno, ovviamente quelle che mi fanno più comodo: l’Acquario ama sentirsi libero e sente il bisogno di spostarsi continuamente, adora viaggiare, è attratto da tutto ciò che è nuovo, ha idee continue che gli girano in testa, gli Acquario sono sognatori. Confermo al cento per cento. Per il resto studi classici, laurea scientifica giusto per cambiare, pittura nei periodi di meditazione, fotografia sempre, in montagna da solo o con gli amici, in giro per il mondo con una moglie che mi tiene nel mondo reale tranne che in Amazzonia dove non vuole proprio venire.


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