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Recensione: Bella mia, di Donatella Di Pietrantonio

Bella mia, di Donatella Di Pietrantonio - Recensione

Libri Recensione di Gianna Gambini Bella mia, di Donatella Di Pietrantonio, Einaudi, 2018. Dall'autrice dell'Arminuta, un romanzo sul dolore della perdita, sullo spaesamento dovuto alla distruzione e all'assenza senza lasciare spazio ad alcuna ostentazione o sentimentalismo.

Come scelgo i libri da leggere? Dipende. I consigli di lettori forti di cui condivido i gusti e le inclinazioni sono spesso il primo passo per avvicinarmi ad un autore. In seguito, se un romanzo mi piace, mi procuro altre opere pubblicate in precedenza.
Donatella Di Pietrantonio l’ho scoperta proprio così: dopo la sua affermazione con la vittoria del Premio Campiello del suo romanzo L’Arminuta, ne ho letto la recensione di una scrittrice di cui spesso condivido le opinioni, Elena Genero Santoro. 


Dopo aver divorato L’Arminuta, averne apprezzato la trama e soprattutto lo stile diretto e assolutamente privo di inutile retorica, ho cercato e letto avidamente in una delle tante domeniche di pioggia di questa primavera un po’ pigra, il romanzo Bella mia, uscito per la prima volta nel 2014 per la casa editrice Elliot e pubblicato nel 2018 da Einaudi con una postfazione inedita dell’autrice.
Il terremoto che ha colpito L’Aquila nel 2009 ha scosso la terra d’Abruzzo e ha distrutto complessi architettonici ritenuti indistruttibili e al contempo ha frantumato e devastato la vita dei tanti abitanti che hanno visto sgretolarsi tra le mani sogni e certezze.

Caterina, la protagonista del romanzo, non ha perso soltanto la casa e il laboratorio di ceramica a seguito delle scosse.

Ha perso anche sua sorella gemella Olivia, madre di Marco, un adolescente incapace di orientarsi nel suo corpo improvvisamente cresciuto e nel mondo circostante fatto di macerie e distruzione.
Dopo un breve periodo di convivenza con il padre Roberto, musicista romano, Marco decide di vivere con la zia e con la nonna nelle C.A.S.E (Complessi Antisismici Sostenibili ed Ecocompatibili) e di proseguire gli studi nella sua città.
Per Caterina, che ha scelto di non diventare madre, non è facile trovarsi ogni giorno faccia a faccia con un nipote semisconosciuto che ha in comune con il bambino che amava coccolare soltanto i riccioli neri che troppo spesso ricadono sul volto a nascondere gli occhi.
Non ne ho mai voluti di bambini, non mi sono mai creduta capace di provvedere a un altro, già è troppo stare in piedi da sola. 
Il dialogo tra zia e nipote appare impossibile, il loro canale comunicativo sembra intasato dai troppi silenzi, tanto che i rari momenti di confidenza e familiarità che li legano compaiono spesso dopo un guaio combinato dal ragazzo maldestro tanto nei movimenti quanto nell’affrontare la vita, che gli ha riservato un destino difficile da sostenere. Il compito della zia non è quello di sostituire la madre, ma deve riallacciare i fili delle relazioni interrotte, in particolare quello tra padre e figlio, un filo tanto fragile e instabile quanto necessario. In questo Caterina è aiutata dalla madre che nel suo ruolo di nonna trova un flebile appiglio nello sconforto di aver perso Olivia, la figlia.


Bella mia di Donatella Di Pietrantonio è un romanzo sul dolore della perdita, sullo spaesamento dovuto alla distruzione e all'assenza, costruito però sulle percezioni delle realtà, senza lasciare spazio ad alcuna ostentazione o sentimentalismo. 

Alcuni episodi narrati con crudele realismo colpiscono il lettore e si imprimono nella memoria in modo indelebile. Emblematica in tal senso è la vicenda di Lorenza che ha perso la sua bambina a causa del terremoto e il suo dramma viene descritto nell'assenza percepita anche nei piccoli gesti quotidiani: 
[Marco] vede prima di me la vicina che ha perso la bimba nel terremoto. È così senza peso e forza che non riesce ad abbassare con il piede la leva per aprire il cassonetto dei rifiuti. Marco lo fa per lei, le prende anche il sacco dalla mano e lo lancia dentro.

Un altro aspetto fondamentale del romanzo è quello di rendere palese la discrepanza tra la percezione che hanno gli spettatori dei programmi televisivi sul dramma degli abitanti delle zone colpite dal terremoto e la realtà dei fatti, le vite vissute da chi a causa delle scosse ha perso tutti i beni materiali. 

Tali beni non hanno solo un valore economico, facilmente rimpiazzabile, ma sono i ricordi di una vita intera, legami che non potranno mai più essere allacciati. La percezione che si ha, leggendo Bella mia di Donatella Di Pietrantonio è di abbandono da parte dello stato e anche della stessa opinione pubblica: i concerti, le visite dei politici e degli inviati della Tv del dolore sono solo una manifestazione di apparente solidarietà che non ha cambiato in alcun modo la situazione degli sfollati.
Nel campo eravamo deportati di lusso, venivano cuochi famosi a cucinare per il nostro scarso appetito e politici a visitarci con i vestiti sportivi adatti alla circostanza e le facce atteggiate a solidarietà. Le telecamere li filmavano sullo sfondo blu delle tende mentre prendevano impegni per pronta rinascita dell’intera area colpita dal sisma e lodavano il coraggio e la dignità della popolazione così duramente provata. Me ne andavo a camminare fuori, per non ascoltarli, o me ne stavo sulla branda.

Il romanzo ha un andamento semicircolare, ovvero si parte da un intero distrutto improvvisamente dal terremoto e durante il corpo centrale dalla narrazione c’è un tentativo di rimettere insieme i pezzi di un’esistenza frantumata. 

La conclusione ci fa capire che il tempo non aggiusta le cose, ma tenta di riportare le vite dei protagonisti verso una pseudo-normalità che non sarà mai simile all'intero iniziale. La corrente della vita, infine, appare più forte di tutto e ognuno a suo modo torna a percepire il battito del proprio cuore,non più intatto, ma sicuramente aperto al futuro.
Raramente nei notiziari si fa ancora riferimento alla ricostruzione dell’Aquila, ai cantieri, alla corruzione che ha rallentato il procedimento di recupero e l’arrivo degli aiuti economici, ma non si parla mai di chi ha vissuto in prima persona il dramma del terremoto, per questo vorrei concludere questa recensione con le parole con cui Donatella Di Pietrantonio chiude la postfazione:
Di quello che gli aquilani si portano dentro nessuno parla.


Bella mia

di Donatella Di Pietrantonio
Einaudi
ISBN 978-8806237998
Cartaceo 10,2€
Ebook 7,99€

Sinossi
Ritrovarsi alle prese con un adolescente taciturno e spigoloso che è quasi uno sconosciuto, inventarsi madre quando quell'idea era già stata abbandonata da tempo. È ciò che succede a Caterina, la protagonista di Bella mia, quando Olivia, la sorella gemella che sembrava predestinata alla fortuna, rimane vittima del terremoto dell'Aquila, nella lunga notte del 6 aprile 2009, lasciando il figlio Marco semiorfano. Il padre musicista vive a Roma e non sa come occuparsene, perciò tocca a Caterina e alla madre anziana prendersi cura del ragazzo, mentre ciascuno di loro cerca di dare forma a un lutto che li schiaccia. Ma è in questo adattamento reciproco, nella nostalgia dei ricordi, nella scoperta di piccole felicità estinte, nei gesti gentili di un uomo speciale che può nascondersi la forza di accettare che il destino, ancora una volta, ci sorprenda. Bella mia è un romanzo di grande intensità che parla con un linguaggio scarno ed essenziale dell'amore e di ciò che proviamo nel perderlo. Ma soprattutto della speranza e della rinascita: la rinascita di una città squassata dal sisma e la rinascita ancora piú faticosa della fiducia nella vita.

Gianna Gambini


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