Gli scrittori della porta accanto

Il giocatore randagio, un romanzo in crowdfunding di Fabio Cozzi

Il giocatore randagio, un romanzo in crowdfunding di Fabio Cozzi

Libri Sponsored Il giocatore randagio, Bookabook, un romanzo in crowdfunding di Fabio Cozzi. Una favola nera sempre dalla parte dei visionari, dei ribelli.


Fantastico
ebook 5,99€
cartaceo 16,00€

Sinossi
Il giocatore randagio nasce in un paese del Sud ed ha un sogno: diventare un calciatore famoso...
Sulla sua strada troverà un cane lupo malato e la Legge della più potente società calcistica nazionale per la quale i giocatori “devono soltanto giocare, non pensare”. Chi non si adegua ai voleri della società viene trasferito nell’"Albergo provvidenza" dove gli spiriti ribelli avranno quel che si meritano. Nel frattempo sul palcoscenico del romanzo si alterneranno altre figure randagie: il portiere Ivan Selbin che si scontrerà con l’Uomo Diabolico del Paese del Male, l’allenatore serbo Bruno Paletic con il suo rivoluzionario schema di gioco (un solo difensore e nove attaccanti), l’allenatore italiano Tommaso Bernardi che insegna ai suoi giocatori la fratellanza e la solidarietà, unico mezzo per poter vincere con merito a pallone…
Una favola nera sempre dalla parte dei visionari, dei ribelli.

Estratto
Il giocatore randagio nacque in un paese del Sud, un paese sperduto e anonimo, dimenticato perfino dalle carte geografiche nazionali e forse soprattutto da Dio. In quel posto non esisteva un campo di calcio, né una piscina, o una pista ciclabile. Non c’erano nemmeno una libreria, una biblioteca, una sala di musica o da ballo, così da permettere all’anima di ricrearsi e riconoscere i segni della bellezza. L’estate sembrava essere l’unica stagione ammessa. La gente del paese andava al mare oppure si chiudeva in casa a vedere la televisione, con i condizionatori d’aria che facevano concorrenza alle zanzare nel loro continuo e inesorabile ronzio; guardava soprattutto trasmissioni dove le persone s’incontravano nuovamente dopo tanto tempo, piangevano, si abbracciavano, e magari poi si baciavano pure. Oppure serie televisive sudamericane, dalle repliche infinite. Il resto del tempo lo passava a mangiare piatti elaborati e molto piccanti, per poi, finalmente, dormire. E continuare con quell’estate infinita e afosa che privava la mente di qualsiasi speranza nel futuro.
L’unico a fare eccezione in quello stato di cose era proprio il giocatore randagio. Il giocatore randagio, a quel tempo ancora bambino, si divertiva a tirare calci a una palla mezza sgonfia di vecchiaia sul lungomare del suo paese. Immaginava di essere un giocatore brasiliano che si allenava in qualche spiaggia meravigliosa, affacciata sull’Atlantico luccicante di allegria e voglia di vivere. Molto spesso il giocatore randagio, quando toccava la palla lamentosa di vecchiaia si battezzava, sempre nella sua testa infantile, con un nome nuovo e affascinante. “Sono Rivelino”, diceva mentre la palla rotolava già sfiancata verso il mare. “Sono Zico”, mentre cercava di dribblare i cani randagi che infestavano la zona e che gli correvano incontro, abbaiando feroci, per mordergli la palla. Ma quei cani non eran veramente dei cani per lui, per la sua mente di bambino. Erano i difensori italiani, oppure quelli tedeschi, oppure ancora argentini (la razza di difensori più bastarda della storia del calcio mondiale): così immaginava ancora il giocatore randagio. Uno di questi cani, il più cattivo e insistente, una specie di cane lupo con il pelo slabbrato, chiazzato per qualche malattia, era quello che si avventava con più frequenza sulla palla, sbavando di rabbia. Era una mattina stranamente buia, con un principio di foschia in mare, quella in cui il giocatore randagio, quel giorno ribattezzatosi “Socrates”, si parò davanti al cane lupo malato, per l’occasione soprannominato “Stielike”, per fargli una finta e dribblarlo, ma il cane era più rabbioso del solito e gli si lanciò addosso mordendogli una gamba. Il giocatore randagio si accasciò sulla spiaggia con la gamba che perdeva sangue, mentre Stielike si allontanava verso l’orizzonte nebbioso, la palla che faceva scorrere avanti con il muso fremente. Il cane lupo e il pallone, nella visione ormai compromessa dal dolore del giocatore randagio, si mischiarono poi all’orizzonte e diventarono punti indistinti, quasi miraggi intravisti dalla sua mente. Eppure per un attimo il giocatore randagio pensò di morire e di non avere più la possibilità di diventare famoso. Più che la paura della morte, era proprio questo che faceva piangere disperato il giocatore randagio: non aver la possibilità di apparire un giorno da calciatore famoso sugli schermi televisivi, dentro le case dei suoi compaesani. Ad un certo punto il giocatore randagio svenne e pensò di esser morto veramente. Immaginò anche il suo funerale, un funerale che solo la fantasia di un bambino poteva ospitare. La nazionale brasiliana, quella del mondiale del 1982 (da Socrates a Falcao, da Zico a Junior), portava a spalla la bara del giocatore randagio che però dentro quella bara era ancora un bambino. Il giocatore randagio sognò anche la commemorazione funebre fatta da Cerezo che visibilmente emozionato parlava del giocatore randagio, il quale sulla sua strada aveva incontrato cani crudeli. Lui, Cerezo, ne aveva invece di buoni e affettuosi. “È stato il migliore”, dichiarava il brasiliano che per l’emozione sembrava inghiottire sane, con la sua bocca enorme, quelle parole.

Fabio Cozzi

Fabio Cozzi




È nato e vive a Roma dove si occupa di formazione. Scrive soprattutto racconti. Alcuni sono stati pubblicati in antologie: uno, dal titolo "Dove per il West?", è apparso in "Amore e sesso fantareale" di Omero edizioni. Il racconto "La strada e Mamma Roma" è stato premiato nel concorso "Note a margine. Premio letterario per le periferie romane". Collabora con il blog www.sulromanzo.it scrivendo recensioni di libri.


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