Pagina 69 #140 Il ponte delle Vivene, di Davide Dotto, Ciesse Edizioni, 2016. Un antico castello incastonato nella roccia, uno spirito ineffabile con membra e tratto di donna, cui chiedere la grazia di un figlio.
1841
Imboccata la piazza, Marlena scorse da lontano la figura traballante di sua madre. Non la ricordava così vecchia. Si domandò se non fosse rimasta a vegliare, poco oltre la soglia, tutto il tempo.
Sollevata e stanca, Giuseppina la accolse senza proferire parola.
«Se ne riparlerà domani. Va’ a dormire. Domani sarà tempesta» le disse papà Oreste.
Il giorno dopo però nessuno toccò l’argomento e Marlena si guardò bene dall’accennarne. Si alzò, fece colazione, mormorò un timido saluto, non uscì di casa. Era tornata, il resto passava in secondo piano. Solo Giuseppina, al momento opportuno, si arrogò il diritto di dire la sua. Per questo una sera si appartò con lei, e fu un interminabile confabulare e discutere.
Giuseppina, sottovoce, adoperò toni aspri e accesi, ai quali la ragazza non replicò. Marlena temeva sua madre. E sua madre temeva la figlia più sicura e temprata di lei, una donna fatta alla quale c’era poco da insegnare. Distinse tra le pieghe del volto un che di diverso e di incontrovertibile. La sorprese a tastarsi il ventre, che nei mesi successivi si gonfiò.
Non poté che accogliere il fatto compiuto.
Non una strega, ma un uomo l’aveva presa, trascinandola e abbracciandola nelle foreste, con grave scandalo della contrada. C’era poco da ribattere tuttavia, che le ragazze chiacchierate erano più d’una in paese. Non c’era famiglia che non avesse le sue belle gatte da pelare e alla quale rispondere se avesse avuto da ridire, o semplicemente puntato il dito.
Hayek non fece ritorno. Valchiusa e Valmezzo piansero i figli e i padri, chiamati a combattere chissà dove. Le madri e le mogli strinsero chi un fazzoletto, chi l’ultima lettera, chi un paio di stivali. Non sempre fu dato sapere in quale valle, in quale gola riposassero le spoglie dei loro cari. E dire che Marlena se l’era immaginato, nei sogni, con un cappone al fianco e il sorriso negli occhi, fiero di smentire la premonizione avversa. Ma essa si avverò, puntuale come le lacrime che versò a furia di strofinarsi le palpebre e di tirar su col naso.
Marlena non cessò di ispirare ai genitori emozioni contrastanti.
Una mattina si destò con il ghiribizzo di passeggiare per la mulattiera che serrava la piazza a imbuto. Vinta dalla bramosia invincibile delle madri in attesa, non valsero a trattenerla i castighi minacciati da mamma Giuseppina e le paternali di papà Oreste.
Partì dominata da una misteriosa voglia, non la fermarono le nubi che si ammassavano contro i monti, assumendo strane forme. Marlena auscultò il vento per capire da dove venisse e individuarne la direzione. Era sicura che le avrebbe spostate altrove, e così avvenne, se non fosse stato per un cumulo girovago che produsse nelle alture un veloce piovasco.
Quarta di copertina
"Il ponte delle Vivene" di Davide Dotto
XIX secolo. Valchiusa è un paese sperduto della Valle del Chiese. Un antico castello incastonato nella roccia ne domina la piazza, mentre lo strapiombo sul retro è attraversato da un ponte di corda pencolante. Da secoli i montanari convivono con la Vivena, spirito ineffabile che ha membra e tratto di donna, memoria e destino della valle. Non sarà facile per Giuseppina, proveniente dalle campagne trevigiane, integrarsi in un mondo di cui non conosce le tradizioni. Sposata da anni con Oreste, sente la mancanza di un figlio che la leghi per sempre a luoghi così nuovi per lei. Non esiterà a incalzare la Vivena per ottenere la tanto agognata grazia. Imparerà a sue spese che, se la Vivena è capace di grandi slanci d'amore nei confronti della comunità cui dà protezione, non esiterà a pretendere, a tempo debito, il prezzo di quanto accordato.
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