Mamme in viaggio Di Elena Genero Santoro. Un viaggio a Barcellona, in macchina da Torino, tra l'architettura incredibile di Gaudi, la Rambla e i quartieri paesani. Per sentirsi a casa.
Cosa si può raccontare di una vacanza a Barcellona? Cosa si può dire della città più turistica del mondo che non sia già noto?
Anche quest’anno è proseguito il mio impegno di far conoscere il mondo ai miei bimbi. Volevo stupirli con effetti speciali, mostrando loro qualcosa di così diverso da ciò che vedono di solito che non potessero dimenticarselo.
La scelta è ricaduta su Barcellona perché erano tredici anni che non ci andavo e volevo dare un’occhiatina, vedere cos’era cambiato. E poi perché io sono una patita di Antoni Gaudi, ho iniziato ad amarlo nel 1998 quando me l’hanno fatto studiare a ingegneria edile e ho proseguito negli anni. Perché tutto quel colore e quelle forme antropomorfe, il parto di una fantasia geniale e feconda, di una creatività esuberante, per me sono sempre stati il meglio del meglio.
E anche perché quando mia figlia ha visto sul web una simulazione di come doveva diventare la Sagrada Familia è rimasta esterrefatta.
Abbiamo raggiunto Barcellona da Torino in auto, per avere la possibilità di muoverci a nostro piacimento e di girare.
Questo per dire che la metropolitana non l’abbiamo presa mai e non rientra nelle nostre esperienze. La viabilità a Barcellona, per lo meno ad agosto, è ottima. I viali sono larghi, i parcheggi si trovano, basta pagare, e si gira benissimo.
L’ho riscoperta come una città ariosa, rilassata, che nulla aveva da spartire con la Parigi tesa e cupa che ho visitato l’anno scorso, dove c’erano guardie armate ovunque.
A Barcellona, nonostante l’attentato del 17 agosto 2017, non so se a torto o a ragione, non c’era nemmeno un poliziotto e l’atmosfera era veramente rilassata per tutti.
Non so se sia una percezione mia, o se è cambiato qualcosa nella città, ma mi pare che Barcellona abbia rimosso il velo scuro che trovavo avesse prima. Forse si è evoluta, (per tante cose gli spagnoli mi sono sembrati molto più avanti di noi), forse si è liberata di un certo bigottismo. Forse ha restaurato qualche monumento corroso dallo smog. Non lo so, eppure mi è parsa più chiara.
Noi comunque alloggiavamo in un paese vicino, a Cardedeu, quindicimila anime e un centro per niente turistico, con piccoli negozi che alla domenica stanno chiusi e ad agosto chiudono per ferie.
Cardedeu si è animato con processioni ed eventi dal 10 al 15 di agosto, perché in Catalonia il Ferragosto è molto sentito. Nel pomeriggio di Ferragosto, in cui mi sono guardata bene dal raggiungere Barcellona, c’è anche stata la sfilata, che si compone essenzialmente di tre momenti: le maschere di cartapesta (senza carri, le maschere, imponenti, sono indossate da persone che camminano a piedi), la danza con i bastoni, e i diavoli che sparano petardi. Ignoro il significato di queste figure, più profane che sacre, in verità – non c’è alcuna Madonna in processione – ma a Cardedeu ci hanno mostrato in piccolo quello che sicuramente hanno fatto a Barcellona mille volte più grande e che avevo già visto nel 2005.
Comunque a Cardedeu, dove avevo affittato una casa stupenda sul circuito di Airbnb, ho avuto la conferma di quello che tutti mi hanno sempre detto: la Spagna è il paradiso del celiaco. Su una decina di roulotte da streetfood di Ferragosto, due avevano cibo senza glutine. Un sogno per me e mia figlia.
Ma torniamo a Barcellona. Per chi come me è amante di Gaudi, la visita alla Sagrada Familia e alle altre opere è d’obbligo.
L’unico problema è che tutto costa parecchio e possibilmente deve essere prenotato via internet almeno il giorno prima, con l’ingresso a una determinata ora.
Questo ci ha portato a rinunciare alle case Milà e Battlò, perché ogni biglietto costava tra i venti e i trenta euro a testa: io e mio marito le avevamo già viste, i bambini non le avrebbero apprezzate.
Anche il parco Guell, un tempo gratuito, ora è a pagamento nella parte centrale, che al momento è pure, in parte cantiere: l’abbiamo scartato. C’è invece una porzione di parco accessibile a chiunque. Quella merita una passeggiata, anche per l’aria limpida e la visuale. Con pochi euro inoltre si accede alla casa di Gaudi nel parco, anche quella vale un’occhiata e il giardino è stupendo, rilassante, ben organizzato. Ci sono dei tunnel di rampicanti nei quali si può entrare, sembrano usciti dalle fiabe.
Alla Sagrada Familia, l’opera infinita di Gaudi, non abbiamo rinunciato. L’esterno è ancora tutto in divenire, ma l’interno è concluso. È un bosco di colonne, arbusti e foglie sono stilizzati; gli elementi strutturali, quando furono pensati, erano altamente innovativi e di difficile realizzazione. Ma la meraviglia sono le vetrate, lunghe, ampie, di tutti i colori. È stata un’emozione tornarci, l’ultima volta che avevo messo piede nella Sagrada Familia mancava ancora la copertura, invece adesso è una vera chiesa.
Mi sono chiesta a lungo se portare i miei figli là non fosse stato troppo. Cioè, alla loro età, con la loro esperienza parziale, tutta quella maestosità non poteva venire colta. Per loro la Sagrada Familia era una grossa chiesa e le altre opere di Gaudi semplicemente delle case. Non ero certa che potessero apprezzarne la loro particolarità con il resto dell’architettura, non avendo metri di paragone. Eppure qualcosa è rimasto loro, e ancora adesso hanno in mente Gaudi. Abbiamo letto la storia della sua vita su un libro per bambini, che in realtà era presentata in maniera abbastanza triste e sconsolata. Comunque, anche a scuola qualcosa hanno raccontato.
Ma la vera scoperta in Barcellona è stato il museo della scienza di CosmoCaixa.
Dopo aver scartato l’acquario di Barceloneta, perché costava una cifra importante a fronte del fatto che i miei bimbi di acquari ne hanno già visti più d’uno, da Genova a Cherboung in Normandia, in una giornata uggiosa ci siamo trovati in questo museo la cui visita ci ha preso un pomeriggio intero, per la favolosa cifra di otto euro totali (quattro euro gli adulti, zero i bambini).A CosmoCaixa ci sarebbero state anche delle attività a pagamento aggiuntive, tipo il planetario, ma non abbiamo avuto tempo. Infatti parte inclusa nel biglietto era davvero vasta. Ci abbiamo trovato dentro di tutto, dai meteoriti ai fossili, dagli esperimenti di cinematica al diorama degli uomini primitivi. C’erano degli acquari con i pesci e anche la ricostruzione di un ambiente pluviale (mica piccolo). Ma il sollazzo assoluto da cui non riuscivamo più a staccarci era la zona dedicata ai robot di tutti i tipi: dai dinosauri animati ai robot interattivi che camminavano coi visitatori o che ci giocavano a memory.
Insomma, una scoperta veramente interessante, che ha appassionato i bambini avvicinandoli col gioco al percorso STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) che a me sta molto a cuore.
Un’altra attività interessante per i bambini è prendere la funicolare e andare fino al Tibidabo.
La funicolare è già un’attrazione simpatica: queste due carrozze in discesa, una che sale una che scende, che si scambiano nel punto centrale nel percorso, dove il binario unico si sdoppia, è qualcosa che ai piccoli piace parecchio. Ma una volta lassù ci si trova a girare in un immenso luna park e ad avere a disposizione tutta la visuale di Barcellona. Poi alle spalle c’è anche la chiesa neogotica fondata dal nostro San Giovanni Bosco (che per me che sto vicino a Torino, è il santo della porta accanto), che è rappresentato in molte statue. La balconata antistante la chiesa è il punto più alto accessibile, tutta Barcellona sarà ai vostri piedi.E poi si scende, si torna a terra, dove la Rambla è sempre la Rambla.
Con le sue statue viventi che sono sempre un’ispirazione, dove Passeig de Gràcia ha i negozi di lusso, dove il gelato italiano assomiglia a un gelato italiano, dove le vie sono una scoperta continua, dove il barrio Gotico è sempre un’emozione e dove si trovano quartieri che sono essi stessi città nella città.Per esempio il Barrio Gràcia, in cui ci siamo trovati per caso l’ultima sera: ha il respiro di un paese, con una festa di paese. Le strade erano state addobbate con installazioni coloratissime. Ogni tratto di via era in gara con gli altri. Erano rappresentati vigneti, con grandi grappoli d’uva che pendevano da un soffitto di tralicci verdi. C’era il libro della giungla, con Mogwli, Akela e tutti gli altri, grandi personaggi, imponenti, verosimili, di carta pesta. In una via, in un cielo di fili di nylon blu e verdi, era rappresentato lo spazio con gli alieni. E ancora la campagna, con topi stilizzati fatti coi mouse dei computer e funghi di spugna dipinti con la vernice. Con materiali poco costosi e di recupero, erano state create delle atmosfere suggestive, che con le luci della notte erano ancora più intense. La folla apprezzava lo spettacolo, passeggiava, si fermava dove si poteva mangiare. Era stata allestita persino una tavolata. C’era chi si faceva dei selfie, chi girovagava e basta. Nella piazza si stava tenendo un concerto.
Ed è stato in quel momento che ci è dispiaciuto lasciare Barcellona: quando ne abbiamo scorto il risvolto più paesano, ci siamo sentiti a casa.
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Elena Genero Santoro Ama viaggiare e conoscere persone che vivono in altri Paesi. Lettrice feroce e onnivora, scrive da quando aveva quattordici anni. Perché ne sono innamorata, Montag. L’occasione di una vita, Lettere Animate. Un errore di gioventù, 0111 Edizioni. Gli Angeli del Bar di Fronte, Gli Scrittori della Porta Accanto Edizioni (seconda edizione). Il tesoro dentro, Gli Scrittori della Porta Accanto Edizioni (seconda edizione). Immagina di aver sognato, PubGold. Diventa realtà, PubGold. |
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