Gli scrittori della porta accanto

Un fantasma che spaventava tutti, racconto di Daniele Santoro

Un fantasma che spaventava tutti, racconto di Daniele Santoro

Inediti d'autore Racconto Un fantasma che spaventava tutti, di Daniele Santoro, che il 18 marzo 2018, quando ha ideato il racconto, aveva sei anni, e della mamma Elena, che l'ha solamente scritto.

C’era una volta un astronauta che si chiamava Roberto e lavorava alla NASA, in America. Fare l’astronauta gli piaceva proprio un sacco. Ogni volta che partiva per una missione si divertiva moltissimo. Ogni mese lo mandavano su un pianeta diverso. Di solito si trattava di pianeti abitati e lui faceva anche amicizia con gli alieni.
Un brutto giorno però la NASA lo spedì in missione sperimentale verso il pianeta Diciassette, distante due pianeti dalla Terra a ovest. Il pianeta era stato chiamato così perché aveva una montagna che dall’alto aveva la forma del numero diciassette. Quel pianeta però era anche molto sfortunato perché nessuna astronave che si era diretta là aveva mai fatto ritorno. Infatti il terreno del pianeta Diciassette era pieno di ferro e le astronavi ci cadevano sopra, attratte magneticamente, come sul Triangolo delle Bermude.
Roberto volle provare lo stesso, ma con la sua astronave cadde e morì nell’impatto.
Quando si risvegliò, era ormai diventato un fantasma. Roberto si guardò intorno e decise di prendere la faccenda con filosofia. Il pianeta Diciassette non era poi così male. C’era una montagna di ferro, c’erano dei ruscelli e il sole si vedeva, rosso, da lontano. Roberto decise di rimanere lì e di fare del pianeta Diciassette la sua nuova casa. Si costruì anche una villetta con il ferro di cui il pianeta era ricco. Poi, visto che non aveva niente da fare, con il ferro forgiò anche altri oggetti: una cassaforte e una spada. Non sapeva neanche lui cosa farsene, visto che era completamente solo.
Ben presto però si accorse che il pianeta Diciassette non era affatto silenzioso. Molte astronavi, inviate dalla NASA, solcavano il cielo nero e stellato e facevano parecchio baccano. E quando passavano, a causa delle vibrazioni, dalla montagna si staccavano dei pezzi di ferro che facevano un gran rumore, finivano sul tetto della sua nuova villetta e lo sfondavano. Roberto iniziò a stufarsi. Così decise di ritornare sulla Terra per farli smettere: tanto ormai sapeva volare.

Ci mise un bel po’, ma pian pianino, solcando i cieli, arrivò sul pianeta in cui era nato.

Si accorse subito che non era più abituato a tutta quella gente e a tutto quel rumore. Persone che parlavano in ogni angolo e in tutte le lingue, macchine che sfrecciavano, clacson che strombazzavano. A Roberto venne un gran mal di testa, il pianeta Diciassette iniziava a mancargli, però si riprese subito e si diresse verso il suo vero obiettivo: la NASA.
Alla NASA gli astronauti non capivano perché sulla navicella che stava per partire per una missione succedevano cose strane. Si sentivano urla terribili, rumori dalla provenienza incomprensibile, uno sbattere di porte. Le sedie giravano da sole, i finestrini si aprivano e si chiudevano, ogni tanto partiva l’allarme antincendio. Ogni volta gli astronauti si guardavano in faccia atterriti e dicevano: “Sembra che su questa astronave ci sia un fantasma! Che paura!”
In effetti un fantasma c’era: Roberto cercava in ogni modo di spaventarli per non farli partire. Gli astronauti, che non erano degli sprovveduti, misero telecamere a raggi fotonici per ectoplasmi su tutta l’astronave e così ripresero la sagoma di Roberto che si aggirava per i corridoi. Guardarono le immagini e capirono che si trattava del loro vecchio collega, ormai defunto.
Gli astronauti furono presi dalla tristezza per la sorte del loro amico e non furono più spaventati perché lo conoscevano. Allora gli lasciarono un messaggio scritto su un video che teneva tutta una parete: “Sappiamo chi sei, Roberto. Cosa vuoi da noi? Perché sei arrabbiato?”
Roberto vide il messaggio, si infilò nel software del computer e fece comparire la sua risposta: “Non sono arrabbiato, ma tutte le astronavi che passano sul cielo del pianeta Diciassette mi danno fastidio e fanno dei danni. Potete girare un po’ più al largo? Grazie! PS. Comunque mi mancate”
Quando gli astronauti videro quel che aveva scritto Roberto risposero: “Va bene, scusaci. Non pensavamo di darti fastidio. Cambieremo rotta. Torna a trovarci, qualche volta. Ci manchi anche tu”. 
Roberto versò una lacrimuccia, anche se le lacrime davvero non gli uscivano più. Poi, leggero, si diresse verso la pace della sua nuova casa.


Le foto sono state scattate nel Barrio Gracia di Barcellona nell'agosto 2018. Sono le installazioni della Festa Major de Gracia che si tiene nella settimana di Ferragosto e che trasforma completamente le vie del quartiere.


Elena Genero Santoro

Elena Genero Santoro
Ama viaggiare e conoscere persone che vivono in altri Paesi. Lettrice feroce e onnivora, scrive da quando aveva quattordici anni.
Perché ne sono innamorata, Montag.
L’occasione di una vita, Lettere Animate.
Un errore di gioventù, 0111 Edizioni.
Gli Angeli del Bar di Fronte, Gli Scrittori della Porta Accanto Edizioni (seconda edizione).
Il tesoro dentro, Gli Scrittori della Porta Accanto Edizioni (seconda edizione).
Immagina di aver sognato, PubGold.
Diventa realtà, PubGold.


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Il webmagazine degli scrittori indipendenti.
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