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Dalla parte dell'assassino: la violenza domestica in Russia

Dalla parte dell'assassino: la violenza domestica in Russia

Di Alessandra Nitti. Dalla parte dell'assassino: la violenza domestica in Russia non è un reato, non esiste il reato di stalking, non esistono centri di protezione per donne e bambini. E chi uccide per legittima difesa finisce in carcere.

Una sera di luglio dell’anno scorso, nella periferia di Mosca, un padre decide di spruzzare dello spray al peperoncino contro le tre figlie per punire quella che lui considera la loro sciatteria: il salotto non è abbastanza pulito.
Non è una novità per le tre adolescenti, che da anni sono costrette a convivere con un uomo che abusa e usa violenza su di loro, una persona che, nonostante i disturbi mentali, tiene in casa armi con cui spesso minaccia la famiglia e i vicini.
La novità di quella sera del 27 luglio 2018, però, è che quando Mikhail Khachaturyan si risveglia dal riposo sulla sedia a dondolo, è circondato dalle figlie. Kristina, la più grande, lo rende inerme con lo spray al peperoncino. Prima ancora di poter fuggire, si ritrova sotto una pioggia di martellate al capo da parte di Angelina, la secondogenita, e da coltellate con un coltello da caccia da parte di Maria, la più giovane. 36 in tutto, sul collo, sul petto e al cuore, fino a che il mostro non muore.
Un caso di orribile violenza domestica ripetuta per anni e terminata in tragedia. Non si poteva evitare l’assassinio? chiederà qualcuno. No, non si poteva. In Russia non si può.

Nel 2017 il presidente Vladimir Putin ha emanato una legge secondo la quale la violenza domestica non è un reato e una donna maltrattata e abusata non può rivolgersi a nessuno.

Andare dalla polizia è totalmente inutile, le forze dell’ordine arrivano solo se ci scappa il morto; scappare, forse, ma per andare dove? Non esistono regole che tengono l’uomo a distanza di sicurezza dalla donna, non esiste il reato di stalking, non esistono centri di protezione per donne e bambini. Cosa fare allora? Subire, aspettare di morire, o difendersi come hanno fatto le tre sorelle Khachaturyan. «Meglio passare il resto dei nostri giorni in carcere che continuare a vivere così», hanno asserito le tre povere ragazze, relegate in casa. Nell’ultimo anno hanno frequentato il liceo per un totale di soli due mesi. E la scuola ha preso provvedimenti? No, certo.

In una società ancora fortemente maschilista ognuno si lava i panni in casa propria, se a lavarli è sempre la donna.

Pochi giorni fa è arrivata la sentenza e Maria, Kristina e Angelina sono state condannate a vent’anni per omicidio. Le vittime tacciate di essere il carnefice, le vittime che decidono di salvare la propria vita e di lottare fino al sangue, rinchiuse in carcere. Ma chi si è curato di loro in questi anni, chi ha dato loro un’alternativa?
La Russia è ora divisa in due: i familiari di Mikhail Khachaturyan difendono il suo onore, qualcun altro accusa le giovani di omicidio premeditato; ma in centinaia di migliaia hanno sfilato davanti al Cremlino e alle ambasciate russe all’estero chiedendo di rivedere la sentenza e, soprattutto, di creare leggi che tutelino le donne.

La violenza domestica in Russia è all’ordine del giorno e i numeri sono spaventosi.

Ogni anno ci sono almeno 16 milioni di vittime.* Inoltre, è la prima causa di decesso delle donne, 1 su 3 è uccisa in casa. Il 34% viene ucciso dal partner, il 22% dai parenti. L’80% delle donne detenute è stato accusato di aver ucciso il partner per legittima difesa, il 97% ha usato un coltello da cucina, l’oggetto più vicino.**
Certo, dove altro dovrebbe stare una donna se non in cucina?
Gli attivisti si battono per i diritti delle tre sorelle e di tutte le donne russe: Human Right Watch ha asserito che si è trattato di autodifesa (quali altre alternative avevano in una nazione che non considera il comportamento di quell’uomo un reato?), e la regista ventinovenne Zarema Zaudinova ha messo sul palco una pièce teatrale con al centro lo spaventoso fatto e le proprie esperienze di abusi, in un grido di denuncia contro questa società che conferisce alle donne gli stessi diritti di una mosca schiacciata sul vetro.

* Fonte: The Indipendent;
** Fonte: dati delle Nazioni Unite per l’anno 2017.



Alessandra Nitti
Sinologa, viaggiatrice, appassionata lettrice, yogini e scrittrice. Trascorro le giornate nel mio mondo di poesia inventando trame di racconti, progettando viaggi intorno al mondo o in posizioni yoga a testa in giù. Laureata in lingue e letteratura straniere solo per il gusto di conoscere lingue difficili. Vivo a Canton, nel sud-est della Cina, per insegnare italiano a giovani cinesi. Tra una lezione e l’altra gestisco Durga – Servizi editoriali.
L’amuleto di giada, Arpeggio Libero Editore.
Faust – Cenere alla cenere, Arpeggio Libero Editore.
Esilio, Arpeggio Libero Editore.


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