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Croazia: il golfo del Quarnaro e la Dalmazia coi bambini

Croazia: il golfo del Quarnaro e la Dalmazia coi bambini

Mamme in viaggio Di Elena Genero Santoro. Croazia, a spasso per il golfo del Quarnaro e la Dalmazia coi bambini: Senji, Zara, Opatjia, l'isola di Krk, i laghi multilivello di Plitvice. Cosa vedere e quali sono le opzioni gluten free.

Il paesaggio ha iniziato a cambiare dopo Trieste. Lasciata alle spalle l’autostrada italiana, il traffico congestionato, il dribbling tra i tir, ci siamo trovati su una statale slovena immersa nel verde, una specie di lungo viale alberato che ci ha accompagnato per alcuni chilometri fino al confine croato.
Da quel momento il nostro modo di guidare si è adeguato, è diventato molto più pacato. In Croazia le autostrade quasi non esistono, le vetture viaggiano lente e si fermano sempre di fronte alle strisce pedonali. L’educazione stradale dei croati è impeccabile, peccato che, non essendoci una forma di viabilità veloce, ci abbiamo impiegato delle mezze giornate per raggiungere posti relativamente vicini.
In generale i croati mi sono parsi tranquilli, senza fretta nella vita come quando sono al volante, il che in alcuni casi li porta a essere poco solleciti e assertivi verso i turisti: non si contano le volte in cui nei bar nessuno ci dava retta o quanto abbiamo dovuto aspettare talvolta nei negozi, ma tanto la Croazia è ugualmente piena di visitatori.


Senj, il luogo in cui io, mio marito e i miei due figli abbiamo alloggiato, è una città di settemila anime sul golfo del Quarnaro, con un interessante centro storico circondato da antiche mura e torri. 

La prima volta che ho camminato tra le sue vie ho tirato un sospiro di sollievo. Ho pensato: grazie a Dio, niente negozi di paccottiglia cinese gestiti da pakistani. La globalizzazione qui non è ancora arrivata. E ho subito adocchiato degli zainetti di tela colorata, immaginando che non mi sarebbe dispiaciuto acquistarne uno. Solo avvicinandomi ho visto che erano made in Nepal e li ho lasciati lì.
Dunque anche in Croazia, che è in Europa dal 1° luglio 2013, la globalizzazione è arrivata. Le multinazionali dell’industria alimentare, tessile e cosmetica sono presenti, sebbene un po’ a macchia di leopardo, soprattutto nei grandi centri commerciali e nelle catene di negozi. Nel centro storico di Zara (alias Zadar), o di Fiume (alias Rijeka), le firme ci sono tutte. In un complesso commerciale fuori Zara, in cui abbiamo pranzato velocemente, ci sembrava di essere alle Gru di Grugliasco, in provincia di Torino. Stessi soppalchi, collegati al piano terra con scale mobili. Era uno di quei posti replicati, come l’IKEA che è identica dappertutto.

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In Croazia però non è ancora arrivato l’euro e infatti uno dei primi shock che abbiamo subito è stato scoprire che senza prelevare contanti adeguati non saremmo riusciti a comprare nemmeno un ciuffo di insalata per il pranzo. 

Attualmente 1 kuna vale 0,149 euro e a conti fatti si spende più o meno quanto in Italia.
Di fatto in Croazia ho trovato una spontaneità e un’innocenza che non ho mai percepito da noi. La gente si fida. Le porte sono aperte. Nei ristoranti col dehor ti servono da mangiare e da bere e, con la loro calma, non ti chiedono nemmeno il conto subito. In un paio di occasioni se avessimo voluto scappare senza pagare avremmo potuto farlo senza problemi.
CURIOSITÀ
Le trasmissioni in TV personalizzano i format internazionali rendendoli meno impostati e ingessati. Abbiamo seguito per qualche sera un programma dal titolo “5 cene” (o qualcosa del genere), in cui cinque persone comuni cucinavano a turno per gli altri quattro e da questi venivano valutati. Era una versione casalinga e casereccia del programma di Alessandro Borghese, con le portate impiattate malissimo, i concorrenti struccati e spettinati e non c'era nemmeno un filtro che spianasse le rughe. Eppure, il voto che i concorrenti ottenevano dai rivali era sempre altissimo, dall’otto in su, al contrario che in Italia dove in TV sono tutti stilosi, ma anche invidiosi e rancorosi. Alla fine chi dei cinque raggiungeva il punteggio maggiore vinceva l’equivalente di circa settecento euro.
La televisione trasmetteva tutto in lingua croata. Solo su un canale davano film in lingua originale, quale che fosse (inglese, tedesco, ogni tanto italiano), sottotitolati in croato.
In teoria molti croati dovrebbero avere familiarità con l’italiano. In realtà ne hanno molta di più con l’inglese, checché se ne dica. Persino a Fiume non ho trovato una sola persona che parlasse italiano. Però la nostra tenerissima padrona di casa, una signora di una certa età con una folta chioma bruna e uno sguardo dolente, con l’italiano si faceva capire.

L'isola di Krk e il mare della Croazia

Della Croazia mi avevano detto «il mare non fa gridare al miracolo, è molto meglio l’entroterra». Personalmente a me il mare è piaciuto parecchio: chiaro, pulito, poco profondo quando ci si immerge da riva.

Ho amato di meno le spiagge, per lo più sassose come quelle della Liguria, libere, non attrezzate, strette, senza l’ombra di un bagnino o di un servizio di salvataggio, casomai.
E per quanto riguarda l’entroterra posso dire che il giorno in cui ci siamo recati a Plitvice, lasciando la costa per addentrarci tra le colline secche, abbiamo incontrato numerose case isolate e diroccate, abitazioni umili, paesini desolati. Alcune probabilmente portavano ancora i segni della guerra. Un paesaggio per certi versi simile a quello irlandese, ma non altrettanto verde e ben più povero.
Eppure in Croazia la natura sa essere strepitosa. Da Fiume in giù nel golfo del Quarnaro sono caratteristici i cosiddetti fiordi. Percorrendo la strada costiera, le isole sono giganti che dormono distesi sul mare, rivolgendo alla terraferma le loro terga grigie. C’è roccia, c’è pietra. C’è natura incontaminata.

Su uno di questi fiordi, l’isola di Krk, ci siamo andati due volte: la prima nella città di Baska – Baska nuova, non Stari Baska, quella antica –, attraverso un’escursione in barca; la seconda nella città di Krk, che abbiamo raggiunto con l’auto attraverso il ponte che collega l’isola di Krk con il continente.

La mattina in cui dovevamo andare a Baska, avendo prenotato l’escursione in agenzia, mi ha svegliata un vento imperioso. Le persiane sbattevano, l’aria sibilava rabbiosa tra i rami. Non sono un’esperta di mare, ma l’ansia è diventata presto un nocciolo in gola: che razza di gita avremmo potuto fare? In effetti il mare era scuro e striato da onde bianche e nervose. Ci siamo presentati lo stesso all’appuntamento, ma l’addetto dell’agenzia ci ha comunicato che l’escursione, giustamente, era rimandata al giorno seguente, quando il mare sarebbe stato una tavola. Con quel vento sarebbe stato rischioso.
Baska è una cittadina di pietra bianca e case colorate che insegue il turismo. È piena di negozietti e ristoranti a uso e consumo del visitatore. La spiaggia ad agosto è strapiena di gente. C’è un minuscolo museo civico di due stanze che espone antichi oggetti di uso comune. Uno di questi è una macchina da scrivere e mi sono trovata a spiegare ai miei figli come si faceva prima dell’arrivo dei computer. Sono rimasti sorpresi nell’udire che, tra lettere di metallo e nastri imbibiti di inchiostro, l’errore non era ammissibile né correggibile. E poi c'erano piatti, stoviglie, pentole di rame, macina-caffè di legno e ferri da stiro ad acqua bollente: gli stessi oggetti di fine Ottocento che i miei bambini hanno riconosciuto anche nei musei del Piemonte sulla vita contadina, tipo quello di Castelnuovo don Bosco.
Anche Krk città è sul mare ed è una vera bomboniera: ha un centro storico delizioso di stradine strette e pietre chiare, alcune chiese e il castello della dinastia Frangipane, che abbiamo visitato e dalle torri del quale si gode una vista stupenda. Poco fuori dalle mura c’è un gradevole giardino pubblico su cui si affacciano diversi bar.
CURIOSITÀ
  1. A Krk abbiamo trovato un sacco di gatti. Ne abbiamo visti a gruppi di cinque, per la gioia dei miei figli, che non finivano più di fotografarli, stanandoli tra le piante e i cespugli del giardino pubblico o negli androni delle case. In generale la Croazia è il paese dei gatti: ce n’erano un po’ ovunque.
  2. Abbiamo capito che Senj, alla stessa latitudine di Torino (45° parallelo), è soggetta alla Bora e a venti freddi e insidiosi, che avremmo sperimentato noi stessi nei giorni a venire e ai quali, a Torino, non siamo affatto abituati. I nostri cappellini da sole sono volati via più di una volta alla velocità di ventisei miglia all’ora. Ma d’inverno le raffiche sono ancora peggiori.

Il mattino in cui la gita in barca è saltata, coi panini già pronti nella borsa termica, ci siamo indirizzati immediatamente verso il parco di Plitvice, la meraviglia delle meraviglie della Croazia.

I laghi multilivello di Plitvice stanno in una riserva naturale boschiva e sono percorribili in parte con dei traghetti. Descriverli a parole non renderà mai loro giustizia. Sono un alternarsi di cascate, rocce, vegetazione rigogliosa. Nelle retine degli occhi rimangono impressi molti colori: quello dell’acqua, talmente azzurro da sembrare fasullo, quello verde delle piante, quello luminoso del sole che si insinua tra le fronde. Purtroppo, trattandosi di una meta ambita, i laghi sono anche sovraffollati di turisti e ciò incrina quello che potrebbe essere un salutare e benefico contatto con una natura prorompente.

I laghi multilivello di Plitvice

Un altro giardino bellissimo, benché di altro genere, si trova invece a Opatija, cittadina a ovest di Fiume.

Lì, tra la collina e il mare, è stato costruito il Parco Angiolina, intorno alla villa Angiolina che ospita il museo del turismo (che non abbiamo visitato). Il Parco Angiolina, frutto di progettazione e non di generazione spontanea, offre un rilassante percorso tra piante di varie specie, comprese palme dalle foglie immense e canne di bambù. L’angolo che ho adorato è quello in cui i rami si incrociavano sulla mia testa nei vialetti e io potevo illudermi di essere in un bosco incantato senza confini. Naturalmente anche il Parco Angiolina era pieno di gatti.

Zara, attrazioni adatte anche ai bambini: il Museo delle Illusioni e il Museo dell'archeologia.

A proposito di illusioni, a Zara c’è proprio il Museo delle Illusioni, un museo per tutta la famiglia. Un simpatico percorso di quarantacinque minuti in cui ho avuto il piacere di apparire più minuscola dei miei figli o di camminare su una parete. Ho persino rimpicciolito mio marito facendolo sedere su una improbabile sedia. Il museo è adatto a bambini di tutte le età. Mentre sto scrivendo l’articolo il Museo delle Illusioni ha ripostato su Instagram una mia foto nella stanza degli specchi, che avevo intitolato “il selfie infinito”. Ho così appreso che il Museo delle Illusioni ha una sede anche a Zagabria (alias Zagreb) con differenti attrazioni.
Zara è uno dei posti che più mi è rimasto nel cuore e che ero davvero curiosa di visitare, dopo averlo immaginato a lungo. La periferia conta brutti e squadrati edifici popolari, ma il centro storico, circondato a sud, nord e ovest dal mare, è notevole, tra vicoli, numerose chiese – una per tutte la cattedrale di Sant’Anastasia, esempio di stile tardoromanico del XII-XII secolo, col suo campanile visitabile di cinquantasei metri – e, soprattutto, il foro romano, con gli scavi archeologici. Non a caso è presente il Museo dell’archeologia (che non abbiamo visitato) e numerosi altri musei.
La chiesa di San Michele invece si trova nel quartiere sud orientale di Varos, tra vicoli più stretti e carichi di atmosfera, bar e negozi colmi di ogni bene.

L'organo marino e il Museo delle Illusioni di Zara

Una della attrazioni più pazzesche e geniali di Zara è l’organo marino, un’installazione del 2005 dell’architetto Nikola Basic che nell’estremità sud ovest del centro storico di Zara trasforma il movimento delle onde in suoni armonici. 

Visto dall’esterno consiste in tre lunghi gradini di pietra sul molo, sui quali ci si può sedere e guardare il mare. Ma dentro quella pietra sono state scavate opportune cavità, come in vero organo. Il suono che ne esce è incantevole e ipnotico, si potrebbe rimanere lì ad ascoltare per ore, se non fosse che il sole picchia e non c’è riparo. L’unico refrigerio è la brezza marina. La mia enorme frustrazione deriva dall’aver provato a registrare col telefono la musica prodotta dall’organo marino, ma il risultato è stato alquanto scarso, le interferenze erano davvero troppe. E se non ci si mette il mare, se non ci si mette il vento, ci sono le persone che non riescono a stare zitte, perché l’organo marino è uno di quegli imprescindibili come Plitvice che, proprio per questo, sono sempre affollatissimi.

Zara e Fiume sono stati gli unici agglomerati che abbiamo visitato che avessero il respiro di una città.

Fiume, dove si trovano numerosi musei, ha un centro pedonale e commerciale, il Korzo, con negozi e firme anche italiane, che si estende parallelo al porto. Più all’interno ci sono un paio di chiese (di San Vito e dell’Assunta) che però abbiamo trovato chiuse. Si può inoltre percorrere il rifugio anti-bombe della seconda guerra mondiale (oggi attrazione turistica e birreria notturna), ma ha l’umidità pungente e la conformazione claustrofobica di un tunnel di miniera: interessante, dunque, ma poco confortevole. Il punto panoramico di Fiume invece sta in collina, al castello di Trsat, dal quale si scorge tutta la città, grattacieli compresi, fino al mare, isole incluse. L’origine del forte di Trsat è romana, ma la forma attuale risale al XIII secolo quando divenne un presidio dei Frangipane di Krk. Si può salire fino in cima, sulle torri merlate, ma tra un merlo e l’altro non c’è ringhiera e quindi stare lì rischia di essere pericolosetto, se non si sta attenti. Se poi si contano le folate di vento che tirano da quelle parti, la vertigine lassù è assicurata.

In effetti nel golfo del Quarnaro più che castelli ci sono roccaforti. 

A Senj abbiamo visitato la fortezza di Nehaj, un edificio squadrato e imponente – costruito nel 1558 per volere del capo degli uscocchi, Ivan Lenkovic –, che domina la città dall’alto di una collina. Per raggiungere Nehaj c’è più di un sentiero: ovviamente al primo tentativo abbiamo imboccato subito quello lungo e tortuoso, di ghiaia e terra sul quale i miei sandaletti nuovi scivolavano senza ritegno. Invece esiste un percorso diretto asfaltato che sale su dal mare. Nel peggiore dei casi si può anche andare in macchina, ma noi siamo sportivi…

Senj è una città a suo modo accogliente, che la prima settimana di agosto apre le sue porte per i grandi festeggiamenti… del Carnevale! 

In quei giorni ogni sera c’è uno concerto in piazza, notte bianca fino al mattino e sfilata finale di maschere e costumi. Tutto molto bello, ma se siete arrivati come noi nel pieno della festa scordatevi il parcheggio. E quando finalmente lo avrete trovato, diventerete ostaggi del paese perché non vorrete più spostare la macchina fino alla fine dell’evento. Per nostra fortuna la casa che avevamo affittato – un alloggio senza pretese stilistiche, ma molto pulito e dotato di tutto – era in centro, ma sufficientemente lontana dal baccano. Abbiamo sempre riposato divinamente, quando non abbiamo preso parte anche noi alla festa assistendo a concerti molto allegri, con musica dalle sonorità rock, pop e talvolta da balera.

Cibo croato: cosa può mangiare un celiaco in Croazia? Ci sono ristoranti gluten free

E adesso passiamo all’aspetto che a molti interessa: il cibo croato. L’ho lasciato al fondo perché sono la persona meno indicata per parlarne. Sono celiaca, non ho una visione globale. Posso dire che la frutta e la verdura sono abbondanti, varie e davvero molto saporite. Al top i pomodori: rossi, maturi, sapevano di sole. Per il resto, il celiaco in Croazia non ha vita facile, motivo per cui ho affittato un’abitazione con cucina indipendente e ho evitato gli hotel e i ristoranti. Solo i supermercati tengono un repartino, peraltro molto scarno, di prodotti senza glutine (pane, pasta, corn flakes, biscotti), importati direttamente dall’Italia. Ma il problema, come sempre, sono i cibi come la carne, i budini, i prosciutti, i formaggi, che non contengono costituzionalmente il glutine, ma possono esserne contaminati. Capire cosa si può mangiare o meno all’inizio è complicato, peggio ancora che in Francia, dove già il celiaco soffre parecchio, con l’aggravante che le scritte sono in croato. Nei giorni ho imparato a identificare la dicitura “può contenere tracce di glutine” in tutte le lingue slave. E poi ho trovato dei wurstel italiani, di quelli che di certo non sono nella top ten del nutrizionista, ma che per noi erano la manna dal cielo. Solo una volta ci siamo azzardati a tentare con un ristorante, perché in Croazia non c’è un’associazione dei celiaci come quella italiana che garantisca cibo cucinato secondo delle procedure standard.
RISTORANTI GLUTEN FREE
In Croazia la consapevolezza della celiachia sta crescendo, il numero dei diagnosticati è ancora basso rispetto al numero di malati reali, per ora sono stati riconosciuti quattromila celiaci su quattro milioni di abitanti, ma il numero è destinato ad aumentare: si stanno ancora strutturando. Quindi anche nei ristoranti bisogna affidarsi alla buona volontà dei ristoratori e pregare. Ho trovato un posto a Senj, quasi in riva al mare, che offriva opzioni senza glutine. Con qualche domanda ho capito che erano abbastanza preparati; è andato tutto bene, i calamari alla griglia erano la fine del mondo e non siamo stati male >> Kod Veska
Durante tutta la nostra peregrinazione ho trovato un unico paradiso del celiaco a Fiume: il Rica Cafè, un ristobar vicino al porto che offre pizzette, panini e dolci tutti rigorosamente senza glutine. Si può consumare in loco o to go e infatti vendono anche farine, pane e biscotti fatti da loro. Ho fatto scorta di muffin e biscotti alla cannella per le colazioni dei giorni successivi.

E poi è arrivato il giorno della ripartenza.

Quel mattino mi ero svegliata nervosa e con la luna per traverso. La nostra squisita padrona di casa ci ha congedato con un vasetto di marmellata di prugne fatta da lei. Ci ha parlato con amore della sua famiglia, del figlio, dei tre nipoti. Un idillio, finché non ci ha rivelato che aveva anche una figlia, ma questa aveva perso la vita a vent’anni per incidente stradale, e dopo la sua morte era mancato anche il primo marito. La ruga che aveva in fronte era il solco di una sofferenza antica. Ho dovuto trattenere nel petto un’afflizione che sarebbe volentieri scoppiata in pianto. Invece mi è rimasta conficcata in gola mentre di fianco al mio finestrino scorreva per l’ultima volta l’isola di Krk, grigia, silenziosa, confusa con la foschia di un cielo chiaro, e le onde di un mare agitato si rompevano contro la roccia. Tanta bellezza naturale non esonera dal dolore.



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Elena Genero Santoro

Elena Genero Santoro
Ama viaggiare e conoscere persone che vivono in altri Paesi. Lettrice feroce e onnivora, scrive da quando aveva quattordici anni.
Perché ne sono innamorata, Montag.
L’occasione di una vita, Lettere Animate.
Un errore di gioventù, 0111 Edizioni.
Gli Angeli del Bar di Fronte, Gli Scrittori della Porta Accanto Edizioni (seconda edizione).
Il tesoro dentro, Gli Scrittori della Porta Accanto Edizioni (seconda edizione).
Immagina di aver sognato, PubGold.
Diventa realtà, PubGold.
Ovunque per te, PubMe.
Claire nella tempesta, Leucotea.


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