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Recensione: Finché c'è strada, di Piero Iulita

Recensione: Finché c'è strada, di Piero Iulita

Libri Recensione di Elena Genero Santoro. Finché c'è strada di Piero Iulita (Echos Edizioni). Non si parla di cancro come di un dono o di opportunità: in questi racconti c’è l’ansia di un conto alla rovescia che si fa sempre più pressante.

Mi capita spesso di recensire colleghi autori, poi magari di conoscerli anche di persona. Questa recensione, l’ultima che scrivo nel 2019, per me è la più difficile, perché io questo autore lo conoscevo da prima di dedicarmi alla scrittura e da prima di sapere che pure lui scrivesse. Per anni, infatti, è stato mio collega in Fiat. Poi è andato in pensione. Quest’anno, purtroppo, dopo una lunga malattia, è venuto a mancare.
Piero Iulita era nato a Torino nel 1951. Si era laureato in Fisica ed era Responsabile dell’area di Fisica del laboratorio di ingegneria dei materiali di Fiat. Aveva la passione della divulgazione scientifica; quando fui assunta io, nel 2003, era la persona che si occupava della formazione delle nuove risorse. Aveva la vocazione dell’insegnamento, aveva collaborato con il Politecnico di Torino per attività didattiche.
Nell’ambito della scrittura era appassionato di fantascienza e aveva persino pubblicato testi di divulgazione scientifica (Coriandoli di scienza quotidiana). Insomma, Piero Iulita non era certo un uomo privo di interessi.

Piero Iulita, però, si è ammalato. Finché c'è strada è la voce di un uomo che sa di non avere più speranza su questa terra, che sente i giorni scivolargli via uno dopo l’altro.

Il 2019 per me è iniziato sullo strascico di un lutto. Il destino ha inoltre voluto che mi capitassero tra le mani diverse testimonianze di persone che non ce l’hanno fatta (Nadia Toffa, Francesca Del Rosso) e questo libro conclude, per ora, il percorso.


Non ci giro intorno. Finché c’è strada parla di morte, ne ha tutto il sapore acre, con una sequenza di racconti man mano più centrati sulla vicenda autobiografica.
I primi hanno un taglio urban fantasy in cui la morte, quando appare, è un personaggio improbabile, umanizzato e surreale. Si discute del tempo che passa (“tic tac” è il leitmotiv di tutto il libro), delle maschere, un po’ pirandelliane, che gli uomini indossano, delle ipocrisie di cui ci si deve spogliare per trovare la propria vera anima.
Segue un gruppo di anime trapassate che attendono il giudizio, che si domandano se arriverà un Dio a giudicarli o se scivoleranno direttamente nell’oblio e nel nulla.

È solo verso la fine che la narrazione assume contorni sempre più realistici.

C’è la storia di un personaggio che attende un delicato intervento e intuisce che potrebbe non risvegliarsi più.
E poi ci sono gli ultimi due capitoli.
Il primo è un ragionamento sulla fede. È il racconto di un percorso iniziato durante l’infanzia, con suore che terrorizzavano i bambini descrivendo fiamme dell’inferno pronti ad accoglierli per i loro peccati, e proseguito con l’entusiasmo giovanile verso un Dio buono – con un volo pindarico dalla religione del non fare (i peccati) alla religione del fare (le opere di bene). Finché non arriva l’età adulta e con essa la malattia. La Fede, messa alla prova, assume infine i contorni del dubbio e della speranza.

Per ultima la storia vera, Finché c’è strada, che regala il nome all’intera raccolta. C’è tutta la vicenda, dalla diagnosi di cancro allo stomaco, al disincanto finale.

Tutto il decorso, gli interventi, le terapie, le probabilità di guarigione, l’invasività della cosiddette cure.
Prima dell’operazione ero malato e stavo bene. Ora sono guarito e sto male.
Piero Iulita, Finché c'è strada
Le speranze infrante come un cristallo quando una recidiva inaspettata si incunea in un punto inoperabile. Il tentativo patetico di «cronicizzazione della malattia» che suona come un “tirare a campare” un anno o due.

In questo libro non si parla di cancro come di un dono o di opportunità. C’è l’ansia di un conto alla rovescia che si fa sempre più pressante. 

Vedo una lunga falce sopra la mia testa, e so che da un momento all’altro potrebbe calare giù. C’è poco spazio per la speranza.
Piero Iulita, Finché c'è strada
Eppure rimane la volontà di vivere appieno fino all’ultimo giorno, di restare attaccato alla vita con le unghie e con i denti finché c’è un margine.
Il libro si conclude con un addio in cui non viene celata la paura.
Penso al dolore che forse mi attende, alla fatica fisica e mentale che dovrò affrontare.
Dio aiutami. La sabbia della mia clessidra sta finendo.
Un passo alla volta, finché c’è strada.
Forse percepisco le cose in modo distorto, forse le vedo peggiori di quello che sono. Me lo ripeto continuamente, voglio convincermene: è la regola, è la regola per sopravvivere.
Ma tutto quello che posso ancora fare è crederci, continuare testardamente a crederci per vivere intensamente i momenti positivi che mi restano, e lasciare un ricordo di speranza, possibilmente dolce, del mio passaggio in questo mondo.
Piero Iulita, Finché c'è strada
Come posso non muovermi al pianto, di fronte a una tale, lucida consapevolezza?
Ciao, Piero.

Finché c'è strada di Piero Iulita

Finché c'è strada

di Piero Iulita
Echos Edizioni
Racconti
ISBN 978-8895463407
Cartaceo 9,35€

Sinossi

La morte. Un'ombra maligna, un tabù, una presenza cattiva e per questo alienata dal quotidiano. Al più discussa intorno ai tavoli di filosofi e intellettuali che giustamente cercano risposte a domande confuse, e cercano domande a risposte inesistenti. Quando però l'ala nera del tempo ti travolge e ti presenta il conto, la prospettiva cambia completamente. La comprensione intellettuale del mistero più tragico della vita entra dentro con forza terrificante, scava un buco profondo nella carne, ti possiede, ti mastica, diventa parte di te e ti consuma dentro. L'autore di queste pagine ha percorso e sta percorrendo tutte le tappe di questo itinerario di straordinaria quotidianità, e propone in esse un approccio al tema della morte attraverso alcuni racconti, per poi mettersi in gioco analizzando la propria maturazione nel campo della Fede dalla sua infanzia ad oggi, e raccontando infine l'esperienza terrificante del momento presente, dove la morte non è più una prospettiva lontana ma un compagno di viaggio nascosto lì a pochi passi, nell'ombra, proprio dietro l'angolo.

Elena Genero Santoro

Elena Genero Santoro
Ama viaggiare e conoscere persone che vivono in altri Paesi. Lettrice feroce e onnivora, scrive da quando aveva quattordici anni.
Perché ne sono innamorata, Montag.
L’occasione di una vita, Lettere Animate.
Un errore di gioventù, 0111 Edizioni.
Gli Angeli del Bar di Fronte, Gli Scrittori della Porta Accanto Edizioni (seconda edizione).
Il tesoro dentro, Gli Scrittori della Porta Accanto Edizioni (seconda edizione).
Immagina di aver sognato, PubGold.
Diventa realtà, PubGold.
Ovunque per te, PubMe.
Claire nella tempesta, Leucotea.


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