Professione lettore Di Elena Genero Santoro. Fiorire d’inverno di Nadia Toffa, Wondy di Francesca Del Rosso e Mi vivi dentro di Alessandro Milan, tre libri autobiografici che raccontano la dura lotta contro il cancro. Storie di chi alla fine ha perso. E allora a cosa serve combattere? Vale la pena? Alla fine cosa resta? Resta l’amore.
Credo che tutti siamo rimasti toccati quando, prima di Ferragosto, abbiamo appreso della scomparsa di Nadia Toffa. Una donna giovane e un volto televisivo noto. È stato allora che mi è venuta la curiosità di leggere il suo libro Fiorire d’inverno, quello che aveva fatto tanto scalpore per la frase «il cancro è un dono», che nel libro non è neppure presente.Con un click era sul mio Kindle, ma,come spesso avviene, quel perverso di Amazon mi ha subito proposto altri titoli correlati (“ti potrebbero piacere anche questi”) e così è iniziato un percorso di lettura che diventava sempre più coinvolgente man mano che andavo avanti.
Infatti dopo Fiorire d’inverno ho iniziato a leggere Wondy. Ovvero come si diventa supereroi per guarire dal cancro di Francesca Del Rosso, un’altra storia autobiografica di una donna che ha affrontato una lunga malattia.
Cos’hanno in comune Nadia Toffa e Francesca Del Rosso?
Erano entrambe due giornaliste, due biondine tutto pepe, piene di energia e di ottimismo, che non si fermavano di fronte a nulla. Amavano il loro lavoro, la loro famiglia e non avrebbero cambiato una sola virgola della vita che si erano costruite. Ed entrambe, alla soglia dei quarant’anni, si sono trovate ad affrontare un cancro che purtroppo non sono riuscite a vincere. Ma ci sono storie che non si cercano per il finale, quanto per il percorso che raccontano. Il finale è un concetto relativo.Fiorire d'invernodi Nadia Toffa |
Fiorire d’inverno è un libro breve e il cancro ha una presenza marginale.
Nadia Toffa parla di sé, della sua infanzia, della sua iperattività, della sua estrema indipendenza. Da piccola praticava mille sport, aveva un’energia che sprizzava da tutti i pori, non si fermava mai e non aveva paura di niente. O meglio, non c'era nulla che non potesse affrontare. La Toffa non si definisce come una “scriteriata” o una persona senza senso del pericolo, quanto come una che sapeva calcolare esattamente i rischi e non aveva paura di affrontarli. E proprio questa sua frenesia, questa incapacità di girare al minimo e stare ferma l’ha portata a intraprendere la carriera di giornalista. La Toffa racconta tutta la sua gavetta prima di diventare la presentatrice di Le Iene, descrive i servizi meglio riusciti, gli appostamenti durati giorni e notti, con la cistite, il ciclo, le coliche.Nadia Toffa non ha mai badato a bisogni del proprio corpo quando doveva portare a casa uno scoop, né ha mai patito fatica e stanchezza. Era un moto perpetuo, felice del suo mestiere. E poi è arrivato il cancro. Un intoppo che non ci voleva e al quale non ha mai voluto dare soddisfazione.
Nadia Toffa, finché ha potuto, non ha mai rinunciato alla propria vita. Eppure – e qui sta probabilmente il “dono” – il cancro l’ha costretta a imparare a chiedere aiuto, a fare affidamento sugli altri, cosa che lei, diffidente, indipendente, single impenitente, non era mai stata in grado di fare.
Diverso è invece Wondy, incentrato completamente sulla malattia.
Francesca, detta Wondy (era davvero il suo soprannome, in onore di Wonder Woman che lei amava tanto), ha una bella vita attiva, due bambini piccoli, un marito che la ama. La vacanze sono vicine e lei ha appena trascorso una giornata di tutto relax con degli amici. La giornata perfetta, come la definirà. Wondy ha trentasei anni ed è felice. Ha tutte le premesse per un futuro sorridente. Eppure, proprio alla fine di quella giornata perfetta, Wondy si accorge di un punto più duro nel seno destro. Non ha altri sintomi. Poiché è una donna consapevole e informata, il giorno dopo prenota un’ecografia a pagamento. All’ecografia si aggiungono seduta stante una mammografia e un ago aspirato. Il sassolino è un cancro, che rende necessaria una mastectomia totale della mammella destra.Wondydi Francesca Del Rosso |
Francesca Del Rosso inizia la descrizione, step by step, del suo percorso.
Gli esami, la difficoltà di dover comunicare il problema ad amici e parenti, il primo intervento chirurgico, l’inizio della chemioterapia, (la “rossa”, detta anche la “sangria”), che a ogni infusione per alcuni giorni la lascia spossata e nauseata. Eppure per ogni tormento che le viene inflitto, Francesca inventa e organizza subito dopo qualcosa per gratificarsi, per consolarsi, per godersi ogni attimo che le viene concesso senza nausea né disturbi. Ne esce una storia di vita pienamente vissuta, di ottimismo e coraggio, nella quale la malattia è un leitmotiv con cui si deve convivere, ma che comunque è gestibile, sempre dominabile con il buonumore.Dopo un anno e mezzo dal termine della prima chemioterapia, quando la salute è in netta ripresa e la malattia pare ormai un ricordo che inizia a sbiadire, a Wondy viene trovato un sassolino asintomatico anche nel seno sinistro. Il calvario ricomincia, sebbene con una consapevolezza diversa. Nuova mastectomia, nuova chemio, (la “gialla”, detta il “crodino”), nuovo periodo di inferno e infine nuovo inizio. Dunque guarigione. Speranza di ricominciare. In fondo il lieto fine non è che un punto che si decide arbitrariamente dove mettere. Wondy mette il punto della sua storia in vacanza, di fronte a un mare che rigenera corpo e spirito.
Sia il libro della Toffa che quello della Del Rosso non sono angoscianti da leggere. Entrambi scritti bene, conditi da un pizzico di ironia. Sono storie positive e di resilienza.
La morte è una possibilità contemplata, ma ridimensionata. In primo piano c’è la vita. C’è la ricerca della felicità, sempre, nonostante tutto.Sappiamo purtroppo che né Francesca Del Rosso, né Nadia Toffa ce l’hanno fatta. Che nel terzo millennio di cancro si muore ancora. Che l’ottimismo, l’amore per la vita, la volontà di non darla vinta al tumore non sono affatto sufficienti per guarire o anche solo per sopravvivere.
E allora a cosa serve combattere? Vale la pena? Alla fine cosa rimane?
A cosa serve combattere? Vale la pena? Alla fine cosa rimane? Ce lo spiega Alessandro Milan, giornalista e marito di Francesca Del Rosso, nel libro Mi vivi dentro.
In questo romanzo, ancora una volta autobiografico, l’autore intreccia diversi filoni e alterna il presente – dopo che Francesca-Wondy è morta –, il passato prossimo – gli ultimi mesi di vita della moglie – e vari episodi del passato un po’ più remoto, della loro vita insieme, del calvario che Francesca ha affrontato e che in questo libro emergono in tutta la loro crudezza, più che in Wondy stesso.Francesca Del Rosso, dopo la seconda mastectomia, ha visto il ritorno del tumore, prima come recidiva nel seno sinistro, già asportato, poi come metastasi ai polmoni e infine in testa. In tutto la malattia è durata sei anni e Francesca è deceduta nel 2016, all’età di quarantadue anni.
In questo lasso di tempo anche la vita di Alessandro Milan è stata stravolta. Per diversi periodi, quando Francesca stava molto male, si è dovuto occupare della gestione della casa e dei figli. Questo lo rendeva ovviamente esausto, irritabile e demoralizzato. Non solo soffriva impotente nel vedere la moglie ridotta a uno straccio, ma in certi momenti somatizzava persino le nausee e i malesseri che le cure le causavano. In pratica, nella buona e nella cattiva sorte, condivideva con Francesca anche un pezzo di tumore.
Mi vivi dentrodi Alessandro Milan |
Con Mi vivi dentro ho versato tutte le lacrime che con Wondy mi ero risparmiata.
Lacrime perché è straziante per un uomo dover salutare la propria compagna di vita, l’amata madre dei suoi figli.È atroce che un padre debba comunicare ai figli che la mamma è salita in Paradiso. È terribile vederlo annaspare con poche risorse per dover arginare il loro pianto.
E allora cosa resta?
E allora cosa resta? Resta l’amore.
Resta il ricordo di una donna che ha sempre cercato di dare il massimo, tenendo per sé la propria sofferenza, con estrema dignità. Che ha insegnato al marito come si vive. Che a sei giorni dalla propria morte, nonostante le proprie condizioni di salute drammatiche, riesce ancora a fargli un regalo di compleanno. E poi resta un padre che si prenderà cura dei suoi figli responsabilmente, mettendo in atto tutte le decisioni che Francesca avrebbe condiviso.E chissà che Francesca non se ne sia andata del tutto.
Francesca c’è e forse ciò che è accaduto fa persino parte di un incomprensibile disegno.
Francesca, che compare in sogno ad Alessandro poche ore prima di morire e lo rassicura: lui capisce che il momento è arrivato.
Francesca, che ancora comunica con i figli attraverso i libri che ha scritto, in alcuni parlando proprio di loro.
Francesca, che ormai è una farfalla bianca che appare improvvisa e inaspettata.
Francesca, che adesso vive dentro chi l’ha amata.
Elena Genero Santoro |
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