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Recensione: Il mondo nuovo, di Aldous Huxley

Recensione: Il mondo nuovo, di Aldous Huxley

Libri Recensione di Davide Dotto. Il mondo nuovo di Aldous Huxley (Mondadori). Racconto della tanto desiderata utopia nella quale è mostruoso vivere.

Le parole possono essere paragonate ai Raggi X; se si usano a dovere, attraversano ogni cosa. Leggi e ti trapassano.
Aldous Huxley, Il mondo nuovo
Il mondo nuovo di Aldous Huxley è un libro che non si può conoscere solo per averne sentito parlare.
Esce nel 1932, prima dell’elezione di Hitler e di Stalin. Già allora premono problemi irrisolti, in particolare l'inarrestabile incremento demografico che, a partire dal XIX secolo, causa un mondo più affollato e stretto.
La Londra di Huxley è retta da una tirannide non violenta, cui manca un tangibile apparato giudiziario. Lo rende superfluo il condizionamento di tipo pavloviano, attuato con metodi ingegnosi, per esempio i «corsi notturni di insegnamento ipnopedico».
La condotta richiesta, introdotta macchinalmente, è universalmente accettata. La tecnica del controllo sociale si realizza in seno alla società civile stessa: perfetta, sterilizzata, «immacolata e disumana», preserva dal fardello delle emozioni, organizzata attraverso una rigorosa e scientifica standardizzazione genetica. Qualcosa di simile si racconta in Equals, film del 2016 di Drake Doremus.

Il mondo nuovo è la tanto desiderata utopia nella quale è mostruoso vivere.

Se il Novecento – precisa Huxley nel saggio Ritorno al mondo nuovo - è stato l’epoca del massimo disordine, il romanzo racconta l’incubo dietro il massimo ordine retto da una tecnologia che risolve (in maniera abominevole) molte delle emergenze planetarie, a scapito però delle libertà dell’essere umano.
Vi sono sale di fecondazione, di imbottigliamento e travasamento, incubatori con provette numerate. Il processo Bakanovski fa nascere decine di esseri umani dove un tempo nasceva un individuo soltanto, produce gemelli identici a dozzine da impiegare in lavori specializzati, ingranaggi collaudati di un sistema standardizzato.
Ciononostante, tra le pagine si muove più di un personaggio anomalo. Curiosi i nomi: si accostano tra gli altri un Bakunin a un Trotsky, un Marx (Bernard) a un Engels, una Rothschild a una Lenina, forse a preannunziare le derive ideologiche del Novecento.

Più di qualcuno lascia affiorare tracce di una singolarità latente incapace di essere portata a compimento.

«Io sono e  vorrei non esserlo» si lamenta Bernard. Mancano però gli strumenti – linguistici ancorché concettuali – perché tali momenti spicchino nel mucchio.
In Bernard, inconsapevole e labilissimo Amleto, si percepisce sofferenza ma non ribellione. Infatti, appena può, coglie al balzo l’inaspettata opportunità di essere ammesso alla cerchia del gruppo al quale comunque  appartiene, abbandonando i margini in cui è relegato.
Lenina, invece, non coglie la chiara introspezione dell’uomo, né avverte i fragili segni di una umanità sepolta: quella dei sentimenti ambivalenti e perciò  difficili da esprimere e recepire.
Entrambi difettano del pensiero critico - non è stato loro insegnato. Pur volendo, le idee eversive non possono attecchire. Ciascuna impresa in tal senso è una battaglia persa.
Senza dubbio è una società produttivistica sui generis. Intralcia occupazioni che scoraggiano i consumi. La cultura – il «rimanere seduti a leggere libri» – è una pratica sgradita; la Storia, nel raccogliere fatti, usi e costumi, inconcepibile con il Mondo Nuovo, «è tutta una sciocchezza». Non godono maggior fortuna la filosofia, le opere d’arte e la letteratura. Non vi sono monumenti, scrittori, né lettori. Danno scandalo il rapporto filiale, le unioni sentimentali stabili, il focolare domestico.


Chi proviene dall'esterno – come John –  non può che essere un selvaggio, anche se declama Shakespeare, ha una famiglia o quel che resta: una madre. 

Se all'inizio è un fenomeno da baraccone, si mostra assai pericoloso nel momento in cui rivendica il diritto di essere libero e infelice:
«Ma io non ne voglio di comodità. Io voglio Dio, voglio la poesia, voglio il pericolo reale, voglio la libertà, voglio la bontà. Voglio il peccato.»
«Insomma» disse Mustafà Mond, «voi reclamate il diritto all’infelicità».
Aldous Huxley, Il mondo nuovo
L’ambiente in cui John (il Selvaggio) si trova è troppo sterile. Lenina, alla quale parla con ardore, non capisce  la maniera di esprimersi e ne è scandalizzata. Gli offre, in risposta, uno sguardo ostinato. Bernard medesimo lo considera pazzo nell'udire strani discorsi:
Non volete dunque essere liberi e uomini, non comprendete neppure cosa sia lo stato d’uomo e la libertà.
Aldous Huxley, Il mondo nuovo

Costruire simmetrie tra il nostro presente e la realtà immaginata da Huxley è forzato.

Per alcuni versi la nostra società, pericolosamente indietro, mette a dura prova la fantasia che corre molto più velocemente della storia degli uomini, preconizzando un futuro di mondi sconosciuti da scoprire o popolato da androidi. L'attuale 2019 è l’epoca di uomini pre-moderni, quella che appronta soluzioni che non sono soluzioni e non chiudono nessun cerchio; lontano anni luce dal 2019 ugualmente spaventoso rappresentato dal Blade Runner di Ridley Scott.


Il mondo nuovo di Aldous Huxley

Il mondo nuovo

di Aldous Huxley
Mondadori
Distopico
ISBN 978-8804670520
Cartaceo 11,90€

Sinossi 

Scritto nel 1932, "Il mondo nuovo" è un romanzo dall'inesausta forza profetica ambientato in un immaginario stato totalitario del futuro, nel quale ogni aspetto della vita viene pianificato in nome del razionalismo produttivistico e tutto è sacrificabile a un malinteso mito del progresso. I cittadini di questa società non sono oppressi da fame, guerra, malattie e possono accedere liberamente a ogni piacere materiale. In cambio del benessere fisico, però, devono rinunciare a ogni emozione, a ogni sentimento, a ogni manifestazione della propria individualità. Al romanzo seguono la prefazione all'edizione 1946 del "Mondo nuovo" e la raccolta di saggi "Ritorno al mondo nuovo" (1958), nelle quali Huxley tornò a esaminare le proprie intuizioni alla luce degli avvenimenti dei decenni centrali del novecento. Con una nota di Alessandro Maurini.
Davide-Dotto

Davide Dotto
Sono nato a Terralba (OR) vivo nella provincia di Treviso e lavoro come impiegato presso un ente locale. Ho collaborato con Scrittevolmente, sono tra i redattori di Art-Litteram.com e curo il blog Ilnodoallapenna.com. Ho pubblicato una decina di racconti usciti in diverse antologie.
Il ponte delle Vivene, Ciesse Edizioni.


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