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Viaggio in Arizona: Antelope Canyon e Horseshoe Bend

Viaggio in Arizona: Antelope Canyon e Horseshoe Bend

Mamme in viaggio Di Silvia Pattarini. Ad agosto, fly & drive in Arizona, la terra selvaggia degli Indiani Navajo, con figli al seguito. Escursioni da Page: l'Upper Antelope Canyon e la Horseshoe Bend.

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Cosa vedere nei dintorni di  Page, in Arizona. 

Dopo un volo da Milano a Londra e un successivo lungo volo da Londra a Los Angeles, con auto a noleggio arriviamo a Las Vegas e dopo un paio di giorni di sosta nella mitica città del divertimento e  della perdizione, partiamo alla volta dei parchi dell'ovest.
Abbiamo già visitato Zion National Park e il meraviglioso Bryce Canyon, quando nel tardo pomeriggio giungiamo a Page.


La città di Page si rivela un’ottima base di partenza sia per le viste all’Antelope Canyon, sia per visitare la curva che disegna il fiume Colorado, famosa in tutto il mondo e chiamata Horseshoe Bend, sia per una visita al Lago Powell e alla sua diga la Glen Dam. Tutte le destinazioni si raggiungono nel giro di dieci minuti/ un quarto d'ora d'auto.

L’Antelope Canyon

L’Antelope Canyon è situato nei pressi della cittadina di Page, in Arizona, ed è il Canyon più visitato degli Stati Uniti sud occidentali.

È costituito da due formazioni rocciose separate, denominate Lower Antelope Canyon che si sviluppa in un tratto di circa quattro chilometri, e Upper Antelope Canyon decisamente più breve e meno impegnativo, di soli trecento metri. La strada 98 li separa e per visitarli è necessario prenotare un tour guidato; non è possibile effettuare una visita coi propri mezzi senza guida, poiché la zona potrebbe essere interessata da forti temporali improvvisi (flash flood) che si rivelano molto pericolosi.
Il servizio tour è effettuato dagli Indiani Navajo che conoscono la zona palmo a palmo, molto affidabili e puntuali nella gestione del servizio.
CONSIGLIO
Vi consiglio di prenotare il tour con largo anticipo, onde evitare di arrivare là e non poter intraprendere la visita. Se volete visitare entrambi i Canyon è necessario prenotare due visite separate, tenendo conto delle tempistiche differenti.
Per info e costi visitate il sito web www.antelopecanyon.com.
Essendo situato nella riserva Navajo, non è consentito l'accesso con la tessera parchi, la visita va pagata a parte.
La tessera parchi costa 80 euro e permette di visitare tutti i parchi americani (tranne l'Antelope Canyon e la Monument Valley che sono collocati all'interno della riserva indiana). È rilasciata dai Ranger ad ogni auto che attraversa un parco e si intende per tutti i passeggeri dell'auto. Conviene l'acquisto se si è intenzionati a visitare almeno 3 parchi; ha validità annuale.  All'ingresso di ogni parco si trova la postazione dei Ranger presso i quali si può acquistare o esibire la tessera, oppure comprare il biglietto per singola entrata.
CONSIGLIO
Portate sempre con voi tanta acqua perché il sole non fa sconti a nessuno, e se avete dei bambini abbiate cura di ricordare anche una protezione solare, burro cacao, occhiali da sole e cappellino per proteggerli dalle scottature e dalla sabbia.

Upper Antelope Canyon.

Un quarto d'ora d'auto da Page e giungiamo nell'assolato parcheggio del punto di ritrovo. È giunta l’ora della visita all’Upper Antelope Canyon. Ci ritroviamo nel luogo convenuto all’ora prestabilita. Il mio cellulare non funziona più, non c’è campo. Infatti non ci sono campi… solo deserto. Sole e sabbia, sabbia e sole. Ci sistemiamo all’ombra di un gazebo allestito per accogliere i turisti e attendiamo il nostro turno. Non posso né chiamare né ricevere telefonate. Un sogno. Meraviglioso. Posso godermi questa visita in santa pace. Nei dintorni nessun negozio di souvernir, nemmeno ambulanti. Non vendono né acqua né cibo. Sicuramente troveremo qualche bancarella a inizio o fine visita.

Upper Antelope Canyon.

Siamo nella terra degli Indiani Navajo, calpestiamo il loro suolo. 

La nostra guida indiana discende dall'antico popolo dei Navajo e ci invita a salire sul pick up, attrezzato per trasportare una decina di persone alla volta. Non abbiamo protezioni ai lati, solo un telo sopra le teste a ripararci dal sole cocente del deserto. Il tragitto è veloce, saranno circa cinque o sei chilometri, ma le ruote sollevano nuvole di sabbia che ci finisce inevitabilmente addosso. Teniamo gli occhi chiusi, la sabbia fine s’insinua dappertutto, anche sotto gli occhiali. Giungiamo in fretta all’ingresso del canyon. Il sole è allo zenit, la sabbia arroventata. Un vento torrido ci toglie quasi il fiato, meno male abbiamo con noi l’acqua. Lasciamo uscire il gruppo di turisti che ha terminato la visita ed entriamo. Incredibile! All’ombra è tutta un’altra storia, si torna a respirare a pieni polmoni. Solo pochi passi e già si avverte il cambiamento di temperatura, come all'interno di una grotta, si sta benissimo. Riusciremo a goderci la visita con calma e senza sudare. Nessuna traccia di bancarelle o venditori ambulanti di cibarie o di oggetti regalo. Ci concentriamo sul sito. Le sfumature di colore che offre il canyon sono indescrivibili. È un luogo sacro per gli Indiani Navajo, merita tutto il nostro rispetto. Eroso e modellato dagli agenti atmosferici, l’atmosfera che si respira qui è surreale.

L’emozione è tanta, siamo coscienti di trovarci in un luogo raro: sotto i nostri piedi sabbia finissima, di fianco solo pietra arenaria rossa e arancione che sale, sale su, talmente in alto che non si vede il cielo. 

Solo ogni tanto un pertugio sulla sommità lascia trapelare un raggio di sole che filtra tra le rocce e crea sfumature cromatiche e geometrie incredibili. La guida ci fa strada lungo un sentiero stretto che serpeggia tra le rocce e spiega che ci sono tre o quattro punti degni di nota. Guardando quelle antiche pietre da un’angolazione particolare è possibile individuare la forma di un cuore: possiamo dire di essere nel cuore del canyon. Gli scatti fotografici qui si sprecano. A seguire un’altra meraviglia: incastonata tra le rocce la sagoma di un occhio. Proseguendo lungo il cunicolo stretto, incontriamo una parete famosa per le cascatelle di sabbia. Poco più avanti un grosso tronco è rimasto incastrato tra le due pareti, dopo l’ultimo temporale. Il nostro mentore ci spiega che è pericolosissimo trovarsi all’interno del tunnel se imperversa un temporale, perché si riempie d’acqua in breve tempo e diventa un vero e proprio fiume in piena che travolge tutto. Infatti in caso di mal tempo le visite al canyon vengono annullate. Prima dell’uscita il profilo di un volto umano sembra prendere forma tra le pietre. S’avverte la presenza dello spirito degli antenati, di antichi rituali di sciamani e di saggi capi indiani. A fine tunnel usciamo e siamo di nuovo investiti da un’ondata di caldo insopportabile. Si stava molto meglio all’interno. Anche qui nessuna traccia di bancarelle o altro. Rientriamo, ripercorriamo il sentiero a ritroso e lasciamo questo luogo a malincuore, ma consapevoli di avere visitato qualcosa di unico, pregno di fascino e un po’ mistico. Raccolgo un sassolino da custodire nel mio modesto bagaglio dei ricordi delle cose belle. Madre Natura riesce sempre a stupirmi e a scaldarmi il cuore.

Horseshoe Bend

Da non perdere assolutamente una visita alla Horseshoe Bend.

A una decina di minuti d'auto da Page troviamo l'indicazione per un sito scenografico molto famoso, l'ansa del fiume Colorado, che proprio qui disegna una curva chiamata Horseshoe Bend o ferro di cavallo. L'immaginario collettivo è solito collocare questo sito nel Gran Canyon; sbagliato, la famosa curva del fiume Colorado, il ferro di cavallo, si trova nel Glen Canyon, a pochi passi dalla cittadina di Page e poco lontano dalle sponde del Lake Powell. Giungiamo in un immenso parcheggio, in cui il sole picchia forte. Saliamo lungo un sentiero, preoccupandoci di osservare le indicazioni di un cartello che invita i visitatori a munirsi di scorte d'acqua. Noi abbiamo a disposizione poca acqua e una bibita. Nei dintorni nessun chioschetto di venditori d'acqua, nemmeno qualche ambulante. Ho notato che da queste parti il fai-da-te è molto gettonato, il superfluo è bandito (se l'acqua si può considerare superflua) bisogna imparare ad arrangiarsi altrimenti c'è il rischio di morire di sete o anche di fame. Ovviamente nessun venditore di gift o souverir, le bancarelle di cineserie cui noi italiani siamo tanto abituati, qui non esistono.

Ci incamminiamo con le nostre misere scorte d'acqua lungo la salita. Giungiamo sulla cima: si può ammirare il fiume Colorado che serpeggia in fondovalle. 

La domanda è: scendiamo laggiù, col rischio di morire di sete – al ritorno la strada sarà tutta in salita –, oppure ci accontentiamo di guardare la curva dall'alto? La risposta giusta è la prima ovviamente... abbiamo fatto trenta, facciamo anche trentuno! I ragazzi sono entusiasti e corrono giù veloci, io ho i miei tempi, li seguo con calma. Il caldo torrido è opprimente, la sete incalza, ma devo conservare le scorte d'acqua per la salita. Tengo duro, e finalmente arrivo in fondo. Il panorama è stupendo. Il fiume scorre limpido, azzurro, s'inanella col rosso dell'arenaria. Aguzzando molto bene la vista, si vedono galleggiare lungo il fiume delle minuscole imbarcazioni, che viste da qui sembrano formichine. Le pareti rossicce cadono a strapiombo, un volo da qui significherebbe senza dubbio sfracellarsi sull'acqua. I ragazzi scattano foto e selfie senza misura e si avvicinano pericolosamente alle rocce. Io  mi sgolo per invitarli ad essere prudenti, ma in fondo li capisco. Il luogo è talmente scenografico e suggestivo che vale la pena correre qualche rischio – ma anche no!, la vita è una sola. Anche qui nessuna traccia di venditori ambulanti, né di bevande né di chincaglierie.

Niente. Solo natura selvaggia. Il bello è proprio questo. 

Ci sediamo sulle pietre e ci godiamo il panorama per alcuni minuti. Un luogo suggestivo che induce alla meditazione.
Giunge il tempo di risalire. La salita è davvero dura, la sete incalza, ho la gola secca. Mi fermo almeno quattro volte, mi manca il fiato dal caldo. Ho centellinato la poca acqua che avevamo a disposizione, la ingerisco a piccoli sorsi. I ragazzi salgono rapidamente, io faccio davvero fatica. Riuscirò ad arrivare in alto o mi verrà un colpo? Alla fine riesco a salire e tutto va nel migliore dei modi, ma per uno scatto ho rischiato davvero la disidratazione.
CONSIGLIO
Se volete intraprendere questa avventura, portatevi abbondanti scorte d'acqua, perché qui, come in altri punti strategici dei parchi americani, non ne vendono! Arrivateci attrezzati.
Se siete in zona e disponete di ulteriore tempo, può valere la pena una puntatina alla Glen Dam, la diga sul fiume Colorado, costruita alla fine degli anni cinquanta. Noi per esigenze di tempo ci siamo limitati a guardala da un punto panoramico piuttosto strategico, ma è possibile anche entrare e effettuare una visita in tutta calma e magari farsi una crociera sul Lake Powell. Da Page partono diverse escursioni interessanti, per chi ha la possibilità di fermarsi qualche giorno in più.


Silvia Pattarini

Silvia Pattarini
Ama scrivere racconti e componimenti poetici, alcuni dei quali compaiono in diverse antologie. Partecipa a concorsi letterari di poesia, prosa e premi letterari per narrativa edita.
Biglietto di terza classe,  Gli Scrittori della Porta Accanto Edizioni.
La mitica 500 blu,  Lettere Animate.
Il tempo di un caffè, Gli Scrittori della Porta Accanto Edizioni.


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