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Il settimo sigillo di Ingmar Bergman: ricordando Max Von Sydow

Il settimo sigillo di Ingmar Bergman: ricordando Max Von Sydow

Cinema Recensione di Davide Dotto. Il settimo sigillo di Ingmar Bergman, ricordando Max Von Sydow: la morte vince senza vincere e c'è chi fugge riuscendo a sfuggirle.

Un crociato (Antonius Block, interpretato da Max von Sydow) ritorna al suo Paese dopo una guerra sanguinosa. Si palesa una presenza fino a ora furtiva, la quale gli è stata costantemente accanto. È la Morte.
"Sei pronto?"
"Il mio spirito lo è. Non il mio corpo... Dammi ancora del tempo"
"Tutti lo vorrebbero, ma non concedo tregua."
"Giochi a scacchi, vero?"
"Come lo sai?"
Il crociato non scappa, come il soldato di una famosa canzone. Non servirebbe a niente, sarebbe fatica sprecata.
Da ciò discende tutta la drammaticità della scena. Antonius sfida il misterioso compagno a una partita. Il volto dell''uomo si illumina, chissà se non possa guadagnare la sospirata eccezione dando scacco alla morte – «Forse anche la morte può commettere un errore».

Il dramma non si fa attendere. Antonius Block (Max von Sydow) pretende una rivelazione di troppo, chiede che si diradino le nubi della coscienza.

Entrato in chiesa, esprime il suo turbamento in confessione.
"Io vorrei sapere, senza fede, senza ipotesi. Voglio la certezza. Voglio che Iddio mi tenda la mano e scopra il suo volto nascosto, voglio che mi parli".
«Il suo silenzio non ti parla?» risponde dalla grata il monaco, nel quale Antonius riconosce il suo avversario con cui proseguirà la partita iniziata.

Il settimo sigillo REGIA Ingmar Bergman
Il settimo sigillo di Ingmar Bergman: ricordando Max Von Sydow

Il settimo sigillo

REGIA Ingmar Bergman
SCENEGGIATURA Ingmar Bergman
FOTOGRAFIA Gunnar Fischer
MUSICHE Erik Nordgren
ANNO 1957

CAST
Max von Sydow, Gunnar Björnstrand, Bengt Ekerot, Nils Poppe

Se c'è qualcosa piuttosto che il nulla, cos'è? Questa la domanda radicale – non solo filosofica – da cui scaturisce la difficoltà di «intagliare nella propria paura un'immagine, alla quale dare, poi, il nome di Dio». 

Antonius non vuole morire prima d'aver trovato una risposta, quella dell’ultimo istante che tanto teme, quando i dubbi si sciolgono, tra illusione e certezza. Se si trattasse della certezza del nulla? Se morire significasse soccombere all'orrore e alla disperazione?
Eloquente lo sguardo della povera donna condannata al rogo per stregoneria, accusata di intendersela con il demonio. L'uomo le si avvicina, vuole interrogarlo – il demonio – e domandargli di Dio.
"Lui sicuramente deve saperne più di ogni altro."
Quel che vede è solo ciò che con lei ha in comune, un "disperato terrore".
Chi veglia mai su di lei, di fronte al patibolo? Il Nulla, afferma dolorosamente lo scudiero che accompagna Antonius. «La sua coscienza sporca si sta accorgendo del Nulla che la sommerge», ecco la fonte dell'angoscia. «No, non può essere» si ribella il crociato. «Noi vediamo quello che vede lei, il nostro terrore è uguale al suo» è la risposta.

In Il settimo sigillo di Ingmar Bergman il dramma si amalgama col comico e il grottesco, cosa che attira da sempre un grande regista americano: Woody Allen.

Antonius Block nel suo peregrinare incontrerà, infatti, una famiglia di saltimbanchi: il buon Jof, sua moglie Mia e il piccolo Michail. Il capocomico, di nome Skat, li ha abbandonati dopo l'ultimo spettacolo, allontanandosi con la consorte di un fabbro (un certo Plog).
Ricomparirà più avanti quando, per salvarsi dall'ira del marito tradito, ricorrerà alle sue doti di attore simulando il suicidio. Ritrovatosi solo e vivo, in mezzo alla foresta, il capocomico sale su un albero per aver ragione delle fiere notturne: «E adesso mi arrampicherò su un albero. Almeno trascorrerò la notte al sicuro».
Ma proprio ora compare la Morte, venuta a segare la pianta. Non valgono piagnistei o ragionamenti.
"Ho uno spettacolo... un contratto!"
"Annullato!"
"Non c'è una scusa, una particolare eccezione per gli attori?"

La Morte non insegue nessuno. Giunge nel luogo stabilito: sotto l’albero sul quale si crede di trovar riparo, nel Castello in cui ci si rifugia contro la tempesta, a Samarcanda quando il giorno prima si era ancora a Bagdad a far festa, tra musicanti e vino.

La Morte non ragiona, non pensa. È una esecutrice, non risponde alle grandi domande che le si pongono.
"Allora non sai niente?"
"Non mi serve sapere."
C'è in mezzo tutta la tragedia shakespeariana, l'eco del monologo di Amleto. Sennonché...
Sennonché qualcosa alla fine succede.

Max Von Sydow in "Il settimo sigillo", "L'esorcista", "Star Wars" e "Il trono di spade"

Antonius Block fa cadere le pedine urtandole con le larghe maniche del suo abito. 

La Morte ne è divertita, sa benissimo com'erano disposti i pezzi. Li risistema, e fa scacco matto, vincendo la partita.
Il vero vincitore, però, è l'ex crociato, interpretato da Max Von Sydow che ci ha lasciato in questi giorni. Ha avuto tutto il tempo per capire, o tentare di capire. La famiglia di saltimbanchi alla quale si è accompagnato con il suo scudiero e pochi altri, ha modo di fuggire, approfittando delle ultime mosse.
«Forse la morte può commettere un errore»: è vero. Nel risistemare i pezzi sulla scacchiera, una torre che prima era rovesciata, ora è in piedi. La memoria ha tratto in inganno qualcuno. Poco importa se è una svista dello stesso regista; non ne viene meno il significato e il paradosso che ne segue: la Morte vince senza vincere, e c'è chi fugge riuscendo a sfuggirle.



Davide-Dotto

Davide Dotto
Sono nato a Terralba (OR) vivo nella provincia di Treviso e lavoro come impiegato presso un ente locale. Ho collaborato con Scrittevolmente, sono tra i redattori di Art-Litteram.com e curo il blog Ilnodoallapenna.com. Ho pubblicato una decina di racconti usciti in diverse antologie.
Il ponte delle Vivene, Ciesse Edizioni.


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