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Recensione: Quichotte, di Salman Rushdie

Recensione: Quichotte, di Salman Rushdie

Libri Recensione di Davide Dotto. Quichotte, di Salman Rushdie (Mondadori). Il racconto della sua eterna fuga da chi, con la penna in mano, ancora si avvale dei suoi servigi di cavaliere.

«E comincerò anche a cercare le altre persone. Quelle come me, che hanno la fine del mondo negli occhi.»
Salman Rushdie, Quichotte
Non si contano le trasposizioni cinematografiche, letterarie, musicali, teatrali di Don Chisciotte. È celebre il racconto di Jorge Luis Borges, Pierre Menard, autore del Chisciotte. Qui uno scrittore del Novecento ricrea le avventure del famoso hidalgo della Mancha riproducendo parola per parola il romanzo di Miguel De Cervantes. Non una virgola è aggiunta o tolta.
La "finzione" dello scrittore argentino gioca su un paradosso temporale che il Quichotte di Salman Rusdhie porta alle estreme conseguenze.
In entrambi i casi la sfida è quella di far rivivere nella essenza più genuina (come fosse la prima volta) la figura del cavaliere errante.

Il Quichotte di Salman Rushdie non è una citazione. È un'incarnazione alternativa, espansa e fantasiosa che dà libero corso all'immaginazione. 

In mancanza, l'illustre personaggio diverrebbe parodia, fotocopia, vile imitatore, nuda maschera pirandelliana.
Il mondo in cui Quichotte combatte i suoi mulini a vento è una sintesi impossibile tra un Occidente dalle tinte orientali, e un Oriente con incursioni europee. 
Non si poteva dirlo meglio: chi è nato a Bombay sogna Parigi, chi è nato a Parigi sogna Bombay. Ciò comporta, in alcuni momenti, difficoltà di lettura, ma solo perché il romanzo esige un ritmo lento, a cui forse non siamo abituati. Si tratta di un disorientamento provocato da una fitta rete di richiami e simboli che spingono comunque il lettore paziente a proseguire.

Affascina molto la ricerca di un lessico appropriato, a caccia dell'imponderabile e dell'indefinibile. 

Il racconto stesso si fa inesauribile atto di riappropriazione linguistica, dove parole e significati rincorrono contesti, universi distinti e vivificano immagini, etimologie.
Si produce allora un effetto speculare a più livelli: tra realtà e immaginazione; tra l'autore e i suoi personaggi; o tra questi ultimi, Sancho e Quichotte compresi. Tanto che ci si domanda (da sempre, a dire il vero) chi sia il pazzo, chi il sognatore.

Ci si muove in una sorta di "multiverso" spazio temporale, oltre e al di là dei problemi pratici di chi cerca di rapportarsi alla realtà.

Non sono cose da poco avere un'identità definita e poterla certificare. I personaggi letterari o immaginari soffrono, in questo, più di un handicap. Ma le cose, pare, non sono così diverse per chi – nel mondo reale – ci abita davvero.
La logica e gli schemi consueti non bastano, vengono scardinati strada facendo: complice chi – pur stando ai margini – pone in discussione, disserta, afferma e nega consolidati punti fermi; cosa è vero, fittizio, o menzogna?
C'è chi, come Sancho, è un figlio immaginario che attende la promessa di una eredità reale e una precisa posizione nel mondo.
Se non acconsentirà a diventare tua madre, allora tu non verrai mai messo al mondo, ragion per cui non saresti qui in questo momento. Riesci a mettere a fuoco la situazione?
Salman Rushdie, Quichotte

La realtà stessa è dentro il sogno, come tale contemplata (nonché plasmata) senza posa, attraverso viaggi interdimensionali tra immaginazione, fiction e serie televisive.

Grazie a queste ultime (o nonostante esse) si colgono corrispondenze nel destino comune che parla di "fine del mondo","morte di persone care", "scenari apocalittici", "stelle che si spengono", "universi che si sgretolano".
Vi è chi, come Quichotte, si impegna nell'improbabile missione di ricerca e conquista dell'Amata. Per adempierla deve perdersi nelle sue fantasie, farsi inconsistente, abbandonare la ragione in un "non luogo", un punto indefinito dell'Universo da cui poter contemplare, vedere, capire ogni cosa.
Si intuisce la presenza, da qualche parte, di un demiurgo che gioca un ruolo assai simile a quello di un fantomatico "signore del tempo" (il richiamo alla cabina blu di una longeva serie televisiva britannica non è casuale).

Non manca la sequela di personaggi necessari, non gregari, a sorreggere il complesso universo costruito. 

Senza di essi l'intera impalcatura non starebbe insieme. Tutti si muovono su un campo lungo, a distanza dall'occhio di chi li guarda, li racconta e li muove, posti in una enorme scacchiera. Le caselle sono pagine aperte e non chiuse, a mostrare la panoramica complessiva della storia nel suo dipanarsi.
Il messaggio è univoco: realtà e immaginazione si intersecano fino a confondersi. L'immaginazione è un riparo o un momentaneo sipario. La realtà, mai priva di insidie, è terra di conquista, genuino banco di prova, sfida alla quale non si sfugge.

Ecco la vera e autentica missione di un qualunque Quichotte che si rispetti: l'irrinunciabile ritorno alla realtà.

Probabilmente nella versione di Salman Rushdie ciò avviene  prima del tempo, quasi a intendere che il XXI secolo è un universo più insipido, vecchio, paurosamente in bilico, più incerto del XX che, comunque, ha avuto le sue traversie. E che nel XVII secolo don Chisciotte si muoveva sì in un'epoca moderna, però nuova, alle prime armi, più consona all'ideale cavalleresco ormai al tramonto.
Il Quichotte di Salman Rushdie, tra menzogne e verità inafferrabili e mostruose, tra sacro e profano, ha qualcosa in comune con i suoi predecessori: cerca una possibile via di fuga da chi, con la penna in mano, ancora si avvale dei suoi servigi di cavaliere.


Quichotte

di Salman Rushdie
Mondadori
Narrativa
ISBN 978-8804722403
Cartaceo 20,90€
Ebook 10,99€

Sinossi 

Sam Du Champ, un mediocre scrittore di spy stories, ispirandosi al classico di Cervantes crea un personaggio di nome Quichotte: un gentile commesso viaggiatore ossessionato dalla televisione che si innamora in modo impossibile di una star della TV. Insieme al figlio (immaginario), Sancho, Quichotte si lancia in un picaresco viaggio attraverso tutta l'America per mostrarsi degno della mano della amata, e fronteggia coraggiosamente i tragicomici pericoli di un'epoca in cui "Tutto Può Succedere". Nel frattempo il suo creatore, in preda a una inesorabile crisi di mezza età, si trova alle prese con sfide altrettanto pressanti per conto suo.
Davide-Dotto

Davide Dotto


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