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Ratched, la serie TV Netflix ispirata a "Qualcuno volò sul nido del cuculo"


Serie Tv | Netflix Recensione di Elena Genero Santoro. Ratched, la serie TV di Netflix ispirata all'infermiera spietata di "Qualcuno volò sul nido del cuculo": azione, colpi di scena, incoerenza dei personaggi, un capolavoro di umorismo involontario.

La serie Ratched in onda su Netflix da poco nelle prime immagini appare molto accattivante. C’è questa donna, Mildred Ratched che appare subito ambigua, scostante, fredda. Anche un cieco capirebbe che quell’espressione altera nasconde un segreto.
La serie vuole dare un prequel al personaggio dell’infermiera più cattiva e glaciale che sia mai comparsa sugli schermi e che tutti avranno visto nel film Qualcuno volò sul nido del cuculo.
Qui l’infermiera vive una storia tutta sua e il regista prova a scavare le cause di tanta freddezza e spietatezza. In effetti all’inizio Mildred appare proprio così: siamo nel 1947 e, in un’atmosfera Hitchcockiana, ricca di colori espressionisti, di stanze che si tingono di rosso, verde, giallo a seconda dello stato d’animo del protagonista, l’infermiera si fa assumere con il raggiro in una clinica che cura malati di mente. Lì, infatti, sta per essere condotto Edmund Tulson, un detenuto, affinché il direttore Richard Hanover stabilisca se può essere condannato a morte per gli omicidi efferati che ha commesso oppure se, trattandosi di un malato di mente, non sia in grado di comprendere il male che ha fatto.
Gli interessi in gioco sono molti perché se da un canto Mildred vuole ad ogni costo salvare Edmund, anche il direttore Hanover agisce mosso da motivazioni non sempre cristalline.

Ratched: azione, colpi di scena, ma pecca di incoerenza nella caratterizzazione dei personaggi.

Questa serie, che consiste in otto episodi, non è carente di azione, colpi di scena, per cui si fa guardare senza mai cadere nella noia. L’elemento tensivo non viene mai a mancare. Il conflitto c’è, i morti ammazzati (ammazzati male) anche.
Detto questo, ci sono incoerenze non indifferenti su quella che è la caratterizzazione dei personaggi che invece dovrebbe essere la colonna portante di una serie che ispirandosi addirittura a Hitchcock dovrebbe fare della psicologia il suo cardine centrale.
Mildred entra in scena a gamba tesa: complotta, intriga, semina zizzania, tutto quello che fa o dice ha un fine e, se possibile, umilia il suo interlocutore. Si comporta da sadica.
Quindi il primo tratto caratteristico di Mildred è proprio la freddezza, la mancanza di empatia. Andando avanti con la narrazione si scopre che lei sta agendo per salvare suo fratello, ma tutto ciò non giustifica le cattiverie gratuite e gli sgarbi di cui si macchia verso altri personaggi. A un certo punto però, senza una spiegazione narrativa, il personaggio cambia e mostra di avere in realtà un ricco mondo interiore e una grande sensibilità che fino a quel momento non erano stati in alcun modo rappresentati. 

Più si procede, più si scoprono tutte le nefandezze di cui si è macchiata Mildred Ratched, ma paradossalmente, anche se l'infermiera ha un codice morale tutto suo, non ha, in fondo, delle cattive intenzioni. 

Non agisce sempre in modo etico, e non pagherà per i suoi peccati, ma alla base c’è comunque una volontà di fare il bene di qualcuno. Un po’ come Rossella O’Hara. Questo tratto non si sposa in alcun modo con quello che è il personaggio senza alcuna empatia che compare nel film insieme a Jack Nicholson. Negli ultimi episodi, addirittura, Mildred trova l’amore, un amore omosessuale, e da quel momento si trasforma quasi in un’eroina romantica.
E allora di che stavamo parlando?


Un altro personaggio che senza dubbio poteva essere sfruttato meglio è quello del Dottor Hanover, di origine asiatica. 

Costui è un omino tossicodipendente, che oscilla tra la ricerca di finanziamenti per una clinica ormai in bancarotta, il desiderio, direi genuino, di aiutare gli altri e una certa ambizione di sperimentare nuovi metodi di cura per i suoi pazienti psichiatrici. 
Anche il discorso della malattia mentale poteva essere trattato meglio. Il dottore non è un sadico, non è cattivo, ha un suo codice deontologico, eppure non ne azzecca una. È un debole, un pasticcione. È vero che nel 1947 le tecniche per curare i pazienti psichiatrici potevano essere abbastanza cruente, che la malattia mentale non era ancora stata del tutto studiata né compresa, e che certe pratiche, come bollire i pazienti in vasche di acqua rovente per scacciare da loro le perversioni omosessuali erano ritenute perfettamente normali. Ciononostante il dottore non mostra nei fatti l’umanità e la carità che dice di possedere, non appare critico verso quelle tecniche che promettevano miracoli a prezzo di grande sofferenza del paziente. Sono domande che Mildred si pone, ma lui no. Anzi, quando deve applicare un protocollo lo fa sempre in stato di esaltazione, pensando al potere e alla gloria personali che gli deriveranno. Per contro, gli vengono addebitate delle responsabilità che in realtà sono state solo degli incidenti. Quando finalmente fa qualcosa di costruttivo, quando avrebbe del potenziale per aiutare una paziente, la sfortuna gli si accanisce contro in modo quasi comico. Quindi anche in questo caso si è persa l’occasione per creare un personaggio a tutto tondo, coerente, di spessore. Ne esce invece un meschinello, caotico individuo che non suscita empatia nello spettatore.

Il risultato è un capolavoro di umorismo involontario. 

Per esempio due personaggi in fuga si liberano dei vestiti affinché i cani non sentano il loro odore, e lei dice a lui: «l’ho visto fare in un sacco di film». Siamo nel 1947. Quanti film d’azione avevano girato nel 1947?
I personaggi sono delle macchiette che saltellano sulla scena cambiando faccia senza una motivazione apparente. In certi momenti si sfiora il grottesco, alla Pulp Fiction. Quando l’ereditiera Lenore dice che vuole la testa del dottore in una scatola, intende in senso letterale.

La questione degli abusi sui minori rimane sullo sfondo.

Nel frattempo si alternano gli omicidi, le scene cruente, le amputazioni, le lobotomie gratuite. I personaggi sono tutti mediamente voltagabbana e cattivi, un po’ come in Desperate Housewives. La loro follia è funzionale a creare movimento nella fiction, e non è la fiction che tratta con delicatezza il difficile discorso della malattia mentale.
Una nota di merito è che tutto sommato è una serie dalla parte delle donne. Sdogana l’amore omosessuale, la libertà e l’indipendenza femminile.
Elena Genero Santoro

Elena Genero Santoro
Ama viaggiare e conoscere persone che vivono in altri Paesi. Lettrice feroce e onnivora, scrive da quando aveva quattordici anni.
Perché ne sono innamorata, Montag.
L’occasione di una vita, Lettere Animate.
Un errore di gioventù, PubMe - Collana Gli Scrittori della Porta Accanto (seconda edizione).
Gli Angeli del Bar di Fronte, Gli Scrittori della Porta Accanto Edizioni (seconda edizione).
Il tesoro dentro, PubMe - Collana Gli Scrittori della Porta Accanto Edizioni (terza edizione).
Immagina di aver sognato, PubGold.
Diventa realtà, PubGold.
Ovunque per te, PubMe.
Claire nella tempesta, Leucotea.


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