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Recensione: Il giro della verità, di Fabio Bonifacci

Recensione: Il giro della verità, di Fabio Bonifacci

Libri Recensione di Elena Genero Santoro. Il giro della verità di Fabio Bonifaccila (Solferino). Un viaggio attraverso il mondo della droga, le ragioni per cui i ragazzi ne sono attratti e il rischio che assumere pastiglie tagliate male può comportare.

Quando si racconta un libro bisognerebbe concentrarsi sull’opera e non su chi l'ha scritta, ma ciò non è sempre possibile quando si ha già avuto modo di conoscere l’autore e di annoverarlo tra quelli che hanno qualcosa da dire.
Fabio Bonifacci, al suo primo vero romanzo, è già un noto sceneggiatore di film che hanno avuto un ottimo riscontro tra il pubblico, per esempio Benvenuto presidente.
Quindi per questo autore non è certo una novità scegliere le parole con cura, renderle il punto di forza. Ed è veramente un castello di parole soppesate una a una questo romanzo, Il giro della verità. Ogni frase è un mattoncino strutturale incastrato con tutti gli altri per dar forma a un’architettura perfetta.
Di certo un romanzo del genere non avrebbe potuto scrivere un principiante, perché la trama è complessa, a un novellino sarebbe sfuggita di mano, e perché in questa trama elaborata si affacciano molteplici psicologie tutte accurate e cesellate e tutte credibili.

Fabio Bonifacci esplora le molteplici psicologie con un punto di vista onnisciente, saltando a volte senza preavviso dal pensiero di un personaggio a quello di un altro.

Forse questa è la scelta stilistica che mi è piaciuta di meno, ma tutto sommato non incide sulla fruizione immediata del testo, che nel lessico talvolta riflette il linguaggio giovanile.
I protagonisti sono un gruppo di ragazzi, compagni di classe, liceali al quarto anno.
La maggior parte di loro è benestante, Serena è la figlia del candidato sindaco, Pigi è il figlio di un noto avvocato, Mirco abita in una casa enorme. Solo Lele proviene da una famiglia modesta, il padre è idraulico, la madre possiede un’edicola e se lui frequenta quell’istituto classico è solo perché ama le materie letterarie e la docente delle scuole medie lo vedeva sprecato all’istituto tecnico.
Succede che Lele ha da sempre una cotta per Serena, che è ricca-bionda-bella-brava-simpatica, cioè ha tutte le caratteristiche che la fanno sembrare inarrivabile per lui. Ma poi proprio Serena invita Lele al Tempio, la discoteca frequentata dei giovani delle famiglie più abbienti del circondario. Lo stuzzica, lo provoca e gli fa comprare la Madam, cioè la MDMA, una droga simile all’ecstasy, la assume insieme a lui. Serena e Lele finiscono a letto insieme, Lele crede di aver coronato il suo sogno, ma Serena non è a sua disposizione, finito l’effetto della droga si mostra scostante e per Lele è l’inizio di un incubo.
E allora lui, che è sempre stato un bravo ragazzo, che ha sempre rigato dritto, nel tentativo di far colpo su Serena inizia a frequentare il Tempio, inizia a comprare Madam come gli altri, anche se non se lo potrebbe permettere.

Ma come a volte accade, gli eventi assumono una piega imprevista quando uno dei ragazzi, dopo una pastiglia, viene trovato morto.

E quella sera la vittima aveva comprato la pastiglia proprio da Lele.
Da questo momento la narrazione ruota prevalentemente su Lele e sul suo senso di colpa.
Prima il ragazzo ha paura che lo scoprano, ma poi è dilaniato dai dubbi morali. Il lettore arriva a percepire fisicamente lo stato di ansia e di prostrazione del ragazzo.
È davvero Lele il colpevole? O le cose sono più complicate di quello che lui stesso crede?
Il ritmo del romanzo, psicologico ma con il respiro di un thriller, si fa sempre più incalzante di pagina in pagina, e diventa un’occasione per porgere diversi spunti.

Che Lele sia materialmente colpevole di aver passato all’amico una pastiglia tagliata male oppure no, lo sgrava della responsabilità che ha?

Lele non è un cattivo ragazzo, è stato un ingenuo, è stato avventato, ma imparerà che le azioni hanno conseguenze – è lo stesso pensiero che ho avuto quando ho scritto Un errore di gioventù: le azioni sciagurate, anche quelle commesse nella più candida buona fede, possono avere conseguenze; se sei fortunato, no. 
Mi è venuto in mente il film Match point di Woody Allen, dove basta un piccolo dettaglio a determinare l’accusa o l’assoluzione del colpevole. Questo però non cancella la cattiva azione che sta a monte.

Il secondo spunto: il libro descrive un bello spaccato di quella società-bene che nasconde non poche ipocrisie.

Nel momento in cui Lele inizia a raccontare una parte della sua verità, scoperchia letteralmente il vaso di Pandora, una reazione a catena, che investe tutti i suoi amici e anche i loro genitori – da cui il titolo del romanzo. Questi ultimi, che non ci fanno sempre una bella figura, appaiono specchiati nei loro figli e il leitmotiv è proprio la somiglianza tra figlio e genitore. Patti, Pigi, Serena, Spinoza sono costretti a fare i conti con ciò che hanno ereditato da chi li ha messi al mondo, e nel loro processo di affermazione individuale, di maturazione e di crescita, di scoperta di se stessi, i vizi e i peccati dei genitori saranno i macigni da cui affrancarsi.

Infine lo spunto didattico, il viaggio attraverso il mondo della droga, le ragioni per cui i ragazzi ne sono attratti e il rischio che assumere pastiglie tagliate male può comportare.

Se assumi droghe sintetiche, nel migliore dei casi puoi soffrire di tachicardie, puoi avere una fase up seguita da una fase down, puoi avere sintomi fisici di scarsa rilevanza nel breve periodo, ma alla lunga, in pochi anni, i neuroni del tuo cervello subiscono dei danni. Nel peggiore dei casi, anche la prima pastiglia che assumi può condurti a un trapianto di fegato o dritto nella tomba se il principio attivo è stato tagliato male, con metalli pesanti, o con sostanze topicide o con qualunque altra schifezza gli spacciatori avessero sottomano.
Qui aggiungo una nota personale, occupandomi di mestiere di sostanze pericolose, e conoscendo a quali prove le sostanze chimiche di cui siamo circondati devono essere sottoposte prima che si possa farne un qualunque uso, mi si accappona la pelle all’idea che dei criminali senza scrupoli possono mescolare qualunque immondizia e venderla a peso d’oro testandone la tossicità sui clienti.

E arriviamo quindi all’ultimo spunto di riflessione a cui il libro ci conduce: la connessione tra droga e verità.

Serena, che è il secondo personaggio principale dopo Lele, ha un rapporto contorto con la verità: incarna il prototipo di colei che più di altri usa la droga per fare ciò che senza, quando è solo se stessa, non riesce a fare.
Lele un certo punto realizza che non si smette di drogarsi perché si è diventati più salutisti, ma si smette di drogarsi quando si prova a fare i conti con la verità.
È proprio la loro professoressa di italiano che mette Lele e gli altri in guardia dalla droga, essendoci passata negli anni 70. Lei ha visto dei conoscenti cadere nel baratro dell’eroina e spiega ai suoi studenti il dettaglio cruciale: gli anni trascorsi a sballarsi sono anni persi perché ciò che viene vissuto in quello stato di coscienza alterato e sopra le righe non viene interiorizzato né elaborato. Porta l’esempio di un conoscente che, uscito dall’eroina a 31 anni, aveva la maturità di un diciassettenne, cioè di quando aveva cominciato (ma il fisico era sfatto e invecchiato).

Ed è per questo che la verità va affrontata, anche se le conseguenze non sono sempre piacevoli o prevedibili.

Non aggiungo altro sulla trama, che sarebbe per davvero troppo complicata da comprimere in poche righe, di questo romanzo di formazione dove tutti i protagonisti dovranno mettersi alla prova e affrontare un percorso di crescita.
O meglio, avranno la possibilità di crescere, ma non tutti lo faranno per davvero.
Concludo dicendo che per gli amanti del genere vale la pena leggere questo romanzo, perché tiene incollati alle pagine dall’inizio alla fine.


Il giro della verità

di Fabio Bonifacci
Solferino
Giallo | Thriller
ISBN 978-8828204916
Cartaceo 16,15€
Ebook 9,99€

Sinossi

«E così, dopo 17 anni e 10 mesi vissuti più o meno da bravo ragazzo, si trovò davanti alla Questura dove indagavano per l'omicidio che aveva commesso.» Ma come è finito Lele in quella stanza e come ne uscirà? È nato e cresciuto in periferia ma il talento della scrittura lo ha portato a studiare in un liceo classico del centro dove si è innamorato di Serena, bella e irraggiungibile. Per avvicinarsi a lei esce con un gruppo che fa uso di ecstasy, la prova per non essere da meno e finisce per entrare nel giro. Ma un amico muore per una «pasta» tagliata male ed è solo l'inizio di una serie di eventi a cascata incontrollabili. Custode di un segreto inconfessabile e sottoposto a sfide più grandi di lui, il protagonista è costretto a crescere a marce forzate mentre attorno, in una trama che procede implacabile come un giallo, si svelano le verità nascoste degli amici e, in un intreccio inarrestabile, quelle dei genitori dei ragazzi.
Elena Genero Santoro

Elena Genero Santoro
Ama viaggiare e conoscere persone che vivono in altri Paesi. Lettrice feroce e onnivora, scrive da quando aveva quattordici anni.
Perché ne sono innamorata, Gli Scrittori della Porta Accanto Edizioni (seconda edizione).
L’occasione di una vita, Lettere Animate.
Un errore di gioventù, PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto.
Gli Angeli del Bar di Fronte, Gli Scrittori della Porta Accanto Edizioni (seconda edizione).
Il tesoro dentro, PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto.
Immagina di aver sognato, PubGold.
Diventa realtà, PubGold.
Ovunque per te, PubMe – Collana Policromia.
Claire nella tempesta, Leucotea.
L'utima risata, PubMe – Collana Policromia


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