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Recensione: C'era una volta la razza umana, di Andrea Di Meo

Recensione: C'era una volta la razza umana, di Andrea Di Meo

Libri Recensione di Davide Dotto. C'era una volta la razza umana. Viaggio alla ricerca delle sue tracce di Andrea Di Meo (PSEditore). Un viaggio in mondi e futuri distopici per salvare la memoria del genere umano.

C’era una volta la razza umana, di Andrea Di Meo, vede la civiltà alle prese con la vastità dello spazio, l’ineluttabilità del tempo, la scommessa di chi vorrebbe lasciare un segno, la traccia del proprio passaggio.
Difficile farlo in un pianeta che a poco a poco si fa inospitale e presto non avrà generazioni cui tramandare un messaggio, o un monito, un testamento.
L'instancabile perpetuarsi di creazione e distruzione divora le cose animate e inanimate. L'inevitabile dispersione non risparmia nulla, nemmeno “i supereroi”, se è vero che anche essi è destino che periscano.
Già, pensò Marco, nessuna storia di questo genere termina con la morte del protagonista. Alcune fingono che l'eroe sia stato definitivamente sconfitto per lasciare il lettore in tensione ma, con il numero successivo, paff, ecco che miracolosamente rinasce. Questa invece è una storia che non prosegue, il lettore deve piangere e disperarsi, il mio protagonista sarà per sempre, definitivamente, morto, disintegrato... come del resto avviene prima o poi a tutte le cose...
Andrea Di Meo, C'era una volta la razza umana

Non è un problema da niente conservare la cultura e la memoria.

Se fra le contrarietà di ogni tipo si aggiunge «il pianeta divenuto inospitale per gli abitanti», si pone il dilemma di testimonianze, reperti, manufatti e popoli da strappare a un contesto avverso con l'aiuto di sofisticate tecnologie di conservazione (ibernazione compresa) e di trasmigrazione (viaggi interstellari).
È un progetto ambizioso di cui valutare fattibilità e mezzi, una scommessa che necessita comunque i suoi tempi e la giusta dose di disperazione. Quelli di un individuo (fosse anche un Matusalemme che viva novecento e più anni) non sono sufficienti per adoperarsi contro emergenze climatiche, tempeste solari che pregiudicano una memoria collettiva radicata «negli effimeri bit».

Da non sottovalutare un’altra serie di faccende: quella di selezionare, raccogliere libri, opere, sculture, quadri, manufatti artistici da preservare.

E se a essi debbano accompagnarsi ausili non indifferenti: bibliografie, biblioteche, studi, atti accademici, grammatiche o alfabeti. Perché persino i settecento anni che ci separano dalla Divina Commedia di Dante hanno provocato i loro danni.
È legittimo il sospetto che molte di queste letture abbiano sovrapposto alla Divina Commedia un sedimento di significati secondi, terzi e quarti, che Dante stesso ignorava, e che non capirebbe. Ma certo è che molti altri significati laboriosamente orditi da Dante sotto la trama del poema, noi li abbiamo perduti per sempre.
Vittorio Sermonti, L'inferno di Dante
In assenza di simili “ausili” le testimonianze rimangono mute, è difficile riconoscere «la summa delle opere dell’ingegno umano» dal romanzo di un esordiente sopravvissuto per caso. Ci sono poi testimonianze di cruciale importanza, come gli Studi dedicati a Dante da Ugo Foscolo, senza dubbio documenti da custodire.


C'era una volta la razza umana di Andrea Di Meo è interessante per la consapevolezza di un cortocircuito ineliminabile che si fa “quadratura del cerchio".

Come difendere manufatti (“libri, quadri, statue…”) isolandoli dalla civiltà che li ha concepiti? Perché è chiaro che solo un esiguo equipaggio potrà intraprendere la missione.
«Vuol dire che non ci sono termini di paragone nella mia sconfinata memoria, non risulta niente di confrontabile con questi esseri in tutte le aree della galassia da noi perlustrate.»
Andrea Di Meo, C'era una volta la razza umana
Che significato assumerebbe per esempio “la statua della Libertà” al di fuori di New York, o per chi non fosse in grado di collegarla a Gustave Eiffel? Come non ricordare le lacrime amare di George Taylor di fronte alle vestigia di tale monumento (impersonato da Charlton Eston)  nel film “Il pianeta delle scimmie”?
Un qualsiasi prodotto umano fluttuante in un sistema solare estraneo, al di fuori del proprio contesto, perderebbe molto del suo significato.
Ne acquisirebbe di nuovi a seconda di chi lo trovasse. Cambierebbe forma, trasmuterebbe, si farebbe reperto di altra natura e parlerebbe una lingua diversa.
Il risultato finale forse non giustificherebbe neppure il sacrificio. 

I manufatti artistici sono destinati a “durare un po’ di più”, ma non per sempre. Il vantaggio è di secoli, di qualche millennio, o decina di millennio.

La durata stessa del viaggio (i “nostri eroi” dovranno raggiungere Kepler 186f, un pianeta distante un 580 anni luce o giù di lì) – a parte mille e varie incognite – è una roulette russa.
«Vede» disse Iny pesando le parole, «siamo nel 2380 e quel libro adesso ha esattamente cinquecento-quarantotto anni; mi sembra ancora ben conservato ma, considerati i fattori ambientali e il normale degrado, potrà durare al massimo altri due o trecento anni, forse cinquecento se collocato in atmosfera controllata secondo i giusti parametri di umidità, illuminazione e temperatura, intendo. Ma poi?»
Andrea Di Meo, C'era una volta la razza umana
E che dire delle competenze dell’equipaggio a bordo della nave interstellare impegnata nel viaggio? È in grado di procedere ai “periodici restauri” che si rendessero necessari? Perché lo scorrere del tempo toglie sempre qualcosa, regala scampoli di incompiutezza. Ne fanno le spese le opere letterarie, romanzi cui mancano le ultime pagine, inconvenienti non nuovi, ma ai quali i lettori più volenterosi possono poco (o nulla, come nel Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino).
Molto altro racconta C’era una volta la razza umana, i cui veri predatori sono lo spazio (incommensurabile da attraversare), il tempo (che non ce n’è mai abbastanza, e divora qualsiasi cosa, persino le stelle), lo spettro di una dispersione cosmica, la lotta contro “limiti fisiologici” invalicabili.

C'era una volta la razza umana. Viaggio alla ricerca delle sue tracce

C'era una volta la razza umana
Viaggio alla ricerca delle sue tracce


di Andrea Di Meo
PSEditore
Fantascienza
ISBN 978-8855462792
cartaceo 17,95€

Sinossi

Due giovani scrittori partecipano a un concorso letterario con i loro romanzi, che per una fatalità si perdono nell’etere senza mai arrivare a destinazione. Parti di questi vengono però ritrovate a grande distanza spazio-temporale, in un futuro distopico e apocalittico. Così la storia dei due manoscritti, ormai incompleti, si incrocia con quella di Iny, un essere dall’aspetto umano ma capace di vivere più di novecento anni, arrivato sulla Terra con la missione di salvare la produzione dell’intelletto umano da un’estinzione che incede sempre più veloce. Quando arriva il momento di lasciare la Terra, già al collasso, Iny e i suoi compagni di viaggio verranno ibernati e partiranno per Kepler 186f, dove però gli abitanti li respingeranno obbligandoli a vagare per pianeti lontani. Un viaggio in mondi e futuri distopici e un’avventura avvincente per salvare la memoria del genere umano, sullo sfondo della domanda se un romanzo fantasy può diventare un’apologia di arte e letteratura.
Davide-Dotto

Davide Dotto


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