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Recensione: Dieci storie quasi vere, di Daniela Gambaro, Premio Campiello Opera Prima 2021

Recensione: Dieci storie quasi vere, di Daniela Gambaro, Premio Campiello Opera Prima 2021

Libri Recensione di Stefania Bergo. Dieci storie quasi vere di Daniela Gambaro (Nutrimenti), vincitrice del Premio Campiello Opera Prima 2021. Racconti al femminile, di maternità onesta, spaccati di vita in cui spesso nulla accade se non la vita stessa.

Sono dieci racconti. Dieci storie che potrebbero uscire dal vicinato di ognuno di noi. È come affacciarsi sul pianerottolo di un condominio e sbirciare negli appartamenti attraverso uno spioncino. Da fuori a dentro. È quello che fa Daniela Gambaro in questa sua raccolta d'esordio che ha vinto il Premio Campiello Opera Prima 2021 e ricevuto una menzione speciale al Premio Calvino 2019.
Daniela Gambaro è un'autrice polesana. Nata e cresciuta ad Adria, facevamo pattinaggio artistico insieme. Ora vive a Roma dove lavora come sceneggiatrice per cinema e televisione.
E questo suo lavoro si avverte tra le pagine di questa raccolta.

Le dieci storie – quasi vere – sembrano la sceneggiatura di una serie corale al femminile non-fiction.

Daniela Gambaro si sofferma sui dettagli delle scene, descrive il momento, l'emozione che scaturisce, i rumori, gli odori, come un fermoimmagine.
I racconti sono brevi e sembrano non terminare con il punto fermo dell'ultima riga. La fine del racconto non è un epilogo, non riprende il tema narrato, non è una frase d'effetto da giocarsi in un meme. È solo la conclusione di una giornata qualunque, apparentemente banale, monotona, insignificante, è come quando chiacchieri con un amico e perdi il filo del discorso, lasci cadere quello che stavi dicendo senza arrivare al dunque – in realtà il dunque lo hai già sviscerato – e inizi con qualcosa di nuovo. Si resta spiazzati a voltare pagina e trovare un racconto diverso. Ma in realtà quella che si chiude non è una storia, è solo la finestra su quelle vite. Il meccanismo trasla, cambia casa, tempo, personaggi, e riparte, a testimoniare la vita che scorre senza che noi, la maggior parte delle volte, ce ne rendiamo conto.

La scrittura di Daniela Gambaro è deliziosa. Diretta, schietta, non si può dire semplice perché lo è solo in apparenza, di sicuro è vera.

La particolarità dei racconti è il loro narrare temi profondi come commenti a margine di quella che pare essere la struttura principale ma che, in realtà, è solo lo scheletro narrativo in cui incastrare altro, quell'altro che spesso si leva come un grido improvviso dal brusio di fondo: un evento, una confessione, un ricordo, un'emozione.
Perché così è la vita, così sono le storie – vere – delle persone che ci vivono a fianco. Così è anche la nostra.
Tutti pensiamo di avere la situazione sotto controllo finché gli eventi non dimostrano il contrario, facendosi beffe della nostra presunzione.
Daniela Gambaro, Dieci storie quasi vere

Le protagoniste sono le donne, sempre gravate da un senso di colpa che spesso ha il sopravvento. Storie di una maternità onesta.

Donne che si perdono, si ritrovano, riallacciano i lembi scuciti della loro maternità, tra l'apparire e l'essere. Tra le pagine si trovano madri che devono tornare al lavoro, che avvertono il periodo trascorso a casa come un isolamento, un essere scivolate fuori dal contesto; donne che madri avrebbero voluto esserlo o non lo sono più, per scelta, per caso, perché fagocitate dal ritmo intenso della vita; donne tradite, convinte di esserselo meritato perché non in grado di avere un figlio; donne che fanno i conti con la depressione post-partum o che devono imparare a respirare di nuovo, anche se in modo diverso, magari attraverso le branchie.
Una volta saputo quello che mi era successo, mi fece un'iniezione e mi prescrisse altre benzodiazepine, di cui avevo bisogno perché la mia scorta stava per finire.
"Però non dovrebbe prenderle per un periodo troppo lungo", mi disse.
"Solo finché sto in giro", gli risposi. "Il tempo del viaggio".
"Di solito si prendono solo per pochi giorni".
"Di solito non si dimenticano i figli in macchina".
Daniela Gambaro, Dieci storie quasi vere

Alcuni racconti sono spaccati di vita in cui nulla accade se non la vita stessa.

Apparentemente ordinaria, ritmica. Ma la verità è che ogni giorno, sebbene appaia banale, ha dentro una luce che illumina il buio. Anche se poi questa luce si spegne. Perché la vita è una stanza in più di cui non sai che fare, un'azione ripetitiva senza conseguenze, un film che rivedi ancora e ancora e nessuno sa perché, una tartaruga che schiacci sotto le ruote dell'auto e non lo puoi raccontare, l'illusione di saper fare qualcosa e l'amara constatazione della tua mediocrità, un dolore che gli altri giudicano superabile, uno sciacquone che rimette in ordine i tuoi cocci come una cascata zen, un barattolo di popcorn al cinema da cui non puoi attingere.
Se ti dicono che non potrai più avere figli, si presume che il tuo dolore dovrebbe essere relativo, se ne hai già due, bellissimi e sani. La tua sfortuna è circoscritta. La tua delusione tollerabile. Il tuo lutto superabile.
Daniela Gambaro, Dieci storie quasi vere

Sia chiaro, non ci sono solo donne, in queste storie, ci sono anche uomini.

Ma sempre come figli, amici, compagni che devono prendere decisioni irrimediabili. Esistono in quanto esistono le donne, in questi racconti che pulsano, si contraggono nei dettagli e dilatano in visioni d'insieme, scorrono avanti e indietro nel tempo.
Mi sono soffermata a chiedermi a chi si possa essere ispirata l'autrice per dar vita ai suoi personaggi. Un po' perché ognuno di noi può dire di conoscere qualcuno che assomigli loro, un po' perché si avverte l'influenza della sua città natale, come se avesse pescato a piene mani dal suo passato.
Non conoscevo Daniela Gambaro in questa veste, quella di scrittrice di vite, di storie quasi vere. E ammetto che le dona molto.


Dieci storie quasi vere

di Daniela Gambaro
Nutrimenti
Racconti
ISBN 978-8865947791
Ebook 7,99€
Cartaceo 14,25€

Sinossi

Dieci racconti che attraverso i propri personaggi, credibili e reali in ogni parola e ogni gesto, riescono a ricostruire un mondo fatto di maternità, perdite, legami familiari complessi, ossessioni e conquiste. Un esordio solido e profondo, capace di generare in chi lo legge vicinanza ed empatia per queste storie quasi vere, così tanto che potrebbero essere le nostre.
La raccolta è stata finalista e ha ottenuto la menzione speciale al Premio Calvino 2019.
Un posto fresco e nascosto, dove vanno a finire tutti i palloni e i segreti d’infanzia. La ricerca di una tartaruga nel giardino di una famiglia pronta al trasloco. Un bambino che col primo sorriso sceglie a chi assomiglierà da grande. Un altro bambino nato così piccolo che sua mamma sogna le verrà ricucito nella pancia, fino a diventare maturo. Una donna che dimentica la figlia in automobile e va al lavoro, e non sa che le tartarughe piangono. Una babysitter che mangia solo pollo fritto, vuole diventare suora e dimentica il gas acceso, così disastrosa da essere tenera. Una stanza in più, dove di certo non può dormire un figlio, che nasconde qualcosa di pesante, qualcosa destinato forse a far crollare la casa intera. Due genitori che usano un inglese d’invenzione per parlare tra grandi e non farsi capire dai bambini. Una madre che ha perso un figlio e non si accontenta della logica e del buon senso, della matematica e della vita. E poi, una bambina luminosa, che attira le zanzare e non può mangiare i popcorn al cinema.
Dieci storie possibili, dieci sguardi sul quotidiano di famiglie, coppie, madri, bambini. Dieci racconti scritti con una penna leggera e precisa, capace di narrare anche le cose più difficili, quelle terribili e scomode che sono così reali, da essere quasi vere.

Valentina Gerini intervista live Daniela Gambaro venerdì 4 giugno alle ore 19:00 sul profilo Instagram @gliscrittoridellaportaaccanto.


Stefania Bergo


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