Gli scrittori della porta accanto

Recensione: Le parole, di Jean-Paul Sartre

Recensione: Parole, di Jean-Paul Sartre

Libri Recensione di Davide Dotto. Le parole l'autobiografia di Jean-Paul Sartre (Il Saggiatore). La migliore introduzione alla vita, al pensiero, alla scrittura del filosofo esistenzialista.

Ho cominciato la mia vita come senza dubbio la terminerò: tra i libri.
Jean-Paul Sartre, Parole
Parole è la migliore introduzione alla vita e al pensiero di Jean-Paul Sartre. Egli è non solo un filosofo, ma un fine romanziere. Qui racconta la sua esperienza tra i libri, la scrittura, il culto delle parole sin da quando ha iniziato a pronunciare frasi di senso compiuto. Scopriamo i primi tormenti: «Di che parlano i libri, chi li scrive? Perché?».
Sono pagine concepite fuori dal tempo, in età matura, a ricordare la propria infanzia, e immaginarsi vecchio. L’età di mezzo (i cinquant'anni) è il momento in cui fare il punto di esperienze indefinite, alla ricerca della terminologia adeguata per imprimere sulla carta ciò che ancora alberga nella memoria.

Si fanno strada due dimensioni non sempre compatibili, due poli di attrazione dello spirito e del pensiero umano.

Il Bene nasce nel più profondo del mio cuore, il Vero nelle giovani tenebre del mio intelletto.
Jean-Paul Sartre, Parole
Sin da subito Jean-Paul Sartre si pone su un piano sopraelevato, quanto basta per seguire in parallelo quel che avviene nel mondo sottostante, dove è nato e cresciuto. Il suo è lo sguardo di un filosofo prima che del romanziere, diverso dal Barone rampante di Italo Calvino. Sembra infatti che dall’albero sia disceso Cosimo e non Biagio, invertendo le parti e il racconto che conosciamo.
Macché; non si trattava di arrampicarmi sull’albero sacro: ci stavo sopra e mi rifiutavo di scenderne; non si dava il caso che io volessi pormi al di sopra degli uomini: volevo vivere in pieno etere in mezzo agli aerei simulacri delle Cose. Più tardi, ben lungi dall’attaccarmi alle mongolfiere, ho impegnato ogni zelo a colare a fondo: ebbi bisogno di suole di piombo.
Jean-Paul Sartre, Parole


La comprensione che ne segue è nitida e tagliente: «La nostra vita è tutto un cerimoniale, consumiamo il nostro tempo a colmarci di omaggi».

Non ci sono altri modi per osservare la realtà – e sin dall’origine – in modo così partecipe, distaccato e verticale.
La lezione appresa è impegnativa: il bambino, il filosofo, il letterato e il poeta non vivono di regole comuni. Se lo fanno le rinnovano, le sublimano. In mancanza ci si imprigiona e ci si radica nella linearità della propria dimensione.
Vivere, anzi esistere, è diverso e assai più complicato. Scrivere è sottrarsi, estinguersi, scomporsi e ricomporsi, liberarsi e conquistare una propria e impossibile giustificazione, trovarsi al di là e al di qua dell'esistente. La scrittura sembra non prevedere il rapporto con un lettore, nemmeno ideale.
Tutto mi parve semplice: scrivere è arricchire di una perla la collana delle Muse, lasciare alla posterità il ricordo d’una vita esemplare, difendere il popolo contro se stesso e contro i suoi nemici, attirare sugli uomini con una Messa solenne la benedizione del cielo. Non mi venne in mente che si potesse scrivere per esser letti.
Jean-Paul Sartre, Parole


Il problema è allora: di cosa si scrive? Di cosa si racconta? Sono le domande di Jean-Paul bambino che si è dato l’unica risposta possibile: di eroi, di epica, di avventure, di vite esemplari. 

Il giovane Jean-Paul Sartre si è visto spesso protagonista di romanzi picareschi. A una penna più matura avremmo potuto corrispondere un Dostoevskij, con una penna più leggera avremmo avuto un Italo Calvino.
Non vedeva l’ora di venire al mondo un’altra volta, con un’altra voce. Non prima però di aver sopportato e affrontato le prove più ardue e mortali, e sperimentato in anticipo il nulla (la condanna a morte, la commutazione della pena, le notti bianche). Da qui una lezione parimenti inaudita per un filosofo come Sartre: il nulla come punto di partenza, spazio vuoto da colmare tra un prima e un dopo, tra un inizio e la fine.
Cosa assai difficile. La scrittura del proprio tempo fa a meno dell’epica, preferisce proiettarsi nella vita di tutti i giorni, nella desolante realtà. Non si può andare oltre i propri doveri, né al di là dei codici prestabiliti dalla cultura borghese. E quindi via i Don Chisciotte, via gli eroi, ecco “lo scrittore” o “l’uomo dimezzato”, che fa il verso – qualche volta – al famoso visconte di Italo Calvino.
Ero scrittore-cavaliere, mi si tagliava in due, ogni metà diventava un uomo intero, incontrava l’altra e la contestava.
Jean-Paul Sartre, Parole


Probabilmente la filosofia esistenzialista nasce dal comprensibile disorientamento di chi, credendo di elevarsi o di progredire, procede invece sulla stessa linea e direzione, troppo occupato per ascoltare e per comprendere.

Soccombe alla pesantezza del vivere, alla forza di gravità, alle pesanti suole di piombo, allo sguardo verticale dei piani alti dell'esistenzialista più cupo e intransigente.
L'uomo comune, se ha solo la tentazione di alzare il capo, intuisce la propria inconsistenza. Ma presto se ne dimentica. Il filosofo che getta un occhio al mondo sottostante (sa di appartenergli e ne sente il vivido richiamo, nonché il peso insostenibile), invece ne ha la certezza.
Un po’ per questo – se tale è la prospettiva – la penna si fa impotente, traditrice. E persino la cultura, alla fine  non salva niente e nessuno. Che poi è la stessa cosa di cui si lamentava Pirandello, ormai succube del suo personaggio di punta (il Mattia Pascal), che pur cambiando spoglie viene rigettato nell’orizzonte di sempre, quello da cui non è mai uscito e mai uscirà.
Tuttavia tra le righe di Sartre non manca un velato richiamo (tra i diversi che si possono trovare) alle idee - a mo' di antidoto non del tutto inconsapevole - che Italo Calvino svilupperà soprattutto nella prima delle sue Lezioni americane: «Prendete la vita con leggerezza, ché leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall'alto, non avere macigni sul cuore».


Le parole

di Jean-Paul Sartre
Il Saggiatore
Autobiografia
ISBN 978-8842827399
Cartaceo 19,95 €
Ebook 9,99€

Sinossi 

Cresciuto in una famiglia borghese che tra i suoi membri vantava intellettuali, professori e pastori luterani, figlio unico adorato e coccolato, molto presto Jean-Paul Sartre, nella grande biblioteca di casa, scoprì la letteratura.
Ripercorrendo la sua infanzia e giocando con la memoria, Sartre ci parla delle prime letture, dei suoi quaderni di racconti, dei trionfi infantili e di quelli dell’adolescenza, facendoci ritrovare nella sua storia la storia di un’epoca.
Ricorda quando nello studio del nonno materno, steso su un tappeto, intraprendeva meravigliosi viaggi attraverso i libri, alla scoperta di cieli costellati di parole incomprensibili che gli resistevano come fossero scrigni colmi di segreti.
Parole ricche, da soppesare, di cui bisognava decidere il senso. Ma anche parole profetiche, salvifiche, che davano forma al mondo e che, rimbombo dopo rimbombo, scalfittura dopo scalfittura, hanno originato l’universo teorico e letterario di Sartre, il cosmo che tanta parte del nostro immaginario novecentesco ha plasmato.
È stato così che Sartre ha preso a scrivere, a partire da quelle parole, perché le riteneva sublimazione della realtà: parole con cui al tempo stesso afferrare e creare le cose, catturarle vive nella trappola delle frasi e restituirle al senso che altrimenti non avrebbero avuto.
Scrivere era il tentativo di nominare e realizzare l’indicibile nulla, di ancorare il mondo ai sogni, di strappare la vita al caso.
“Le parole” è un capolavoro di autoanalisi, il testamento di un genio perseverante, l’interpretazione retrospettiva del proprio passato, il tempo ritrovato dell’infanzia nell’autoritratto della maturità.
Non il racconto di un’infanzia straordinaria, ma la straordinaria fantasia sull’infanzia di un uomo che lavorava sulle parole fino a quando queste non riflettevano esattamente i suoi pensieri.
A testimoniare che la vita stessa è un ultimo atto di creazione, Sartre ritrova le motivazioni che l’hanno portato a diventare scrittore e, insieme, il significato profondo della letteratura.
Davide-Dotto

Davide Dotto


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