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Recensione: Auto da fé, di Elias Canetti

Recensione: Auto da fé, di Elias Canetti

Libri Recensione di Davide Dotto. Auto da fé di Elias Canetti (Adelphi). Un romanzo grottesco e paranoico in cui emerge l'aspetto più tragico della storia degli uomini.

Uscito nel 1935 in pieno nazismo, il romanzo fu privato dell’attenzione riconosciuta in seguito.
Ambientato nella Vienna degli anni Venti, è costituito da tre parti dai titoli esplicativi: Una testa senza mondo, Un mondo senza testa, Il mondo nella testa.
Il professor Peter Kien è la mente di tutto il romanzo, l’occhio che guarda, la telecamera nascosta che tutto osserva e registra, senza ben capire ciò che accade intorno.
Conduce un’esistenza che solo in apparenza sposa l’ideale dello studioso di Montaigne (1533-1592).
Quando sono a casa, mi ritiro sempre più spesso nella mia biblioteca, e da qui, con facilità, bado al buon andamento delle cose domestiche.
Antoine Compagnon, Un’estate con Montaigne


Peter Kien non è affatto in grado di badare al buon andamento delle cose domestiche.

La sua reale condizione è lontana anni luce dall’otium studiosum che ha prodotto gli Essaies del filosofo rinascimentale.
Sarebbe molto interessante, tempo permettendo, esaminare Auto da fé con gli Essaies sotto mano per capire la profondità del baratro che divide i due modelli.
E non sarebbe nemmeno male fare i dovuti raffronti con il Bouvard et Pécuchet di Flaubert, non fosse altro che per confrontare un registro che assume a tratti toni grotteschi e surreali, specie laddove veniamo a conoscenza dei più recenti orizzonti di studio del professor Kien: «Aveva in progetto una "Caratteriologia dei pantaloni" corredata da una "Appendice sulle scarpe"».

L’otium studiosum di Peter Kien non è una pausa, ma una condizione esistenziale permanente.

L’isolamento al quale si costringe raggiunge un che di ossessivo e maniacale.
È di fatto preda di tutta una serie di atteggiamenti fuorvianti che gli impediscono di assimilare, col giusto criterio, il sapere che ingurgita nel corso delle sue incessanti e impegnative letture.
Lo studio matto e disperatissimo gli dà di volta al cervello, non lo proietta in chissà quali stati di coscienza, ma gli occlude gli occhi e il raziocinio senza nutrire lo spirito.
A testimoniare la cosa vale l’estrema magrezza del corpo, segno che nulla entra in circolo, ma rimane fuori: trangugia il sapere senza masticare, e anzi lo sputa subito fuori. Né sembra essere capace di quella gioia che sorprende Montaigne dentro la sua biblioteca. È arido, confuso, a tratti incapace di intendere e di volere, privo di giudizio.

Come si evince dai titoli delle parti del romanzo, il professor Kien è incapace di distinguere tra ciò che sta dentro e fuori la sua testa.

Il mondo che ha nella testa è, a suo parere, rivelatore di quello esterno: il romanzo giunge a risultati surreali, per esempio, quando si rivolge alla moglie che crede morta, la quale invece si trova al suo cospetto con la cena fumante.
Prego di lasciar pure cadere la cena inesistente. Infatti, mio caro cadavere, voglio dirle subito una cosa. Io non ho alcuna paura. Sono passati quei tempi. Ai fantasmi io strappo il lenzuolo di dosso!
Elias Canetti, Auto da fé

Inadeguato verso qualsiasi relazione umana, è incapace di un rapporto sensato con i suoi stessi libri.

Veder toccare i libri prima dell’acquisto, vederli esaminare, aprire, richiudere come se si trattasse di schiavi: per lui erano fitte al cuore.
Ma chi ha mai dimostrato con prove veramente sicure che la materia inorganica è priva di sensibilità, chi può mai sapere se un libro non senta, in una maniera che noi non conosciamo e quindi ci sfugge, nostalgia per gli altri libri ai quali è stato vicino per tanto tempo?
Elias Canetti, Auto da fé
Si tratta di deliri inconsapevoli che causano agitazione se solo colga indebiti spostamenti di volumi.
Di essi respira la carta, ne ha un rapporto per lo più fisico: teme il furto, l’incendio. Per non perderli si perde egli stesso nei meandri di quelle pagine che gli riempiono, senza costrutto, la mente.

Il professor Kien parla con i personaggi di cellulosa, si immedesima in storie di carta, smarrendo completamente il contatto con la realtà.

Il destino gli presenterà il contrappasso dovuto, il professor Kien nel finale nutrirà il fuoco che avvolgerà i libri che tanto lo ossessionano.
Da quanto si è detto risulta chiaro il significato del titolo originario, Die Blendung (accecamento).
È come se il protagonista guardasse il mondo attraverso una lente deformante, creando lo scompiglio e il disorientamento di cui non si avvede. A lungo andare non otterrà che l’ottundimento delle proprie facoltà mentali.
Peter, nel descrivere la propria condizione, butta fuori pagine e pagine mandate a memoria. Anche cogliendo nel segno, più per impulso che per altro, c'è poco da salvare.
Non si può nascondere che, seppur in minor misura, pure gli altri personaggi si muovano con una lente deformante che impedisce tra loro una comunicazione di qualsiasi tipo. Ciascuno sembra esprimersi in un linguaggio (nel senso di idioma) tutto suo, e abitare un universo a sé stante.

Diventa chiaro, allora, il senso del titolo con il quale il libro è conosciuto in America: The Tower of Babel (La torre di Babele).

Auto da fé, quello a noi noto, non fa altro che rimarcare l’epilogo: quello di un individuo che si consuma nel proprio fuoco senza uscire dal suo ristretto universo. Poco importa appaia sterminato nelle migliaia e migliaia di pagine delle migliaia e migliaia di volumi della biblioteca.
Ci si domanda quali rapporti si instaurino tra il professor Kien e gli altri personaggi.
A seguito di una serie astrusa di ragionamenti, il professor Kien a un certo punto prende la decisione di sposare Therese Krummholtz, la sua governante.
Sembra una scelta assennata, per otto anni l’ha servito bene, non è indispettita dalla sua asocialità.
Therese è la persona giusta per curare la biblioteca, si allontana la paura che essa andasse perduta per un malaugurato fiammifero che fosse caduto in sua assenza.
Auto da fé un libro non facile da leggere o da raccontare. Lungo oltre cinquecento pagine, consta di una serie di ritratti che assumono il loro senso verso il finale. Non è la Germania ma l’Austria a essere tirata in ballo, come in Estinzione, romanzo di Thomas Bernhard pubblicato molto più tardi.

Si consideri solo questo passo dal romanzo di Canetti.

Sul frontespizio c’era scritto in lettere alte e spigolose: SCEMPIAGGINI. Il suo sguardo indugiò un poco su quel titolo. Poi sfogliò le pagine; più della metà del taccuino era coperta di appunti. Vi annotava tutto ciò che voleva dimenticare.
Elias Canetti, Auto da fé
Proviamo solo a sostituire “estinguere” a “dimenticare” e scopriamo il significato di una corrispondenza non tanto peregrina.
Elias Canetti e Thomas Bernhard, ciascuno a suo modo, in fondo raccontano l’ottusità urticante sulla quale molto hanno avuto da dire e da ridire.
In comune i due autori conservano tracce di un tono umoristico, al limite dello spassoso, sotto il quale scorre l’aspetto più tragico della storia degli uomini. Basti solo riflettere sui finali dei rispettivi romanzi, quello di un comune auto da fé:il rogo della biblioteca e la morte del suo proprietario [nel romanzo di Canetti];il dono alla comunità ebraica di Vienna dell’intero patrimonio ereditato, seguito a breve dalla morte del donante [nel romanzo di Bernhard].Guarda caso, in entrambe le opere ci imbattiamo in una biblioteca ottimamente fornita, e di pochi lettori in grado di apprezzarne i contenuti, di assimilarla, o custodirla a dovere.


Auto da fé

di Elias Canetti
Adelphi
Narrativa
ISBN 978-8845916540
Cartaceo 12,00 €
Ebook 8,99€

Sinossi

Da una parte un grande studioso, Kien, che disprezza i professori, ritiene superflui i contatti con il mondo e ama in fondo una cosa sola: i libri. Dall'altra la sua governante, Therese, che raccoglie in sé le più raffinate essenze della meschinità umana. Il romanzo racconta l'incrociarsi di queste due remote traiettorie e ciò che ne consegue: la minuziosa, feroce vendetta della vita su Kien, che aveva voluto eluderla con la stessa accuratezza con cui analizzava un testo antico.


Davide-Dotto

Davide Dotto



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