Gli scrittori della porta accanto

Le corna: da gesto scaramantico a simbolo del rock

Le corna: da gesto scaramantico a simbolo del rock

Musica Di Rosanna Costantino. Pugno in alto, indice e mignolo alzati: da gesto scaramantico a simbolo, l'iconico saluto del rock ha origini italiane. Così come il saluto rap «yo», nato dallo slang dei primi immigrati siciliani in America.

C’è un po’ di orgoglio italiano nel gesto rock per eccellenza: pugno che sventola in alto con aria trionfale, con solo l’indice e il mignolo alzati.
Il rocker che lo introdusse nel mondo metal, e che lo fece diventare un vero e proprio segno distintivo di comunanza, fu James Ronnie Dio, pseudonimo di Ronald James Padavona, frontman dei Rainbow e della omonima band Dio. Intorno agli anni ’80 Ronnie militava nel leggendario gruppo heavy metal dei Black Sabbath.
Le atmosfere mistiche, dark ed esoteriche che si respiravano nella band britannica gli sembrarono adatte a quel saluto che aveva imparato dalla nonna di origini italiane, la quale spesso usava fare il famoso gesto in segno di scaramanzia, per gettare il malocchio o per proteggersene.

James Ronnie Dio cominciò a introdurre il saluto con le corna durante i live mentre incitava il pubblico dal palco, nella foga ipnotica e travolgente dei ritmi sfrenati, psichedelici e sanguigni delle chitarre e delle percussioni suonate a velocità quasi disumane.

Qualcuno si affrettò ad assegnargli un significato satanico, ma Ronnie non lo faceva affatto con questa intenzione: «È una cosa italiana che ho imparato da mia nonna», disse in un’intervista. Lo aveva sempre visto fare a casa sua e, in qualche modo, per lui era un gesto consueto e spontaneo. In maniera naturale e quasi involontaria lo fece diventare un vero e proprio simbolo rock.

Le origini risalgono addirittura agli antichi greci, grazie al mito del Minotauro concepito dalla regina di Creta, Pasifae, con il Toro di Creta, che era, naturalmente, dotato di corna.

Il popolo, saputo del tradimento della regina, usava malignamente ricordarlo spesso al re Minosse riproducendo con la mano alzata la caratteristica fisica più evidente dell’animale.
Da qui in poi la simbologia si è diffusa nel resto del mondo con quello specifico significato.
Più tardi lo stesso gesto assunse una valenza completamente diversa se rivolto verso il basso, con un significato superstizioso volto ad allontanare la mala sorte.
Nella lingua dei segni americana le corna riprodotte con la mano sono comparse per la prima volta nel 1817.

Qualche tempo fa si accese una disputa sulla effettiva paternità delle corna come simbolo del rock.

Il frontman dei KISS, Gene Simmons, fece domanda per vedersela riconosciuta in termini legali, sostenendo di aver introdotto l’iconico saluto nei live del 1974. Ma, a onor del vero, comparve agli occhi del pubblico già nel 1969 nel booklet di Witchcraft Destroys Minds & Reaps Souls, primo album del gruppo statunitense Coven. E qualche anno prima, nel 1966, John Lennon si fece immortalare con mignolo e indice alzati sulla copertina del disco dei Beatles, Yellow Submarine/Eleanor Rigby, aggiungendo però anche il pollice, secondo la consuetudine hippie di raffigurare e veicolare il simbolo dell’amore universale. Tale versione è naturalmente legata alla lingua dei segni americana, e le dita che formano le tre lettere I, L e Y rappresentano la frase "I Love You", messaggio di amore fraterno fra popoli e genti.

Il tipico «yo» dei rapper americani

Restando nel mondo della musica, c’è un altro tratto distintivo, un saluto che, nato in Italia, è poi diventato iconico e riconosciuto in tutto il mondo: il tipico «yo» dei rapper americani.

Lo slang introduce le strofe delle canzoni rap e serve per richiamare l’attenzione dell’ascoltatore o anche della controparte e non è legato solo alla lingua, ma anche al ciondolare dei rapper che ricorda lo storico gioco chiamato Yo-Yo.
Importato dai primi immigrati siciliani nelle grandi metropoli d'oltreoceano, il «ciao» o «ehi» o «io», si è lentamente trasformato in «yo» nel linguaggio italo-americano e afro-americano.
L’hip hop, come sappiamo, è un genere nato per le strade di New York, tra povertà ed emarginazione. I ragazzi, arrivati da altri continenti lontani, vivevano ai margini delle periferie le contraddizioni della nascente società americana. Cercavano il loro posto e il loro riscatto attraverso la musica, che era spontanea, viscerale, vera, diretta e cruda.

Era essenziale riconoscersi in una identità ben precisa, in una comunità solida e solidale per poter rimanere a galla e non lasciarsi portar giù negli abissi della malavita e della delinquenza.

A quei tempi era estremamente difficile vivere in quei quartieri fuori da qualsiasi grazia divina, l’unica vita possibile era quella legata a delle gang che di solito erano divise per nazionalità di origine. Oltre agli italo-americani e agli afro-americani, c’erano anche i portoricani, i messicani e tante altre bande e culture. Si può intuire quanto fosse importante ricreare dei veri e propri riti collettivi o riconoscersi in simboli e consuetudini, come poteva essere un semplice saluto. Lo «yo» fu usato dai ragazzi di strada prima, e dai rapper poi e spesso le due cose coincidevano.
A un certo punto diventò così popolare e diffuso da ricevere una qualche rilevanza letteraria. Entrò di fatto in quel genere che raccontava le avventure urbane di giovani alla ricerca del proprio futuro: nel 1957 Jack Kerouac lo utilizzò nel suo iconico romanzo Sulla strada, facendo dire a un personaggio: «We called each other Yo».

Rosanna Costantino

Rosanna Costantino


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