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The week: focus sugli eventi tra il 30 maggio e il 5 giugno

The week: focus sugli eventi tra il 30 maggio e il 5 giugno

The week Di Argyros Singh. Cosa è successo nel mondo tra il 30 maggio e il 5 giugno? La guerra energetica, le sparatorie negli Stati Uniti, i 76 anni della nostra Repubblica e il giubileo di platino della regina Elisabetta.

Nell'editoriale di questa settimana, apro il discorso con la situazione ucraina e in particolare con la guerra energetica; passo poi alla descrizione della delicata condizione interna degli Stati Uniti; infine, dedico un focus prima alla nostra Repubblica, giunta al suo 76° anniversario, e poi alla monarchia inglese, con i festeggiamenti per il giubileo di platino della regina.

Azioni russe e controazioni occidentali.

Venerdì 3 giugno è stato raggiunto il centesimo giorno di guerra in Ucraina. In un incontro con il presidente Biden, il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha affermato che il conflitto durerà a lungo e che ha ormai assunto i contorni di una guerra di logoramento. Secondo un rapporto dell’intelligence britannica, la Russia non avrebbe guadagnato alcun obiettivo strategico. La situazione sul campo non è però così rosea per l’Ucraina: gran parte del Donbass è stato occupato e Sjevjerodonec’k è quasi del tutto perduta. L’annunciata controffensiva ucraina tarda a prendere il via e lo stesso presidente Zelens’kyj parla di ingenti perdite umane nell’esercito difensore. Con l’attuale occupazione, il 20% circa del territorio ucraino è in mano russa.

Se è vero che il conflitto si protrarrà, il variegato fronte europeo sarà in grado di reggere sul lungo periodo?

Fino a questo momento, sono cinque i Paesi che hanno subìto un taglio alle forniture di gas naturale: Bulgaria, Finlandia, Polonia, Olanda, Danimarca. Con il pretesto di un mancato pagamento in rubli (che vìola i contratti di fornitura), o come rappresaglia per ragioni politiche, dagli aiuti polacchi all’Ucraina alla volontà finlandese di entrare nella NATO.
In ordine sparso, ciascun Paese sta cercando soluzioni alternative, chi contando sugli aiuti interni all’Unione, chi sul gasdotto Baltic Pipe (che porta il gas dalla Norvegia) e chi su fonti extracontinentali, dagli USA all’Africa. In tal senso, i passi da fare per una politica energetica comunitaria sono ancora molto lunghi e richiederebbero la lucidità dei tempi di pace più che i salti in avanti contrattuali e diplomatici, motivati dall’urgenza. D’altra parte, la media europea di dipendenza dal gas russo è del 40%.

In settimana, i ventisette Paesi membri hanno così trovato un accordo che riguardasse un parziale embargo del petrolio russo, stimato a oltre il 90% delle importazioni, incluso nel sesto pacchetto di sanzioni.

Al momento, l’embargo riguarderà il greggio trasportato via mare, ma non ancora quello proveniente dall’oleodotto Druzhba. Si tratta comunque di azioni che verranno prese con diverse tempistiche, nell’ordine di pochi mesi o anni, dai diversi Paesi.
La scorsa settimana scrivevo in questa rubrica di tre Europe: una nord-occidentale, una orientale e una meridionale, con l’opportunità di quest’ultima di trovare nuove alleanze a est per bilanciare gli equilibri nell’Unione. L’embargo parziale al petrolio russo spinge ancora di più il Cremlino verso i mercati asiatici (già prima della guerra Mosca aveva venduto ingenti quantità di greggio all’India). Di contro, l’Europa si rivolge agli Stati africani, tra cui Angola, Camerun e Nigeria. L’Italia, come per il gasdotto ispano-italico di cui parlavo nel precedente articolo, ha l’opportunità di rivalutare il suo ruolo nell’economia – in senso lato e specifico – nell’UE. Tutto però dipenderà dalla già precaria unità del fronte interno italiano, che ha ancora visto poco delle conseguenze di questa guerra, e dalle rassicurazioni europee. Sui primi cento giorni di guerra in Ucraina — adnkronos.com | Sulla guerra del gas – formiche.net e quifinanza.it | Sull’embargo parziale al petrolio russo – SkyTG24

Sparatorie negli Stati Uniti.

Non si fermano le sparatorie negli USA, dopo la strage alla scuola di Uvalde, Texas. In un ospedale di Tulsa, Oklahoma, un uomo ha ucciso quattro persone con un fucile semiautomatico e si è poi suicidato. Il killer, il quarantacinquenne Michael Louis, era stato operato di recente, ma da giorni continuava a lamentarsi con la struttura per i dolori. Tra le vittime, figura il medico che lo aveva operato, Preston Philipps.
A distanza di poche ore, nei pressi di una chiesa di Ames, Iowa, un uomo ha ucciso due persone, togliendosi poi la vita. In realtà, la maggiore attenzione internazionale sulla strage texana ha posto in risalto una malattia cronica degli Stati Uniti: le stragi o comunque le morti per arma da fuoco erano una costante della vita americana prima di Uvalde, per quanto il risalto mediatico di quella vicenda abbia potuto esaltare qualche emulatore. D’altra parte niente ha impedito alla convention dell’NRA (National Rifle Association), la più grande lobby delle armi americana, di riunirsi proprio in Texas, a Houston, per la convention annuale.

E in parallelo molti politici stanno prendendo in considerazione i modi per arginare il problema.

Il sindaco di New York, Eric Adams, ha per esempio valutato l’ipotesi di dichiarare lo stato di emergenza in città: dal 2019 al 2021, gli incidenti con armi da fuoco sono raddoppiati, arrivando a 1562. A livello nazionale, nei primi mesi del 2022 si sono realizzate già 234 sparatorie di massa.
Lo stesso presidente Biden, proprio nel giorno degli omicidi in Iowa, si è rivolto al Congresso per proporre una strategia: divieto di acquisto delle armi d’assalto e dei caricatori ad alta capacità; possibilità di acquisto spostata dai 18 ai 21 anni; maggiori controlli sulle vendite; abolizione delle tutele per i produttori. È però probabile che queste proposte rimarranno tali, con i democratici sempre più deboli in vista delle elezioni di medio termine, l’8 novembre 2022. Sulla sparatoria in Oklahoma – repubblica.it e cnn.com | Sulla sparatoria in Iowa e sulle dichiarazioni di Biden – adnkronos.com e SkyTG24

Italia: una Repubblica al bivio.

Veniamo ora alla situazione italiana.
  1. In settimana, il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha presentato le Considerazioni finali in merito al 2021.

    Tra i punti toccati, l’inevitabilità dell’aumento dei prezzi delle materie e la necessità di evitare la rincorsa prezzi-salari.
    Visco ha preannunciato una riduzione del PIL italiano provocato dalle conseguenze della guerra in Ucraina. A fronte dell’aumento dell’inflazione, ha sconsigliato una crescita delle retribuzioni, che porterebbe a un ulteriore aumento dei prezzi. Per fronteggiare le sfide italiane, anche quelle precedenti alla crisi bellica, il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) viene visto come lo strumento prediletto per ridurre il debito pubblico e spezzare il ristagno della produttività, attraverso riforme e investimenti strutturali legati soprattutto alla transizione digitale e a quella ecologica.
    Visco ha inoltre posto l’attenzione sul valore dell’interdipendenza dei Paesi, contro la creazione di aree di interesse polarizzate: un mondo diviso in blocchi costituirebbe dunque un rischio, perché si perderebbe la fiducia reciproca, pur se minima. Inoltre, verrebbe meno il mercato globale e quelli che definisce i «benefici della globalizzazione», mettendo a repentaglio il nuovo equilibrio internazionale con i Paesi emergenti e la capacità di compiere azioni collettive contro le pandemie, la crisi climatica, etc. Sulle parole di Visco – ilsole24ore.com

  2. Il 2 giugno si è svolta la parata per la festa della Repubblica. La novità di quest’anno è stata la forte presenza di parti civili, oltre alla consueta componente militare.

    Hanno infatti sfilato i sindaci, ma soprattutto, per la prima volta, i rappresentanti del Servizio Sanitario Nazionale, a testimonianza dell’impegno finalizzato alla lotta alla pandemia.
    Nel 76° anniversario della Repubblica, però, è bene ricordare le molte tensioni che la attraversano e che rischiano, di anno in anno, di rendere la commemorazione un rito senza spirito. Basta citare i numeri terribili delle morti sul lavoro, la piaga del precariato, del lavoro non legalizzato, dello sfruttamento consentito dalle leggi, in uno Stato che fa del lavoro un elemento cardine della sua Costituzione. Questo senza nemmeno soffermarsi su decine di altre peculiarità che, forse persino prima della nascita della Repubblica, ci rendono fragili, a partire dallo strapotere delle mafie e da una corruzione in senso lato, che si ripercuote in modo capillare nella quotidianità di ogni cittadino. Sulla festa del 2 giugno – ANSA.it e adnkronos.com

Regno Unito: il trionfo di Elisabetta II.

Nel giorno in cui l’Italia festeggiava la nascita della Repubblica, nel Regno Unito si aprivano i festeggiamenti per i settant’anni di regno della monarca per eccellenza, Elisabetta II.

Il giubileo di platino rende onore alla regina incoronata il 2 giugno 1953, ma già proclamata tale il 6 febbraio 1952.

Il regno britannico più lungo di sempre, che supera anche i sessantatré anni di regno della regina Vittoria. Come per quest’ultima, anche la seconda età elisabettiana è già storia di un’epoca e di una dimensione, quella della monarchia britannica, che nella regina ha trovato una fortunata identità e, con essa, un’eredità complessa da portare avanti nel mondo contemporaneo. D’altra parte lo stesso Winston Churchill, il 7 febbraio 1952, pronunciava queste parole alla radio, dopo aver parlato della morte di Giorgio VI: «Ora io devo abbandonare i tesori del passato e guardare al futuro. Degni di fama sono stati i regni delle nostre regine. Alcuni dei più grandi periodi della nostra storia si sono sviluppati sotto i loro scettri. La regina Elisabetta II, così come la sua omonima regina Elisabetta I, non ha trascorso la sua infanzia con l’aspettativa certa della corona. Io, che ho vissuto la mia giovinezza nelle magnifiche, incontrastate e tranquille glorie dell’era vittoriana, provo una grande emozione nell’invocare, ancora una volta, la preghiera che è il nostro inno. GOD SAVE THE QUEEN.»
Sul giubileo – quotidiano.net, lastampa.it e bbc.com

Il discorso di Winston Churchill è citato nel libro che consiglio questa settimana, Elisabetta II. Ritratto di Regina (Mondadori, 2019), scritto da Paola Calvetti.

Molte sono le opere pubblicate negli ultimi anni sulla regnante; questa tratta la sua biografia passando attraverso i ritratti individuali e di famiglia, raccogliendo le storie dei fotografi di corte e con essi l’atmosfera di un’epoca segnata da forti novità. La regina Elisabetta II ha saputo non solo sopravvivere alla modernità odierna e della seconda metà del Novecento, ma ha avuto la capacità di interpretare il suo tempo, di far conoscere meglio la monarchia al mondo, senza però abbandonare quel nucleo di tradizioni che contraddistinguono la corona britannica.


Argyros Singh


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