Libri Recensione di Mirella Morelli. Canto degli speroni rossi di Grazia Fresu (Edigrafema). Una voce maschile per raccontare il '68 alle nuove generazioni, attraverso frammenti di immagini quasi cinematografiche.
Ho affrontato la lettura del libro di Grazia Fresu, Canto degli speroni rossi, con un misto di riverenza e di timore. Entrambi i sentimenti rispondevano a una conoscenza letteraria e personale dell’autrice quale donna di grande cultura, di impegno politico, di vissuto sociale e di alta poesia. Di lei avevo già letto sillogi e articoli, seguito online interventi di varia natura, raccolto informazioni personali. Sicché nutrivo nei confronti di questo libro grandi aspettative.Posso dire, al termine della lettura, che è risultato essere un libro magnificamente impegnativo.
Canto degli speroni rossi non si può e non si deve archiviare come il solito libro sul ’68.
Scritto in prima persona, in maniera dichiaratamente autobiografica, Grazia Fresu sceglie tuttavia come protagonista una voce maschile.Romanzo di formazione, scritto all’età di ventidue anni durante l’esperienza universitaria, narra attraverso un continuo racconto rivolto al fratello il distacco dall’isola de La Maddalena e l’arrivo a Roma, facendo di tutto ciò la metafora del cambiamento personale e del distacco generazionale.
Come metaforico taglio del cordone ombelicale, necessario per intraprendere un percorso autonomo di crescita in ogni sfaccettatura dell’esistenza, l’approdo a Roma e alla città universitaria simboleggia la nascita al mondo, al sociale, all’impegno collettivo e al mutamento.
L’Isola è velata dagli accadimenti nuovi, offuscata dall’aprirsi al nuovo mondo che cambia a ritmi vorticosi.
Attraverso step o frammenti di immagini quasi cinematografiche, Canto degli speroni rossi scorre trasportandoci in un mondo e in un tempo ben noti a chi quei tempi li ha vissuti.
Nel racconto al fratello, infatti, pare quasi di vedere ogni cosa attraverso una cinepresa che riprende ogni scena.Dopo un lunghissimo prologo, in cui troviamo molte delle passioni del Sessantotto – l’Elogio della Pazzia di Erasmo da Rotterdam, che «noi leggiamo a voce alta», e poi Roland Barthes, Brecht, Neruda – si passa al corpo del romanzo, che procede per episodi brevi, ognuno dei quali ha un titolo emblematico.
Emblematico, perché in questi titoli io vedo buona parte delle categorie fondanti e pregnanti del Sessantotto, ognuna delle quali racchiude una marea di significati.
Per esempio: "Lo scantinato", "Il confronto", "L’amore", "Comporre". E ancora "L’identità". L’occupazione. La militanza. La cultura. Il viaggio. Il teatro. Il dibattito. La manifestazione. Lo scontro. Capire.Già, capire. Tutto il libro è pervaso da questo verbo sottinteso, che rappresenta la sete del protagonista di comprendere quello che si sta vivendo, quel che sta accadendo sia a livello privato che generazionale, come un qualcosa di troppo grande per non lasciarsi trasportare da elucubrazioni, ipotesi e tentativi, sviscerando i giorni e il mondo.
Ho amato particolarmente il delicato e talvolta dolente Epilogo, in particolare l’episodio dal titolo "Ritorno": «Un giorno noi ritorneremo e saremo riconoscibili».
La descrizione minuziosa e i dialoghi in prima persona consentono una fluida immedesimazione nel vissuto dei protagonisti.
Il punto di forza del romanzo, a mio parere, consta di due elementi: in primo luogo il fatto di essere una sorta di diario, più precisamente il racconto emozionato ed emozionante di un vissuto scritto proprio negli anni di cui si parla, come una cronaca diretta.E in secondo luogo, ma ancor più importante, la scrittura, la portentosa scrittura di Grazia Fresu: vera prosa lirica, uno stile poetico che fa del romanzo quasi un poema sul ’68, una vera elegia generazionale.
Un’ultima nota sul misterioso e affascinante titolo: gli speroni rossi sono quelli che indossano i cavalieri ribelli che scendono dalle montagne alla conquista della valle, in una poesia in lingua sarda.
Ed è questa la prima della serie di metafore che, come già detto, permea l’intero romanzo.Ottanta cabaddariosP. Mura
Falan dae Supramonte
Chin d’un’acu in su coro rughinada.
A ube sun andande
Chin d’un’acu in su coro rughinata?
A ube sun juchende sa cantone de sos isprones ruios?
Ottanta cavalieri
Scendono dal Supramonte
Con un ago arrugginito dentro il cuore.
Dove stanno andando
Con un ago arrugginito dentro il cuore?
Dove stan portando la canzone degli speroni rossi?
Per il confronto generazionale diffuso nell’intero romanzo io credo che il fascino di Canto degli speroni rossi può esercitarsi non solo su chi il Sessantotto lo ha vissuto, ma essere ancor maggiore per le nuove generazioni, in coloro che oggi ne sentono parlare come una affascinante epopea giovanile di un passato molto recente, eppure così diverso dal loro presente.
Nata a La Maddalena, in Sardegna, Grazia Fresu si è laureata in Lettere e Filosofia all' Università La Sapienza di Roma, con una tesi su Les Paravents di Jean Genet.
Si è poi specializzata in Storia del teatro e dello spettacolo. A Roma ha lavorato per molti anni come docente e ha sviluppato la sua attività di drammaturga, regista e attrice, guidando anche laboratori di drammatizzazione e scrittura scenica.È anche poetessa, con quattro raccolte poetiche edite.
Ha scritto e presentato per la RAI Italiana un ciclo sulla poesia popolare nelle diverse regioni del paese e ha partecipato al programma La notte dei miracoli, incontri sulla letteratura e l'arte.
I suoi testi teatrali sono andati in scena, molti con la sua regia, in Italia e anche in Argentina, rappresentati nel Teatro Coliseo di Buenos Aires, nel Teatro Plaza di Godoy Cruz (Mendoza) e nel Teatro Quintanilla di Mendoza.
Con mandato del governo italiano (Ministero degli Esteri), nel quadro di accordi interculturali, ha lavorato a Buenos Aires nel campo dell'educazione e della promozione culturale.
Dal 2008, per molti anni, ha insegnato letteratura italiana e critica letteraria nel Profesorado de lengua y cultura italiana della Università Nazionale di Cuyo.Ha presentato in seminari e conferenze, il suo lavoro di ricerca su temi di letteratura italiana e argentina e su problematiche culturali, educative e sociali.
Oltre a Canto degli speroni rossi ha pubblicato le sillogi poetiche Canto di Sheherazade, Dal mio cuore al mio tempo, Come ti canto, vita?, L’amore addosso.
Inoltre Grazia Fresu collabora con numerose riviste online ed è molto attiva in alcuni gruppi social, tra cui quello Facebook Tra Parole e Immagini, per cui ha scritto alcune favole entrate a far parte dei calendari annuali dello stesso.
Hai scritto tante opere. Ma qual è il libro che avresti voluto scrivere, e perché?
Le città invisibili di Italo Calvino. Un libro magnifico, con una scrittura che mi ha affascinato, un linguaggio visionario e insieme di estremo rigore che ci guida in un viaggio esistenziale di rara bellezza per queste città che Marco Polo racconta al Gran Khan mostrandogli l’intangibile sconosciuta realtà del suo regno, città invisibili ma di raffinata presenza, che mostrano, nella loro struttura e nel loro immaginario, la complessa realtà dei sogni e la rete con cui si costruisce il mondo in cui viviamo. Presenta inoltre almeno quattro modi differenti di leggerlo che tracciano itinerari nuovi, che guidano il lettore a vivere la sua esperienza di lettura come una sfida alla sua intelligenza e sensibilità.La narrazione apre una scatola magica che ne contiene altre e ti cambia ogni volta la prospettiva di ciò che leggi, portandoti proprio nella profondità di quell'inferno, citato alla fine del libro, da cui si può uscire solo con gli strumenti di ciò che inferno non è (l’arte, la letteratura, la bellezza) e che l'autore dissemina a piene mani in ogni pagina.
Cosa si è detto di te che ti ha fatto felice e cosa ti ha offeso?
Premetto che niente mi ha mai offeso di quanto si è detto su di me. Le recensioni ai miei libri sono sempre state positive, al massimo posso aver desiderato, raramente, che alcuni aspetti dei testi fossero maggiormente approfonditi, ma sono comunque grata a chi mi ha letto e interpretato con attenzione e serietà.Quello che mi ha fatto felice sono stati soprattutto gli interventi che hanno messo in luce la mia scrittura, la sua forza poetica, la sua originalità e la capacità di rendere visibili con un linguaggio raffinato ma accessibile le storie raccontate. Allo stesso modo amo che il lettore e il critico mettano in risalto oltre che l’esattezza del linguaggio anche la sua forza emotiva capace di provocare empatia rispetto alle storie narrate.
Hai un sogno letterario nel cassetto?
Pubblicare gli altri due romanzi che ho nel cassetto, La donna delle isole e La voce del faro, scritti durante la pandemia, e altre tre sillogi poetiche già pronte.Mandare avanti il romanzo che sto scrivendo su di me e le mie amiche. Eravamo molto giovani quando promisi a me stessa e a loro che avrei raccontato, trascorsa una parte considerevole della vita, la nostra storia di donne, la nostra storia di amiche. Lo sento come un tributo necessario alla nostra amicizia che niente ha mai sconfitto, che ci ha accompagnato in tutte le esperienze felici e dolorose. Per me, come scrittrice, è anche una considerevole sfida, come lo è stata sempre in ogni romanzo che ho scritto: trovare la voce narrante giusta per raccontarci. Credo che ogni storia abbia un suo linguaggio specifico che possa narrarla al meglio e trovarlo è il compito di ogni scrittore e anche ciò che lo definisce come tale.
Canto degli speroni rossi
di Grazia Fresu EdigrafemaNarrativa
ISBN 978-8898432462
Cartaceo 13,00€
Sinossi
In un dialogo costante con il fratello, un giovane della generazione del '68 racconta in prima persona le esperienze, gli incontri che lo hanno segnato, il suo allontanamento dalla terra d'origine, la Sardegna, l'arrivo a Roma per iscriversi all'università e, attraverso i luoghi deputati della crescita sociale e politica della gioventù di quegli anni e gli avvenimenti dell'epoca, il suo percorso umano di formazione e di crescita. Nello stretto rapporto tra fratelli, la storia si sviluppa in quadri come in una sequenza cinematografica dove per frammenti si ricostruisce una storia personale e generazionale che attraversa i luoghi fisici e mentali di un tempo che ha cambiato il mondo nella profondità dei desideri e delle coscienze. Gli speroni rossi sono quelli che, in una poesia in lingua sarda, indossano i cavalieri ribelli che scendono dalla montagna alla conquista della valle dove tutto è possibile.
Mirella Morelli Mirella Morelli è nata a Venafro, nel Molise, ma da anni vive a Fabriano, nelle Marche. Laureata in Scienze Politiche, è impiegata amministrativa in un’azienda sanitaria, è sposata e madre di due figli. Alcuni suoi racconti e poesie sono inclusi in antologie (Grande come la terra, 2015; Veglia, 2016), ma Il volo del soffione rappresenta il suo esordio letterario individuale. Fa parte dello staff di Cultura al femminile, sito letterario per il quale recensisce libri di poesia e non solo; da qualche anno è giurata per la Sezione Poesia del Premio Nazionale di Narrativa e Poesia “Città di Fabriano”. |
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