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Il cinema autobiografico di Woody Allen

Il cinema autobiografico di Woody Allen

Cinema Di Davide Dotto. Il cinema "autobiografico" di Woody Allen, regista, interprete e soprattutto scrittore. È legittimo vederlo come la sintesi dei personaggi che ha interpretato?

Chi ha confidenza con il suo cinema potrebbe domandarsi chi sia in realtà Woody Allen, quale sia il ritratto più fedele di questa presenza silenziosa e inafferrabile dietro la macchina da presa, se sia legittimo vederlo come la sintesi dei personaggi che ha interpretato o nei quali si è proiettato, assorbendo qualcosa da ognuno di essi.

Lo psichiatra Elie Cheniaux nell’esauriente e minuzioso Woody Allen: Autobiographical films? si chiede quanto sia dovuto all'estro del regista, e quanto invece al puro desiderio di rappresentare se stesso.

Difficile immaginarlo dotato di una corazza adamantina, dentro la quale può ben rifugiarsi senza danno l’essere più fragile, insicuro, imbranato e nevrotico di questa terra: «Genius me? So, what to say of Shakespeare, Mozart, or Einstein? No, no, I am nothing but a commedian from Brooklyn who was very lucky in life».
Eppure deve essere così. C'è dell’altro rispetto al suo essere “nevrotico”, “claustrofobico”, “ipocondriaco”, un ingrediente che Woody Allen si è guardato bene dal confidare, e lo rende perfetto psicoanalista e impresario di se stesso.
However, Woody Allen says he is not the neurotic character of his fancy in his own real life. Moreover, he denies being neurotic (!)
[...] Woody also deneis that his work is autobiographical. Elie Cheniaux, Woody Allen: Autobiographical films?, Independently published


I suoi film, ma anche i racconti, sono un efficace antidoto contro una malinconia che scorre sottotraccia, e alimenta profonde riflessioni non abbandonate al caso.

In questo modo egli si muove tra drammi (Interiors, Settembre, L’altra donna, Crimini e misfatti, La ruota delle meraviglie), commedie (Prendi i soldi e scappa, Io e Annie, Misterioso omicidio a Manhattan, La maledizione dello scorpione di Giada, Un giorno di pioggia a New York) e momentanee vie di fuga (La rosa purpurea del Cairo, Midnight in Paris).
Italo Calvino esortava a non incontrare mai gli autori, dato che nella vita reale possono non corrispondere all'immagine derivata dai libri. La cosa, se non altro, confonderebbe autore e narratore, o autore e personaggi. Nel nostro caso significherebbe però lamentarci del contrario (perché Woody Allen, personaggio egli stesso, assomiglia moltissimo a quelli che ha creato) e quindi di un'opera autoreferenziale.
Si deve ammettere che l’esame delle fonti “autobiografiche” in sé e per sé possa non dire molto sulle tecniche narrative, di composizione e di montaggio. Gli stessi attori sono invitati a portare qualcosa di sé nella costruzione del personaggio, il copione non è rigido come si potrebbe pensare.

L'“l’autobiografismo” più o meno spinto può accompagnarsi a recitazione e immedesimazione.

La scelta stessa degli interpreti ricade su coloro che per indole possano al meglio incarnare o sviluppare un “character” particolare.
È quello che succede – ci ricorda Elie Cheniaux – a Diane Keaton (pseudonimo di Diane Hall) la cui protagonista (in Io e Annie/Annie Hall, 1977) è «an affable version of herself»; gli stessi abiti sono quelli di Diane («Came right from Diane’s closet»).
Io faccio affidamento sugli attori, gli lascio cambiare tutte le battute che desiderano e non li dirigo mai, a meno che, secondo me, stiano facendo qualcosa di sbagliato. Eric Lax, Woody Allen dall’inizio alla fine. Un anno sul set con un grande regista, Utet

Come spiegare altrimenti una carriera lunga oltre cinquant'anni e una vena artistica lungi dall'esaurirsi?

La regia non manca di rigore: gli ingranaggi del collaudato meccanismo si muovono in autonomia e sintonia. È ingranaggio egli stesso: regista, interprete, soprattutto scrittore.
Le sue sceneggiature, le sue opere teatrali, i suoi racconti… sono materiale di eccellente qualità letteraria. Natalio Grueso, Woody Allen. L'ultimo genio, Salani Editore

Davide Dotto


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