Gli scrittori della porta accanto

Recensione: Enter Ghost, di Isabella Hammad

Recensione: Enter Ghost, di Isabella Hammad

Libri Recensione di Davide Dotto. Enter Ghost di Isabella Hammad (Grove Press). Tra passato e presente, il racconto della "questione palestinese" e del fantasma di Amleto che intimidisce, rivela, e parla alla coscienza.

Enter Ghost, secondo romanzo di Isabella Hammad, uscito di recente negli Stati Uniti e non ancora tradotto in italiano, è un romanzo che invita a uno sguardo multiprospettico. Tra affetti e politica, passato e presente, si pone all’esterno di eventi e situazioni, ma non troppo. Si muove come un drone in modo da cogliere la realtà dall'alto, e cercare di rappresentarla nella sua totalità.
Enter Ghost racconta di Sonia Nasir che, dopo undici anni di assenza, torna a Haifa, in Israele, dove vivono la sorella maggiore Haneen e altri parenti.

Sonia Nasir ha il passaporto britannico ed è di origine palestinese.

All'ingresso, è sottoposta a un controllo meticoloso che sfiora l’interrogatorio. Il rientro, sotto ogni aspetto, è traumatico.
I hadn’t prepared myself for this bodily impact, the memory of my senses. Isabella Hammad, Enter Ghost
In Gran Bretagna è attrice e insegnante, ha calcato le scene e recitato in qualche serie TV, tanto basta per capire che il teatro ha i suoi alti e bassi, è spietato con gli attori, e non è tenero nemmeno con quelli più intraprendenti. In questo mondo parallelo, in apparenza più congeniale, la “Palestina” è un discorso messo da parte.

A Haifa Sonia Nasir è in vacanza, in pausa da se stessa e dai grandi dilemmi che bussano alla coscienza.

In Israele, e in Cisgiordania, ci sono molte questioni irrisolte, ma anche il teatro, di tradizione e lingua araba. Sonia, a poco a poco, verrà trascinata in una riproposizione dell’Amleto dietro la regia di Mariam, un’amica di Haneen. Manca Gertrude, la regina di Danimarca. Perché non impersonarla?
Tutto in una volta entrano in gioco, oltre la questione palestinese, la sua vita, i parenti, la famiglia. Ciò la avvicinerà a una realtà che ha guardato da lontano, rifletterà su un certo modo di ritrasporre Shakespeare e il suo Amleto, sulla possibilità di attingere a qualche fantasticheria salvifica e dare un senso a quel particolare presente.

Perché dietro il genio di Shakespeare c’è sempre la Gran Bretagna e la tentazione (o la necessità) di una rivisitazione politica forte, inevitabile e indispensabile.

C'è tuttavia molto altro, perché un po’ tutti sono fuori sincrono, persi nel tempo e nello spazio, nessuno è al suo posto. È quasi indifferente trovarsi in Inghilterra («England is awful») o a Haifa (in vacanza, a trovare i parenti). Finché prevalgono «stanchezza, straniamento», noia e apatia, finché ci si sforza di mantenere un difficile distacco per tenersi lontani dalla cronaca e dalla violenza degli scontri, e non si trova un centro, le audizioni e le prove dell’Amleto ne soffrono, la recitazione ne risente.

Tra vita reale, pièce teatrale, qual è il proprio ruolo, il proprio spazio, il proprio tempo? Quale identità affermare o negare, quale passaporto, quale cittadinanza?

Il senso della realtà da recuperare (o recuperato) dipende da troppi punti di vista, e non ve ne sono di privilegiati. Vi è quello israeliano, quello palestinese, ma anche quello occidentale.
Molto dipende dalla vicinanza geografica: hanno voce in capitolo le strade, gli odori, i ricordi («il ritorno alle atmosfere dell’intifada della propria adolescenza»). Si seguono le notizie alla TV e non ci si parla. Se si discute, si abbassa il volume, che bastano le immagini.
With the intifada coming to a end, the television was on even more than usual. We watched the developments like the sequence of a soap opera. Isabella Hammad, Enter Ghost
Al senso di straniamento può seguire una sorta di risveglio, con la consapevolezza che vi siano un “dentro” e un “fuori”, una terra di confine, né un qui, né un là. Ecco trovato il “centro”, una “borderland”, e un altro genere di reminiscenze.

In che modo Amleto ha a che fare con il conflitto arabo-israeliano? Qual è il suo sotto testo?

Tra le righe si disegna l’Amleto che conosciamo: un personaggio chiamato ad affrontare la propria tragedia (prima ancora che le proprie responsabilità), e con essa a consumare una vendetta che gli chiede di essere “crudele” e velenoso. La crudeltà e il veleno covati dentro di sé dovranno esplodere all’esterno. Ma per far questo, l’attore dovrà rivestirsi di un odio implacabile, e da qualche parte estrarlo, respirarlo e ributtarlo fuori, in una difficile catarsi.
Il fantasma che entra sulla scena («enter Ghost») deve essere riconosciuto come proprio.
Sonia, grazie alle sue “fantasticherie”, si immedesima in Gertrude, la regina di Danimarca che rappresenta il territorio occupato, il territorio nemico, il territorio devastato e conteso tra popoli in guerra.

Ci riesce accedendo (con facilità e sofferenza) ai sentimenti che servono («I needed them, to manipulate without emotional cost the material of my self»).

Manipola nello sforzo creativo la propria coscienza, evoca qualcosa dal nulla fino a crederci e averne paura. Così faranno gli altri interpreti, non senza difficoltà.
Non si nasconde che la rivelazione (o la illuminazione) che ne discende è devastante quanto l’apparizione del fantasma di Amleto: perché produce la tragedia, mostra il punto di non ritorno, ma anche una lucidità assoluta non lontana dalla follia , come accade in Midhat Kamal protagonista di Il parigino, primo romanzo di Isabella Hammad.
Je suis complètement lucide. Une lucidité absolue. Qu’est-ce que c’est, qu’est-ce que c’est cette folie? Isabella Hammad, Il parigino

Amleto è chiunque permetta l’ingresso sulla scena del “fantasma”, che cambia le carte in tavola e assume le sembianze di un indeclinabile destino.

Per forza di cose è il regista chiamato ad allestire una messinscena di attori di passaggio, ma è anche l’attore che rappresenta se stesso, al centro del palco (non fa così Mariam?).
Ciascuna figura ha la sua centralità, il pubblico non è estromesso dal dramma, ma protagonista assoluto e destinatario, se non di un messaggio, di una nuova consapevolezza.
L’Amleto stesso di Shakespeare è il fantasma che entra e parla alla coscienza; e fantasma è il dramma portato in scena, qualcosa che intimidisce e rivela.
Sono, nell’insieme, presenze che si riassumono in un unico verbo (acting, to act) che, in un gioco di parole tutto in inglese, indica e trascende una volta di più il mestiere dell’attore.
“Right. It’s the time for acting”
“Acting, yes” he said.” In English it is a nice play to words.
Isabella Hammad, Enter Ghost


Enter Ghost

Enter Ghost

di Isabella Hammad
Grove Press | Vintage Publishing
Narrativa EN
ISBN 978-0802162380
Cartaceo 23,73€
Ebook 14,99€

Quarta 

After years away from her family's homeland, and reeling from a disastrous love affair, actress Sonia Nasir returns to Haifa to visit her older sister Haneen. While Haneen made a life here commuting to Tel Aviv to teach at the university, Sonia remained in London to focus on her acting career and now dissolute marriage. On her return, she finds her relationship to Palestine is fragile, both bone-deep and new.
When Sonia meets the charismatic and candid Mariam, a local director, she joins a production of Hamlet in the West Bank. Soon, Sonia is rehearsing Gertrude's lines in classical Arabic with a dedicated group of men who, in spite of competing egos and priorities, all want to bring Shakespeare to that side of the wall. As opening night draws closer and the warring intensifies, it becomes clear just how many obstacles stand before the troupe. Amidst it all, the life Sonia once knew starts to give way to the daunting, exhilarating possibility of finding a new self in her ancestral home.
Timely, thoughtful, and passionate, Isabella Hammad's highly anticipated second novel is an exquisite story of the connection to be found in family and shared resistance.

Davide Dotto


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