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Recensione: A casa, di Sandrine Martin

Recensione: A casa, di Sandrine Martin

Libri Recensione di Stefania Bergo. A casa di Sandrine Martin (Tunuè). Ispirato a un progetto antropologico, un graphic novel che parla di immigrazione e maternità, dell'incontro tra due donne – due mondi – che diviene mutuo soccorso.

A casa è un graphic novel di Sandrine Martin. Si ispira a un progetto antropologico diretto da Vanessa Grotti, antropologa sociale dell’Università di Bologna, sulle relazioni umane tra due universi che si incontrano: quello delle migranti incinte e quello del personale sanitario che se ne occupa nelle zone di frontiera, come Atene, al centro di questo graphic novel, ma anche Melilla, Lampedusa, la Guyana francese e Mayotte.

A casa si basa sullo studio condotto tra il novembre del 2016 e il luglio del 201 da Cynthia Malakasis su cinque donne siriane in merito alle cure mediche fornite alle migranti ad Atene.

Mona, rifugiata siriana in Grecia, è dunque la combinazione di elementi emersi dalle narrazioni di queste cinque donne. Vive ad Atene, in una tendopoli allestita dall'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, l'UNHCR, in un vecchio aeroporto in disuso. Divide la tenda con Suleiman, il suo compagno, e l'aeroporto con altre decine e decine di famiglie. E oltre ad attendere il permesso di poter finalmente andare in Germania dove, in qualità di rifugiata, avrà diritto a una vera casa e a un lavoro, attende anche un figlio.
Monika è un'ostetrica greca e lavora al Centro Medici del Mondo. Nella sua vita da precaria, stressante e ripetitiva, l'incontro con Mona è quasi una salvezza, seguire la sua gravidanza le ricorda perché ama il suo lavoro. Questo stimolo rinnova la sua volontà di lavorare in proprio per supportare le immigrate, gestendo il parto in modo più empatico, mettendo al centro le future madri, tenendo conto dei background differenti. Ha una bambina piccola, la suocera invadente se ne occupa quando lei è al lavoro, mentre il marito Christos è intento a cercarne uno nuovo in un campo, l'edilizia, che sta conoscendo un grave periodo di crisi.

Al consultorio le due donne si incontrano e le loro vite si incrociano, si incrociano i loro sogni, le loro difficoltà.

Mona ha studiato ingegneria civile a Damasco, ma sognava di fare la scrittrice o la pittrice. Il padre voleva solo che si laureasse, la madre che diventasse medico. E così lei si è cristallizzata in una bolla di fumo, conscia che da fuori nessuno la conosca davvero. Tutto questo in un Paese in cui la guerra corrode le possibilità e le aspettative. Un Paese da cui riesce ad andarsene, in un viaggio provante, lo stesso che la maggior parte dei migranti compie: il passaggio delle frontiere di notte, le soste in attesa degli scafisti, gli arresti, il mare grosso, i morti cui devi passare accanto senza vederli, l'accoglienza dall'altra parte, le settimane a Lesbo al Campo profughi di Morira, tra fame, miseria, rabbia, promiscuità, attesa, l’arrivo ad Atene, la tendopoli, il trasferimento in un edificio occupato, l’eterno sogno della Germania.

Il percorso che ha portato Mona ad Atene è lungo.

La sua storia passata la conosciamo immagine dopo immagine, con un tratto in blu e rosso che fa pensare ai colori della matita a due punte con cui si sottolineano gli errori o le cose importanti da ricordare. È lei che narra la sua storia, in prima persona, tra un discorso diretto e l'altro, riferendosi a suo figlio fin dal concepimento. Mentre Monika narra la sua, con altri colori: blu e arancione. Donne differenti ma con tratti, anche cromatici, in comune. Le loro storie sono simili, le unisce molto più di quello che le divide. Ognuna è protagonista della propria, la racconta così come la guida attraverso le pagine e il tempo.

Mona e Suleiman inseguono ogni possibilità per iniziare una nuova e dignitosa vita in Germania in cui far nascere loro figlio.

Non più un'esistenza di rifugiati precari ma una gravida di promesse e possibilità – quella cui tutti avrebbero diritto. Lo fanno dapprima secondo le regole burocratiche, ma di appuntamento in appuntamento, di funzionario in funzionario, vengono rimbalzati nello spazio e nel tempo. Arrivando a ridosso del parto con un nulla di fatto.
Monika si distacca dal marito, con cui ha sempre meno in comune – Christos non comprende le sue esigenze professionali e personali –, affronta di petto l'invadenza di una suocera che non rispetta il suo ruolo di madre, inizia a lavorare in un suo ambulatorio di assistenza alle madri straniere. Mona diventa la sua interprete. Si cementa così la loro amicizia.

Sandrine Martin ci racconta l'immigrazione con pastelli leggeri ma allo stesso tempo intensi, marcati, laddove le emozioni si fanno tangibili e sembra di sentire i pensieri, le ansie, le aspettative di Mona e Monika.

Ma protagonista è anche la maternità. Al di là della gravidanza di Mona, con Monika e il corollario di altri personaggi si snoda la narrazione di una maternità che sembra non appartenere alle madri. C'è chi decide per loro – cesareo o parto naturale? – chi dispensa consigli che paiono ordini, giudizi di idoneità, e questo accade anche senza barriere linguistiche, anche senza precarietà.
C'è molto, in questo graphic novel. Soprattutto il bisogno di casa: di un luogo a cui tornare e da cui ripartire, di uno stato mentale che ci fa sentire al sicuro. Casa è accoglienza e prospettiva, è radici e futuro in movimento. E comncia ad esserlo quando sappiamo di essere arrivati nel posto giusto.

A casa

A casa

di Sandrine Martin
Tunué
Graphic novel
ISBN 978-8867904303
Cartaceo 16,60€

Quarta

Il graphic novel scritto da Sandrine Martin, racconta la vita di due donne: Mona, profuga siriana che, appena approdata ad Atene, scopre di essere incinta, e Monika, ostetrica che lavora al centro d'accoglienza al quale si è rivolta la donna siriana. La narrazione si sviluppa lungo tutta la durata della gravidanza di Mona, iniziando ad Atene – dove lei e suo marito sono approdati dopo esser scappati dalla Siria – e concludendosi a Berlino, meta dei due coniugi, dove raggiungeranno la sorella di Mona. Tra le due si sviluppa una forte empatia che le porterà, nel corso della storia, ad instaurare una solida amicizia. Il racconto a fumetti è ispirato al progetto EU Border Care, condotto da un'equipe di antropologhe dirette da Vanessa Grotti – antropologa sociale dell'Università di Bologna – nei principali snodi di flussi migratori, quali Atene, Melilla, Lampedusa, la Guyana Francese e l'Isola Mayotte. EU Border Care è l'acronimo di un progetto di ricerca quinquennale finanziato da un ERC Starting Grant (2015-2020). Si tratta di uno studio comparativo delle politiche sulla maternità tra migranti privi di documenti nelle periferie dell'Unione Europea. Lo scopo di EU Border Care: A differenza di altre categorie di migranti, le donne incinte e senza documenti sono un fenomeno in crescita, ma vi sono pochi studi di scienze sociali o sulla salute trattano l'assistenza alla maternità per migranti all'interno dell'Unione Europea. Questo argomento tuttavia ha delle implicazioni urgenti: i recenti eventi geopolitici del Nord Africa e del Medioriente hanno scatenato un notevole aumento di donne in gravidanza che entrano nell'Unione Europea con situazioni irregolari e presentando una serie di problematiche che i servizi di maternità in prima linea sulle frontiere dell'Unione Europea devono affrontare, spesso con poca preparazione o poco supporto da parte delle autorità nazionali o internazionali. Come funziona EU Border Care: EU Border Care si pone come obiettivo quello di tracciare una rete di servizi di assistenza alla maternità nelle periferie europee che si trovino ad affrontare un incremento di flussi migratori. Il team del progetto si impegna ad analizzare il tema della maternità migrante attraverso tre prospettive di ricerca interconnesse: le donne migranti, il personale sanitario e le agenzie istituzionali regionali.




Stefania Bergo


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