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Recensione: Tre ciotole, di Michela Murgia

Recensione: Tre ciotole, di Michela Murgia

Libri Recensione di Elena Genero Santoro. Tre ciotole. Rituali per un anno di crisi di Michela Murgia (Mondadori). Inusuale, sperimentale, una raccolta di tasselli, emozioni e situazioni che perde mordente dopo i primi racconti e non lascia il tempo di empatizzare coi personaggi.

Inusuale, sperimentale; il primo racconto, ricalca le ultime interviste rilasciate dall’autrice e suona come autobiografico. Alla protagonista viene spiegata la situazione del suo tumore e delle sue metastasi e lei, a quel tumore, dà un nome in coreano.
Il resto no, con Michela Murgia non c’entra nulla, o per lo meno, non in modo immediato ed evidente in base a ciò che il lettore medio conosce di lei.

Alcuni personaggi sono connessi tra loro, altri invece sembrano piovere dal cielo.

Nessuno ha un nome né una conclusione e al lettore rimangono gli interrogativi.
Mi aspettavo che tra i vari capitoli ci fosse una concatenazione, che comparisse almeno un elemento di un altro racconto, ma il legame, talvolta molto blando, tra i diversi episodi, è meno sistematico di quanto ci si sarebbe attesi.
Il leitmotiv dello smottamento emotivo è evidente, anche il cancro accompagna molti momenti della narrazione.
Una spruzzata di erotismo in qualche scena, che l’editor le avrà detto che serviva per vendere.
Non impazzisco per le raccolte di racconti perché dopo un po’, nel tentativo di abbracciare un filo conduttore, le parti diventano ripetitive e smettono di sorprendere.

Anche Tre ciotole, tolti i primi capitoli, perde mordente e i personaggi si appiattiscono.

Ciò avviene pure a livello lessicale, con più frasi a effetto all’inizio, e poi sempre meno scoppiettante man mano che si prosegue.
Qualcuno si scandalizzerà per la donna che odia i bambini e intraprende una gestazione per altri, per fare un favore a un amico. Costei si scaglia senza pietà contro i minori di dodici anni, che urlano, che piangono, che corrono, che respirano, che esistono.
A me tutto sommato non ha fatto né caldo né freddo: in qualche passaggio l’ho trovata grottesca. Del resto la scrittura è un lavoro di immedesimazione, quasi teatrale. Murgia interpreta in quel capitolo un punto di vista molto comune e nemmeno del tutto sbagliato: condivido in pieno quando critica l’educazione di facciata, ipocrita, che si basa sulla paura delle punizioni anziché sul rispetto.

Tuttavia, i racconti scorrono così veloci che c’è troppa poca storia per empatizzare con i singoli protagonisti.

Anche i malati di cancro, che sono tanti, scivolano via senza coinvolgere il lettore. L’atmosfera generale è rarefatta.
Ma il topo innocente, morto ammazzato (male) da tre ragazzini annoiati, mi ha lasciato uno struggimento e un senso di rabbia che non riesco a contenere. Sono rimasta a lungo sottosopra dopo che ho letto.
La stessa Murgia che presta voce esplicita e furiosa al personaggio child-free e lo usa per dare una feroce stoccata ai genitori, con l’episodio del topo e dell’orrore gratuito su una creatura casuale e indifesa, predilige i non detti e i sottointesi. Il topo massacrato per evidenziare la ferocia innata di tre viziati a cui i genitori non hanno mai alzato le mani. Nonostante un’educazione pacifica, loro sono crudeli e violenti ugualmente. E nemmeno se ne rendono conto. La banalità e l’ordinarietà del male.
Sarà che io coi piccoli roditori simpatizzo dai tempi di Tom e Jerry. Quindi non ho apprezzato.

Può un singolo episodio rovinare il gusto di un libro intero? Può. È come mettere aceto al posto dell’olio sulla pasta.

Michela Murgia è una donna di intelligenza rara. Anche se non condivido tutte le sue posizioni, è una persona da stare a sentire. Ma non consiglierò caldamente la lettura di questo libro. Questa raccolta di tasselli, di emozioni, di situazioni, a mio parere, non è l’opera omnia che la sua mente acuta poteva partorire. Si legge in fretta, ma vedete voi.


Tre ciotole
Rituali per un anno di crisi

di Michela Murgia
Mondadori
Racconti
ISBN 978-8804774891
Ebook 10,99€
Cartaceo 18,00€

Quarta

S'innamorano di una sagoma di cartone o di un pretoriano in miniatura, odiano i bambini pur portandoseli in grembo, lasciano una donna ma ne restano imprigionati, vomitano amore e rabbia, si tagliano, tradiscono, si ammalano. Sono alcuni dei personaggi del nuovo libro di Michela Murgia, un romanzo fatto di storie che si incastrano e in cui i protagonisti stanno attraversando un cambiamento radicale che costringe ciascuno di loro a forme inedite di sopravvivenza emotiva. "Una sera ti metti a tavola e la vita che conoscevi è finita." A volte a stravolgerla è un lutto, una ferita, un licenziamento, una malattia, la perdita di una certezza o di un amore, ma è sempre un mutamento d'orizzonte delle tue speranze che non lascia scampo. Attraversare quella linea di crisi mostra che spesso la migliore risposta a un disastro che non controlli è un disastro che controlli, perché sei stato tu a generarlo. In stato di grazia, Murgia scrive per tutti noi un libro estremamente originale che rimanda a una costellazione di altri grandi libri: Il crollo di Fitzgerald, Lo zen e il tiro con l'arco di Herrigel e L'anno del pensiero magico di Didion.


Elena Genero Santoro


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