Gli scrittori della porta accanto

Da Grey's Anatomy ai documentari, basta saper scegliere...

Forse stavo ancora frequentando le superiori quando la televisione italiana si riempì di serie tv provenienti dagli Stati Uniti.
Fu il boom delle serie criminali. Sembrava di entrare nella mente di un omicida seriale, cercare di capirne le modalità di ragionamento, anticiparne le mosse. Persone così perfide da compiere azioni talvolta assurde e ingiustificabili. 
“Fortuna che è solo finzione!”, pensavo, ogni qual volta mi sedevo sul divano a gustarmi una di quelle puntate. 
Adesso, purtroppo, non penso più che sia solo finzione perché anche i miei occhi hanno visto, sempre tramite lo schermo di un televisore, che le azioni umane possono nella realtà eguagliare o addirittura superare in cattiveria quelle di un film. Ma ciò di cui voglio parlarvi è un argomento frivolo e non mi soffermerò quindi sugli avvenimenti accaduti nelle ultime settimane in Europa e in Medio Oriente. 
Torniamo allora ai telefilm.

In cima alla lista delle serie criminali, per il grande successo ottenuto, troviamo CSI: Crime Scene Investigation, seguita da NCSI, Bones, Prison Brake e I Soprano, tanto per citarne alcune. Le prime parlavano di criminali inseguiti da poliziotti o da squadre speciali addestrate per stanare anche il più nascosto dei malviventi e per risolvere anche il più intricato degli omicidi. Le altre invece raccontavano l’altra parte della storia, quella vissuta da chi sta scappando dalla legge, da chi vive nell’illegalità per scelta o per necessità.
Per quanto mi riguarda, di pari passo alle serie di ispirazione criminale, mi appassionano anche le serie ambientate in ospedali. Quando andavo ancora a scuola erano i tempi di Nip&Tuck, della pietra miliare ER: Medici in prima linea, dello stravagante DR House, dei divertenti personaggi di Scrubs
Ero così appassionata di serie televisive di questo tipo che ogni qual volta mi capitava di andare in un paese dove la trasmissione del programma fosse più avanti rispetto all’Italia, cercavo di trovare i cofanetti in DVD o di vederne qualche puntata che mi anticipasse il proseguimento.

Poi un giorno, anni dopo aver terminato la scuola, anni dopo aver viaggiato per il mondo e aver per lunghi periodi vissuto senza televisione, sono tornata in Italia e mi sono trovata per qualche mese con molto tempo libero a disposizione. Tempo che trascorrevo scrivendo, giocando con mia figlia ancora molto piccola, leggendo, coltivando diverse passioni, andando in palestra. Ma il tempo, purtroppo o per fortuna, era davvero tanto e allora mi sono ritrovata di nuovo a guardare la televisione alla ricerca di una serie che mi potesse prendere tanto quanto le mie amate serie criminali. 
Mi sono imbattuta in Grey’s Anatomy ed è stato subito amore. 
C’era tutto: personaggi dalla spiccata bellezza, come il celebre Derek Sheperd alias Patrick Dempsey, storie d’amore complicate, amicizie importanti, difficilissimi casi medici quasi sempre risolti con successo. 
Tra un libro e un altro, aprivo il computer e guardavo un paio di puntate al giorno, la sera dopo aver messo a letto mia figlia, fino a che non mi sono messa in pari.

ATTENZIONE SPOILER!!!
Non leggete quanto segue, riprendete a leggere più avanti.

Ma proprio quando tutta la storia sembra aver preso finalmente la giusta piega - perché io sono e rimarrò sempre una inguaribile romantica amante del lieto fine - quando la protagonista, la chirurga Meredith Grey, ritrova la pace e la serenità con il marito Derek, neurochirurgo di fama nazionale, diventa madre di tre bambini, diventa proprietaria insieme ad altri medici dell’ospedale nel quale lavora, sopravvive ad incidenti aerei, annegamenti, tradimenti, incendi, sparatorie, insomma, proprio quando tutti sembrano essere “felici e contenti”... ecco che Derek muore. Una morte assurda per un medico come lui: morte celebrale a causa di cure mediche non ricevute in tempo dopo un incidente stradale. Così, senza nemmeno dare il tempo agli appassionati telespettatori, di prepararsi per la tragica vicenda.
Un evento conclusivo di stagione così tragico da lasciare una certa ansia nel cuore degli spettatori. Poi negli USA va in onda, dopo mesi di silenzio, la nuova inedita stagione e io, che non so aspettare con pazienza, che anche quando faccio un regalo di Natale a mia figlia riesco a stento ad attendere che arrivi Babbo Natale per farle aprire il pacco, inizio a seguire, settimana dopo settimana, le nuove puntate. Mi aspettavo una Meredith distrutta, una vedova in lacrime, una madre di tre figli che cerca di rimettere insieme i pezzi della sua vita, che sacrifica il lavoro, come nella vita reale accade, per stare con i figli che si sono ritrovati di colpo senza un padre. E invece no. Lei lavora quindici ore al giorno, i figli non si vedono mai e abbiamo la certezza che esistano solo perché di tanto in tanto lei ricorda di averli, è sorridente e non nomina mai il defunto marito. Una reazione surreale. Nemmeno una lacrima, dal funerale ad oggi nemmeno una goccia.
Non demordo e continuo, tra un ebook e l’altro, tra una puntata di Low&Order e l’altra, a guardare ogni settimana Grey’s Anatomy, nella speranza di ritrovare una qualsiasi reazione umana in Meredith, nella speranza che avvenga un patatrac, perché una serie senza un colpo di scena non è una serie. Ed eccolo lì! Chi arriva come nuova recluta dell’ospedale dove la dottoressa Gray lavora? Arriva l’ultima persona al mondo che sarebbe dovuta arrivare: proprio quella dottoressa che, la sera in cui Derek ebbe l’incidente, non riuscì a salvarlo in uno sperduto e non molto attrezzato ospedale di provincia.
Sulle orme di Beautiful, da quando questa giovane dottoressa arriva al Grey Sloan Memorial Hospital, la nostra amata Meredith va in tilt, diventa nervosa, scontrosa e spesso antipatica. Ecco la reazione che aspettavo! Ma la cosa degenera, e lei, in barba alle unioni familiari e alle parentele, litiga con la sorella del suo defunto marito. Mentre litiga con sua cognata, va in chiesa sperando che suo marito da lassù le possa indicare il comportamento migliore da avere con questa inesperta dottoressa che l’ha ucciso. E l’illuminazione ricevuta cosa le dice? Di essere gentile.
Ora, va bene il perdono, va bene il porgere l’altra guancia. Ma nella vita reale, se si fosse costretti a lavorare a contatto giorno e notte con la persona responsabile in qualche modo della morte di nostro marito o di nostra moglie, saremmo davvero così gentili?
In tutto questo, tra amori che sbocciano, e casi critici di pazienti che rischiano la morte, dei suoi tre bambini nemmeno l’ombra.
La serie continua a piacermi ma devo ammettere che, quando le cose vanno per le lunghe, a volte i racconti narrati rasentano l’assurdo

Tra i programmi tv che mi appassionano non posso infine non menzionare i documentari, grazie al cielo esistono i documentari! Altrimenti avrei dovuto spendere migliaia di euro in viaggi per visitare ogni posto che mi passa per la mente...
Adoro sedermi davanti allo schermo e osservare le grandi distese desertiche dell’Africa, la savana, le abitudini degli animali selvatici, lo stile di vita delle popolazioni africane, asiatiche o sudamericane. Tra i documentari che mi piacciono di più ci sono quelli di un conduttore televisivo e scrittore inglese, Simon Reeve, che ha girato in lungo e in largo tutto il globo terrestre, passando per il tropico del Cancro, percorrendo tutto l’Equatore, toccando le coste di ogni singolo paese affacciato sull’Oceano Indiano. Le sue testimonianze visive sono un modo per conoscere qualcosa di diverso, qualcosa che forse non vedrò mai con i miei occhi e non toccherò mai con le mie mani. 

Le tipologie di programmi tv che il palinsesto offre sono infinite. 
Attualmente vanno per la maggiore i talent show, di qualsiasi genere, da quello musicale, a quello di cucina, e i reality. Poi resistono ancora i talk show, con argomenti di politica, di viaggi o di cultura generale. Si trovano film per tutti i gusti, cartoni animati per i più piccoli, soap opera strappa lacrime, programmi comici, telegiornali e programmi che parlano di politiche sociali. 
La scelta è davvero vasta e spesso, dopo una estenuante giornata di lavoro, dopo aver ascoltato alla radio notiziari disastrosi di bombe, attacchi terroristici, morti, crisi economica, suicidi e omicidi, cambiamenti climatici, leggi approvate e non approvate, è quasi necessario sedersi sul divano e guardarsi un buon film, qualsiasi sia il genere scelto, per staccare un attimo la mente dalla realtà, alienarsi dal mondo, proprio come si fa quando si sta leggendo un libro
Io, ad esempio, quando ho tempo guardo una serie tv che mi piace o seguo con interesse le storie più strane della polizia americana, o ancora guardo un documentario e mi lascio trasportare dalle meravigliose immagini di posti lontani. Ma continuo anche a scrivere, a leggere, a divertirmi tra le pagine dei libri

I miei gusti letterari sono molto diversi da quelli televisivi. E mi piace, si completano. Guardo programmi di ispirazione criminale ma non riesco a leggere un giallo o un thriller. Seguo serie che parlano di dottori ma non ho mai letto niente che raccontasse la storia di un medico, di un paziente o di un ospedale.
La televisione, come un libro, riesce a farci vedere e immaginare vite differenti, mondi differenti, realtà differenti. Ma mentre un libro ci da uno spunto e la nostra fantasia fa tutto il lavoro, la televisione fa la maggior parte del lavoro e noi siamo solo semplici spettatori. Sforzo minimo, risultato assicurato. 
Certo, preferisco leggere un libro che guardare un film, ma credo, per tutti gli scettici che disprezzano e denigrano la tv in generale, che l’essere bravi scrittori, appassionati lettori e persone interessanti, possa conciliarsi anche con l’essere appassionati telespettatori. Certo, si tratta di scegliere programmi adatti a noi nella vastità dell'offerta anche scadente... ma del resto, non vale lo stesso anche per il libri?



Valentina Gerini


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