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Homeschooling, manga e lapbook: intervista alla pedagogista e illustratrice Greta Bienati

Homeschooling, manga e lapbook: intervista alla pedagogista e illustratrice Greta Bienati

People Intervista a cura di Liliana Sghettini. Homeschooling: in che cosa consiste? Cosa sono i lapbook? Ce lo spiega la pedagogista e illustratrice Greta Bienati.

Oggi ho il piacere di ospitare per GiroGiroTondo, la mia rubrica di letteratura per l'infanzia, Greta Bienati, pedagogista ed illustratrice di grande creatività.

Per entrare subito nel vivo dell'intervista e permettere ai nostri lettori di conoscere il tuo interessante lavoro potresti parlarci brevemente del tuo percorso professionale?

Ho iniziato a lavorare nella scuola molto presto, intorno ai 20 anni, mentre facevo ancora l'università. Ho insegnato in scuole materne ed elementari. Poi ho cambiato ruolo, passando dall'insegnamento vero e proprio alla funzione di atelierista, ovvero di insegnante specializzata in laboratori artistici, e infine a quella di pedagogista. In questa veste, ho svolto consulenze pedagogiche e didattiche, corsi di aggiornamento per gli insegnanti e incontri specifici per i genitori.
Dopo la nascita dei bambini, non mi è stato possibile conciliare la vita lavorativa con le esigenze familiari. Per una serie di motivi, ho scelto di praticare coi miei figli l'homeschooling, ovvero l'istruzione parentale. La nostra Costituzione, infatti, garantisce il diritto di istruire i propri figli a casa.
Dal punto di vista professionale, si è trattato di un'esperienza straordinaria. Sperimentazione e studio, 24 ore al giorno: il sogno e l'incubo di ogni ricercatore! Ho potuto così approfondire moltissimi spunti didattici, che ho condiviso nei miei blog perché potessero essere utili anche a chi lavora nella scuola.

I tuoi blog, appunto, nascono dall'esigenza di creare una sorta di contenitore delle tue esperienze professionali e personali che poi hai messo a disposizione degli utenti, che fossero operatori della scuola o semplici privati. Potresti raccontarci del loro contenuto? So che ne curi ben quattro...

Ogni blog è pensato come un progetto a sé stante, con delle proprie caratteristiche grafiche e con una propria specificità. Diciamo che Imparare in piedi è quello dedicato alla didattica, L'imperfetta educazione alla pedagogia, Solo lapbook è specifico sui lapbooks.
Ho impostato anche La banda dei cinque, in cui abbiamo sperimentato il blog come moderna alternativa al giornalino di classe. Oggi è gestito autonomamente dai miei figli e dai loro amici. Goldencombi è invece tutt'altra cosa ed è nato come un momento di vacanza, condiviso con mio marito, dal lavoro pedagogico. Il blog Sololapbook è nato per raccogliere i materiali che ho preparato e utilizzato nel corso del nostro percorso di homeschooling durante il quale mi sono resa conto che non esistevano siti in italiano dedicati a questo interessante strumento didattico. Così ho pensato di tradurre alcune delle risorse e dei tutorial che erano reperibili solo in inglese. Altri invece li ho realizzati direttamente io, su disegni originali.

Ma cosa si intende precisamente per lapbook e qual è la sua utilità nell'apprendimento?

Il lapbook è una cartelletta in cui sono raccolti e organizzati dei minibook di diversa forma e grandezza. Si tratta di uno strumento didattico pensato per organizzare i concetti e le informazioni intorno a un determinato argomento. Il risultato finale è una sorta di mappa concettuale a tre dimensioni, particolarmente utile per lo studio e il ripasso.

È uno strumento prettamente scolastico?

No, una delle sue caratteristiche più interessanti è proprio l'estrema versatilità. Si può infatti utilizzare tanto a casa quanto a scuola e dalla materna fino alle superiori. Può essere realizzato sotto la guida dell'insegnante o autonomamente dagli studenti, singolarmente o in piccolo gruppi.

Di cosa tratta invece il blog Imparare in piedi?

Imparare in piedi raccoglie le esperienze fatte nel corso dei nostri sei anni di homeschooling, durante i quali ho sperimentato diversi approcci e risorse didattiche. Ne è nata quella che possiamo chiamare una “didattica plurale”, che utilizza strumenti e idee provenienti dalla tradizione waldorf, da quella montessoriana, dalla didattica attiva. L'idea di base è che l'apprendimento avviene attraverso molteplici strategie, che coinvolgono, oltre al versante cognitivo, anche la dimensione artistica, quella ludica e, soprattutto, il corpo.

Non ti nego che mi ha molto incuriosito il blog che si chiama L'imperfettaeducazione, ci daresti qualche dettaglio in più?

L'imperfetta educazione nasce dalla mia esperienza di pedagogista nelle scuole materne e in veste di homeschooler. Lo scopo degli articoli è quello di fare riflettere genitori e insegnanti sui diversi aspetti dell'educazione. Il pedagogista Riccardo Massa ci ricordava sempre che la pedagogia è la “problematizzazione dell'ovvio”, ovvero la capacità di non dare per scontato nulla del nostro agire educativo.
Lo sguardo consapevole su quello che facciamo è indispensabile per essere dei genitori e degli educatori sufficientemente buoni.

Mi risulta che sei anche appassionata di fumetti, del manga in particolare, per il quale hai creato un blog a parte, ci parleresti anche di questa tua altra attività che coniuga arte e pedagogia?

Quella per il fumetto è una passione, del tutto amatoriale, che ha portato alla realizzazione progetto del blog goldencombi.com, che ci sta dando moltissimo divertimento e tante soddisfazioni. "Manga" è il termine che in Occidente utilizziamo per definire i fumetti che provengono dal Giappone. La narrazione per immagini (questa è forse la definizione più corretta di questa forma d'arte) che in Giappone ha origini davvero molto antiche. L'emakimono, ovvero il rotolo illustrato, che unisce testo e immagini, nasce nell'undicesimo secolo. Il manga moderno nasce invece nel dopoguerra, con il lavoro di Osamu Tezuka, che fonde in modo geniale la tradizione giapponese e il comic, ovvero il fumetto americano.

Occorre una formazione di base per poterlo praticare?

Il mio approccio al mondo del manga è stato da autodidatta e da pedagogista, il che ha fatto sì che mi sia resa conto subito di quante competenze sono richieste a un disegnatore di manga. Tanto più che, al contrario di quanto accade nel fumetto occidentale, nel manga la sceneggiatura e le tavole sono spesso opera dello stesso autore.
Oltre alle competenze di disegno e storia dell'arte (e non inganni la stilizzazione delle figure: l'anatomia classica è indispensabile), occorre conoscere il disegno tecnico e l'architettura, la regia cinematografica e le regole della sceneggiatura. La grafica ha altrettanto peso del disegno e oggi è indispensabile saper utilizzare anche i programmi di editing.

Stiamo parlando quindi di un “prodotto” di alta qualità che racchiude diverse forme di arte. Pensi che il pubblico appassionato ne abbia coscienza oppure si tratta di persone che semplicemente ne apprezzano immagini o contenuto?

Naturalmente il manga può essere fruito a diversi livelli e spesso il lettore si limita all'intrattenimento. Però devo dire che molti appassionati hanno un buon livello culturale, anche letterario e cinematografico, e colgono bene gli aspetti più raffinati e artistici di questa particolare forma di narrazione.

Oltre al puro aspetto ricreativo possiamo trarne aspetti didattici?

In Giappone esistono dei veri e propri manga didattici e uno dei miei obiettivi è proprio quello di superare la distinzione tra narrativo e didattico. Credo che la saggistica debba trovare nuove forme, più narrative e creative. In generale, la dignità culturale del fumetto (e non solo del manga) è stata riconosciuta ormai da decenni, da personaggi del calibro di Umberto Eco. Quindi un buon manga (e un buon fumetto) hanno di sicuro la stessa valenza formativa e culturale di un buon romanzo tradizionale.
Aggiungo che esistono opere che hanno un valore didattico ancora più specifico, come alcuni manga di ambientazione storica. L'esempio migliore è forse Cesare, il creatore che distrusse di Fuyumi Souryo, che racconta le vicende di Cesare Borgia. L'autrice ne ha fatto l'opera di una vita, consultando i maggiori esperti mondiali su quel periodo storico e utilizzando nelle sue tavole le opere d'arte del Rinascimento italiano. Ne è uscito un lavoro straordinario che non ha nulla da invidiare a un saggio vero e proprio. Ci sono anche riduzioni manga di celebri opere della letteratura, come la Divina commedia di Gō Nagai, per la quale il mangaka si è ispirato alle incisioni di Doré, oppure opere originali di grandissimo valore, come La fenice di Osamu Tezuka, un manga di grande spessore storico e filosofico.

Mi sembra quindi di capire che le attività di pedagogista e fumettista siano strettamente correlate o sbaglio?

I manga e i lapbook sono due modi di coniugare arte e pedagogia, che, vista la mia formazione, ritengo inscindibili. Uno degli incontri per me più significativi è stato quello con l'opera e la figura di Bruno Munari, grazie alle esperienze che ho avuto modo di fare con alcuni suoi allievi e collaboratori. Munari era, tra le altre cose, artista e pedagogista. Una figura straordinaria, rinascimentale, animata da curiosità e interesse attivo verso tutto ciò che la circondava. Per Bruno Munari, l'arte è un'esperienza intrinsecamente pedagogica, in quanto costituisce un'occasione in cui il soggetto si sperimenta e quindi apprende, e la pedagogia ha nell'arte uno dei suoi strumenti di elezione. Tanto più che l'arte, per Munari, ha senso solo se migliora la nostra vita di ogni giorno. L'arte affina i sensi, rende più acuta la percezione e questo serve non solo a chi svolge lavori più “artistici”, diciamo così, ma anche in campo scientifico. Come mi ha spiegato un'amica anatomopatologa, un medico dall'occhio allenato, tanto per fare un esempio, leggerà una radiografia o un vetrino molto meglio di un medico che non abbia affinato il proprio senso estetico. E d'altra parte, gli studiosi sono ormai concordi nel ritenere che le scoperte astronomiche di Galileo debbano molto alla sua abilità nel disegno. Non fu l'unico a puntare il cannocchiale verso il cielo, ma fu il solo a vedere le macchie lunari. Disegnare gli aveva insegnato a guardare.

Sul tuo profilo in Pinterest parli di un approccio di apprendimento che oggi sta prendendo piede, il Visual Thinking, potresti dirci più in dettaglio di cosa si tratta?

Nel suo significato più ampio, possiamo definire il visual thinking come la capacità di pensare per immagini. Ovvero, per esprimere un concetto, anziché utilizzare una definizione, ricorriamo a un'immagine. In realtà si tratta di una cosa che facciamo tutti, in continuazione, quando, ad esempio, usiamo il cosiddetto linguaggio figurato o le metafore. Ricorrere a un'immagine permette di spiegare con chiarezza concetti astratti e stati d'animo: “sono a pezzi”, “vedo tutto rosa”, “è una situazione esplosiva”, sono tutti esempi di come le immagini irrompano normalmente nel linguaggio verbale arricchendolo di sfumature.

Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questo approccio?

Utilizzare consapevolmente questa modalità di pensiero è estremamente utile in ogni campo. A volte, trovare l'immagine giusta per esemplificare un problema è già un passo significativo verso la sua soluzione. Questo perché l'immagine ha molteplici aspetti e valenze semantiche rispetto alla definizione verbale. In un certo senso è poliedrica, complessa, viva. E mette quindi in movimento il pensiero.
La comunicazione attraverso le immagini consente di superare, almeno in parte, le barriere linguistiche. Basta pensare allo straordinario successo degli emoticon, che oggi costituiscono un vero e proprio linguaggio condiviso su scala globale.
Naturalmente, come ogni linguaggio, anche quello delle immagini ha i suoi limiti. Risulta meno preciso e “chirurgico” rispetto al linguaggio verbale, dato che la sua caratteristica è proprio l'essere fecondo di sempre nuove interpretazioni.
Inoltre, anche il linguaggio delle immagini, come quello verbale, richiede una conoscenza attenta e approfondita delle diverse culture: lo stesso soggetto può suscitare vissuti molto differenti in individui provenienti da contesti culturali differenti.
Un famoso pubblicitario giapponese raccontava di averlo imparato a sue spese alla sua prima commissione italiana. Aveva preparato uno spot tutto centrato sugli insetti, che in Giappone sono ritenuti animali estremamente graziosi, di grande valore estetico e spesso associati ai bambini. Lo sguardo inorridito dei committenti gli ha chiarito in un lampo che, a Milano, il soggetto entomologico non sortiva lo stesso effetto.

Grazie infinite, Greta Bienati, per questo “tuffo” in un approccio pedagogico fresco ed innovativo che tiene conto dell'arte come forma di apprendimento e svago. Perché ricordiamo che il miglior modo che i bambini hanno di imparare è il gioco!



Liliana Sghettini
Dottore Commercialista. Appassionata lettrice, si avvicina alla scrittura con alcune pubblicazioni di racconti brevi e scritti epistolari.
Impegnata nella scuola come rappresentante dei genitori, si interessa di pedagogia, didattica e psicologia.
Scrive recensioni, racconti, poesie e favole in compagnia di sua figlia, fonte inesauribile di ispirazione oltre che compagna di lettura.


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