Gli scrittori della porta accanto

Quando né vittima né carnefice riconoscono l'abuso, di Giulia Mastrantoni

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L'incapacità di un carnefice di riconoscere e rispondere a posteriori delle sue azioni è paragonabile all'incapacità della vittima di opporsi all'abuso. 

"Ho abusato di una ragazza ma non lo avevo capito. Ora a che serve chiedere scusa?"
Di recente ho avuto una conversazione con un ragazzo che non riusciva a capire di aver abusato della ragazza con cui è andato a letto. Sosteneva di non aver capito che "ci sarebbero state tutte queste conseguenze per lei, pensavo che dovesse solo sbloccarsi".
Lei gli aveva raccontato, il giorno stesso in cui si erano conosciuti, che era stata vittima di abusi psicologici e sessuali in passato e che aveva bisogno di essere "trattata bene", con delicatezza e come una Persona. Era reduce da anni di battaglie interiori e di faticosissima crescita personale, per non dire ricostruzione del suo essere un io anziché un oggetto senza importanza da buttare dopo l’uso. Lui, dopo essersela portata a letto, ha iniziato a comportarsi "da stronzo, ma di proposito, così lei non si attacca. Devo farmi odiare, così per lei è più facile. Si sta innamorando. Deve imparare e l’unico modo per insegnarglielo è fare così".
Ed è così che ha iniziato ad abusare di lei, a tutti gli effetti. A trattarla come un oggetto usato e da buttare. Ha persino messo in discussione il valore di quello stesso oggetto di cui ha fatto così minuziosamente uso. Ha iniziato a distruggerla psicologicamente e a fare a pezzi l’equilibrio mentale che lei si era ricostruita negli ultimi anni, con frasi come “devi crescere, non sei abbastanza forte. Devi diventare sicura di te. Guarda quanto sei stupida”. Il tutto a seguito di quello che lei gli aveva raccontato del suo passato e delle sue richieste di rispetto e attenzioni.
Ho impiegato tutta la mia capacità comunicativa e empatica per far capire a questo ragazzo che ha abusato di una persona. Può negarlo quanto vuole. Può raccontare alla sua coscienza che la colpa è di lei. Può fingersi "il più forte dei due" e distruggerla per dimostrarselo, ma ha abusato di una persona e quella persona, che lui chiama debole e stupida, sarà sempre più forte di lui, perché sa che il valore di un individuo non sta in quello che distrugge, bensì in ciò che crea.
Non è un caso che il ragazzo faticasse a rispondermi. Non riusciva a portare argomenti in favore della sua tesi, né a ragionare sull’accaduto senza contraddirsi o andare fuori tema. Ha poi concluso con vari "Hai ragione, hai ragione. Hai ragione. Ma a che cosa serve adesso chiedere scusa? E poi, non è un abuso sessuale".

"Se non la picchia e se lei non scappa, allora non è abuso sessuale".

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Non è un atteggiamento insolito quello di non riconoscere gli errori che commessi e negare la loro importanza. Infatti, durante un’altra conversazione con un dottorando che si occupa di minoranze culturali e etniche, quindi di difesa dei diritti di coloro che sono etichettati come deboli, è uscita fuori la stessa risposta: "Se non la picchia e se lei non scappa, allora non è abuso".
E invece sì, è abuso! 
Si tratta del genere di abuso più crudele, perché gioca sull’insicurezza, sul senso di colpa e sulla paura. A tale proposito, l’accademica e attivista femminista Gail Dines (2010), ha scritto: 
Non riesco neppure a contare le studentesse che mi hanno raccontato una storia come quella che vi ho appena descritto, ma non la chiamano violenza sessuale. Lo definiscono un incontro che è andato fuori controllo e si reputano delle idiote perché non sono riuscite a fermare l’uomo, ma non definiscono l’accaduto come una violenza sessuale. Una delle ragioni è che provavano attrazione per l’uomo. Anche nei casi in cui gli chiedono di fermarsi e lui insiste, le ragazze fanno quello che viene richiesto loro, perché non vogliono svegliarsi il mattino successivo sapendosi vittime di una violenza sessuale. Preferiscono incolpare se stesse, perché marchiarsi come vittime le farebbe sentire prive di qualunque potere.

Spesso una vittima non riesce a essere sufficientemente ferma e lucida per impedire che il suo incubo abbia inizio.

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Nello stesso modo in cui il ragazzo non riusciva a rispondere alle mie osservazioni e domande, una vittima non riesce a essere sufficientemente ferma e lucida per impedire che il suo incubo abbia inizio. L’incapacità di un carnefice di rispondere a posteriori delle sue azioni è paragonabile all’incapacità della vittima di opporsi all’abuso nel momento in cui quello sta per verificarsi. Il senso di impotenza e confusione non è dissimile. La riluttanza a far fronte al problema è stata accademicamente riconosciuta (Allender, 1995), perché l’abuso, più di qualunque altro argomento, ha il potere di suscitare vergogna in chi racconta e in chi ascolta. Specialmente oggi, con la donna "sessualmente libera" e il concetto di libertà che si è andato a sovrapporre all’idea di una sessualità anonima e disconnessa (Dines, 2010), la vittima spesso difende o nega che il suo carnefice sia tale, scusando l’accaduto o minimizzandolo, incolpandosi addirittura (Allender, 1995). Nel volume curato da Diana Russell (1993), scrittrice e attivista femminista, è stato detto:
Molte cose sembrano essersi evolute. Ma se si va ad indagare da vicino quella che dovrebbe essere la libertà sessuale, si resta solo molto confusi.
Nello stesso volume, l’accademico Martin Dufresne ammette che la sua formazione sessuale da adolescente, basata sulla cultura pornografica, lo abbia portato, suo malgrado e inconsapevolmente, a tentare di abusare della ragazza con cui era andato al ballo della scuola. Pur non potendo effettuare un’inversione di marcia improvvisa cambiando immediatamente le cose, soprattutto perché trovare una direzione alternativa non è semplice, possiamo comunque fare del nostro meglio perché la tendenza non sia più l’abuso non riconosciuto, ma una sessualità "salutare".

Consapevoli o meno, siamo noi a costruire la società in cui viviamo, ogni giorno e attraverso mille azioni che compiamo. 

Quindi acquisiamo coscienza, sensibilità e forza, affinché episodi come questo accadano sempre meno di frequente. Possiamo tutti fare la differenza. Il cambiamento è in ognuno di noi. E in risposta al ragazzo sull’importanza di chiedere scusa diciamo: "Chiedere scusa serve a farti riconoscere che le tue azioni non hanno un’interpretazione univoca. Fai tesoro di quello che hai scoperto e sii il cambiamento che tutti vogliamo vedere nel mondo. Scegli di stare dalla parte giusta".

Giulia-Mastrantoni

Giulia Mastrantoni
Da quattro anni collaboro all’inserto Scuola del Messaggero Veneto, scrivo per il mash up online SugarPulp e per la rivista dell’Università di Trieste Sconfinare.
Dopo aver trascorso un periodo in Inghilterra, ho iniziato un periodo di studi in Canada, ma, dovunque sia, scrivo.
Misteri di una notte d’estate, ed. Montag.
One Little Girl – From Italy to Canada, eBook selfpublished.
Veronica è mia, Pensi Edizioni.


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