Gli scrittori della porta accanto

Tanzania in autobus, da Iringa a Dar Es Salaam

Tanzania in autobus, da Iringa a Dar Es Salaam - Viaggio, Mamme, Gli scrittori della porta accanto

Mamme in viaggio Di Di Stefania Bergo Tanzania on the road con Emma, sette anni: dalle verdi colline di Iringa a Dar Es Salaam in autobus, per raggiungere Zanzibar.

A Luglio, come ho già scritto, sono stata in Tanzania con Emma (Gli scrittori della porta accanto - In Tanzania a sette anni: da Venezia alle verdi colline di Iringa). È stato un ritorno, dopo due anni. Quindi tutto a Iringa, dove abbiamo soggiornato per tre settimane, era ormai familiare. Da Sheriffo, l'amico cane di Emma, ora in compagnia di un giovanissimo e iperattivo Bubu, al giardino fiorito che dà sulla vallata, alle jacarande dietro casa, all'ospedale di Tosamaganga (del Cuamm) dove papà Alessandro lavora, a Teresa, novantenne in gamba che ha trascorso più di metà della sua vita in Africa e ricorda eventi storici lì accaduti che non sono nemmeno riportati sui libri. E come sempre accade, anche questa volta abbiamo conosciuto persone davvero speciali, con storie per nulla ordinarie, che hanno reso unica e indimenticabile la nostra permanenza (e di cui vi parlerò molto presto).
Dopo tre settimane trascorse nel bush, tra visite al piccolo villaggio di Ipamba e al suo intorno, o al sito archeologico Isimila, raggiungibile in boda boda (moto-taxi) in una ventina di minuti (Gli scrittori della porta accanto - Isimila Stone Age site, una passeggiata tra i canyon dell'età della pietra nel cuore della Tanzania), decidiamo di concederci almeno un giorno di oceano prima di riprendere il volo per l'Italia. Non è possibile venire in Tanzania e non abbandonarsi sulle sue spiagge farinose, candide come neve, o fare un tuffo nell'oceano. La volta scorsa ci siamo accontentate di una mezza giornata su un'isoletta di fronte Dar Es Salaam, Bongoyo, raggiungibile con una barchetta che pareva non farcela ad affrontare il mare, ogni volta che arrivava un'onda appena più increspata delle altre (e ricordo di aver messo a Emma i braccioli a bordo, per sicurezza). Questa volta voglio di più, voglio tornare a Zanzibar e mostrare l'isola delle spezie alla mia bimba, farle sentire quanto setosa può essere la sabbia.
Inizialmente mi oriento su almeno due notti sull'isola, ma dati gli impegni di lavoro di Alessandro e la carenza di soldi a disposizione, optiamo per una sola notte in una guest house, affidandoci ad un volo charter da Dar Es Salaam.

Partiamo da Ipamba al mattino, molto presto, quando ancora il sole è appisolato sotto l'orizzonte. 

Saranno tre giorni di sveglie all'alba, ma quando lo si fa per viaggiare e godersi l'Africa, il sonno diventa solo un dettaglio trascurabile. A Iringa, alla Ubungo Station, ci attende l'autobus di linea che ci accompagnerà sulla costa, il cosiddetto Sutco, dal nome della compagnia che gestisce la linea, un semi luxury bus service adatto alle lunghe tratte, una verso la costa e l'altra verso Arusha via Dodoma, comprensivo di aria condizionata (forse), intrattenimento video e bibita a bordo.
Abbiamo acquistato quattro biglietti un paio di giorni prima (one-way ticket 26.000 shs, circa 10€ a testa), assicurandoci i posti in prima fila: tre umani più i bagagli a mano sul quarto sedile e le valigie più grandi di sotto, insieme a quelle degli altri viaggiatori. Essendo una linea un po' costosa, per i locali, è destinata prevalentemente ai turisti (anche se non ce ne sono molti in queste zone, è più facile trovare volontari o viaggiatori zaino in spalla desiderosi di conoscere un'Africa più autentica... una delle sue tante facce, insomma).
Emma appare subito entusiasta, sebbene il viaggio duri circa nove ore (che poi diventeranno undici per via di qualche imprevisto). I sedili sono comodi e dalla prima fila si può vedere il piccolo schermo su cui vanno a rotazione alcuni video musicali r&b e un paio di film... giapponesi! Pare che le arti marziali siano molto apprezzate...
Ma la cosa straordinaria di questo viaggio è poter conversare con gli altri viaggiatori, quasi tutti tanzaniani, come un ragazzo altissimo, magro, che appare subito molto gentile nel rivolgersi a Emma, sorridendole. Scopriamo poi che quello che sembrava uno studente di qualche college nella capitale, vive in realtà in Canada, fa il maestro nelle scuole per la prima infanzia ed è tornato a trovare la famiglia. Poco lontani da noi, un gruppo di ragazzi danesi con i capelli bruciati dal sole e le mani screpolate: vengono da una missione al nord e vogliono farsi ora qualche giorno sull'oceano. Attira la mia attenzione una ragazza che viaggia sola, con una bella borsa di stoffa colorata da cui estrae un libro. On the road, ma con stile. E seduta vicino all'autista, senza biglietto, un'altra che, con estrema disinvoltura, a pochi minuti dalla sua fermata, estrae un frammento tagliente di specchio che utilizza come specchietto da borsetta per sistemarsi il trucco prima di scendere. Adoro rubare dettagli alla vita che mi brulica accanto, soffermarmi su quello che si ritrova uguale in tutti gli angoli del mondo e su quello che invece è nuovo, inaspettato, curioso.



Un'altra cosa che adoro nei viaggi via terra è la possibilità di gustarsi il paesaggio con lentezza, senza perdere i dettagli. 

Iringa-Dar Es Salaam sono circa 500 km, di cui una cinquantina dentro il Parco Nazionale Mikumi, dove capita spesso di vedere zebre, antilopi, elefanti, giraffe e tanti, tanti babbuini ai lati della strada. Ricordo una mamma elefante che esortava il piccolo ad attraversare la strada con il suo barrito, bloccando allo stesso tempo il traffico per sicurezza.
Una cosa che adoro sono anche le fermate all'autogrill, hotel locali dove poter usufruire dei servizi igienici (puliti: semplici turche con di fianco un secchio d'acqua e un contenitore di plastica per versarla) e/o rifocillarsi con banane fritte, spiedini di carne grigliata, chipsi mayai, chapati e qualche soda. Qui, come del resto ho sempre visto fare in Kenya, utilizzano dei piccoli sacchettini di plastica nera per il cibo, versano tutto dentro, mescolando quanto ordinato. Ale ed Emma (divertita!) spazzolano, pescando dal sacchetto, carne a tocchetti e patatine, io banane e chapati, improvvisando una sorta di piadina unta: deliziosa! E dopo ogni sosta, a bordo compare un cestino, di quelli da ufficio, che tutti (tutti) usano per non disperdere sull'autobus le proprie incivili tracce.
CONSIGLIO
Quando si acquista del cibo on the road è sempre meglio prediligere quello cotto, almeno per i bambini. Anche se la griglia spesso non è pulita e la carne magari è stata toccata con mani sporche, durante la cottura si eliminano gli agenti contaminanti. Lo stesso vale per il fritto.
Evitate invece la frutta già sbucciata e lavata, dato che generalmente, nelle zone rurali, utilizzano acqua non potabile, a volte quella dei fiumiciattoli ai lati della strada. Preferite quella con ancora la buccia, cui basta al limite dare una sciacquata con l'acqua di una bottiglietta.
Consiglio comunque di fare la vaccinazione anti-tifo, si tratta di tre pillole da prendere a distanza di 2 giorni uno dall'altra, almeno 15 giorni prima della partenza, e l'anti-epatite A, in modo da scongiurare spiacevoli inconvenienti venendo in contatto con acqua non pulita o cibo contaminato.
A metà strada lo staff (l'autista, più il suo secondo che gli darà il cambio) porta a bordo un frigo portatile con bibite fresche, una per ogni posto a sedere, e di tanto in tanto salgono anche dei venditori ambulanti, con sacchettini di frutta secca, gadget o pannocchie lesse (e i ricordi vanno a quando, nove anni fa, su un autobus molto meno luxury ho attraversato la costa, da Mombasa a Dar Es Salaam, sempre diretta a Zanzibar...).

In definitiva, una viaggio che consiglio anche con bambini. 

Certo, non tutti i mezzi locali sono consigliabili, anche se si vorrebbe continuare a viaggiare in modo più incosciente e fatalista, come si faceva quando si vagabondava per il mondo da soli, e sperimentare, conoscere, mescolarsi alla gente locale. Alcuni sono più pericolosi di altri: scarsa manutenzione, sedili scomodi, affollamento e velocità sostenuta degli autisti. Ma le soluzioni per le tratte più lunghe generalmente offrono qualche confort e garanzia in più. A mio parere, non è l'ebbrezza del matatu sgangherato lanciato a 150 all'ora a rendere il viaggio indimenticabile. Ma quello che ci si gode lungo il cammino, senza fretta. Soprattutto se si hanno dei bambini.
Arriviamo a Dar Es Salaam di sera, dove ci attende l'autista del Cuamm per portarci alla loro guest house... almeno per qualche ora! Il tempo di darci una risciacquata, cenare con qualcosa di più sano delle banane o patate fritte, postare un articolo sul blog e dormire un po'.
Lasciamo la maggior parte dei bagagli lì e con un paio di piccoli zainetti ci svegliamo in piena notte per farci accompagnare all'aeroporto. Ma di questo, vi racconterò la prossima volta...

Stefania Bergo

Stefania Bergo
Non ho mai avuto i piedi per terra e non sono mai stata cauta. Sono istintiva, impulsiva, passionale, testarda, sensibile. Scrivo libri, insegno, progetto ospedali e creo siti web. Mia figlia è tutto il mio mondo. Adoro viaggiare, ne ho bisogno. Potrei definirmi una zingara felice. Il mio secondo amore è l'Africa, quella che ho avuto la fortuna di conoscere e di cui racconto nel mio libro.
Con la mia valigia gialla, StreetLib collana Gli scrittori della porta accanto (seconda edizione).


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1 commenti
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