Gli scrittori della porta accanto

Le metamorfosi della valigia

Le metamorfosi della valigia

Mamme in viaggio Di Valentina Gerini. Come cambia la valigia di una vagabonda solitaria "zaino in spalla" quando diventa mamma?

Quando viaggio, da qualche anno a questa parte, le cose per me sono un po’ cambiate. Devo ricordarmi di mettere in valigia i vestiti per me, mio marito e mia figlia. Poi ci sono i pannolini, gli snack, il latte fresco, i cambi di abito per l’aereo se mia figlia si sporca. E non posso dimenticare i giochi, i passatempo, qualche libro, i cellulari con i relativi caricabatterie e le batterie di riserva, i documenti per tutti e tre e i biglietti.
Insomma, la mia valigia si è fatta man mano più grande con il passare degli anni. Più grande, più pesante e meno organizzata, che quando la guardo ci sono così tante cose messe in ordine sparso che non ci capisco quasi niente!

Mi fa ridere se mi metto a pensare a che valigia avevo quando ho iniziato a viaggiare da sola. 

Il mio primo viaggio a Londra, che prevedeva un soggiorno di vari mesi, ha visto protagonista una valigia blu, di quelle pesanti anche se sono vuote, piena zeppa di cose, per lo più inutilizzate durante l’avventura inglese. Una valigia che si è trasformata in comodino visto che in camera non c’era nemmeno una mensola sulla quale poggiare un libro, una sveglia e il telefonino.
Quando mi sono trasferita a Roma per frequentare il corso di accompagnatrice turistica ho voluto esagerare: avevo ben due valigie colme di tutto ciò che tenevo normalmente nell’armadio della mia cameretta e sulle mensole. Trascinarle per il centro della capitale, su e giù per le scale della metropolitana, avanti e indietro per le strade di una grande città che conoscevo appena è stata un’impresa davvero faticosa.
Quando poi ho iniziato a lavorare come assistente turistica ho dovuto preparare una valigia per un lungo periodo di permanenza all’estero, in Grecia, e mi sono nuovamente sbizzarrita. All’interno c’era di tutto. La valigia pesava quasi il peso massimo concesso dalla compagnia aerea e al termine della stagione lavorativa aveva quasi raddoppiato il suo volume. Lì ho capito che avevo toccato il fondo, ho capito che mi stavo portando appresso cose inutili, che non avrei usato nemmeno se fossi rimasta in quel posto dieci mesi di più. Ed è stata la svolta...


Sono corsa in un negozio di valigie, non appena rientrata in Italia, ed ho comprato un comodo bagaglio a mano, un trolley dalle misure giuste per entrare nella cappelleria di un aeromobile, con qualche tasca strategica e dal materiale leggero. 

Avevo appena deciso che da quel momento in avanti avrei viaggiato leggera, anzi leggerissima.
E così preparai la valigia per il mio secondo lungo viaggio di lavoro, in Africa, con qualche vestito, un paio di sandali, un paio di infradito e delle scarpe da ginnastica utili per lavorare. All’interno avevo messo qualche canottiera con pantaloncino per dormire, visto che non sapevo con chi avrei condiviso la stanza, un asciugacapelli da viaggio, una piccola trousse con qualche trucco, mutande e calzini per una settimana, cellulare, caricabatterie e computer, medicine di prima necessità come antidolorifico e antibiotico a largo spettro, disinfettante e cerotti, macchina fotografica. Niente di superfluo. Sapevo che avrei potuto raccattare qualche libro dai turisti che, per evitare un eccessivo peso del bagaglio, avrebbero lasciato in camera molte cose tra cui dei libri.

Viaggiare leggera era comodissimo, soprattutto quando dovevo correre per gli aeroporti che non conoscevo alla ricerca del gate per non perdere la coincidenza.

O quando dovevo impacchettare le mie cose perché dovevo cambiare alloggio oppure alla partenza, quando dovevo tornare a casa. Questa tecnica del poco e indispensabile mi faceva sentire una vera viaggiatrice, non una turista, qualcuno che si adatti al posto in cui sta vivendo in quel momento, che se ha bisogno di un bagnoschiuma non si fa scrupoli, va in un supermercato locale e lo compra, che se ha bisogno di un vestito ne acquista uno coloratissimo cucito da un artigiano locale.
Ed era così, leggera e spensierata, che mi piaceva viaggiare. Spoglia di ogni cosa superflua mi sentivo pronta per affrontare una nuova esperienza, la mia valigia aveva spazio per accogliere quei magnifici tesori che avrei raccolto durante il mio soggiorno: i ricordi. Avevo imparato a viaggiare, ero maturata, avevo fatto un percorso che quasi tutti i viandanti fanno: si inizia, inesperti, con bagaglio strapieno fino ad arrivare a saper preparare una valigia con sole cose utili, senza eccedere nel peso.
Amici e parenti, quando programmavamo una vacanza insieme, venivano a casa mia per chiedere consiglio su cosa portare in valigia, su come sistemare le cose. Ero quella che aveva il segreto su come preparare la valigia ideale!

E adesso che sono mamma, sono ancora capace di preparare la valigia ideale? 

Sì, ne sono capace anche se la realtà oramai non rispecchia più questa mie capacità.  Ma se penso alle mie valigie di adesso, non posso fare a meno di notare quanto siano disorganizzate e differenti da quelle che ero abituata a portarmi appresso.
Perché questo cambiamento? Semplice. Sono una mamma, sempre in grado di preparare la valigia ideale, ma consapevole e pronta ad ogni eventualità e casualità si possa verificare. E soprattutto, ora metà dello spazio del mio bagaglio è dedicato alle cose della sua bambina.


E voi, che tipo di valigia preparate?


Valentina Gerini
Dopo la maturità scientifica e uno studio approfondito della lingua inglese inizia a lavorare all’estero. Le sue più grandi passioni sono i viaggi e la scrittura. Dei viaggi ne ha fatto la sua professione, diventando accompagnatrice turistica; della scrittura il suo hobby, occupandosi degli articoli di copertina per un mensile dedicato alle storie di paese.
Volevo un marito nero, 0111Edizioni.
La notte delle stelle cadenti, Lettere Animate.


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