Gli scrittori della porta accanto

Disparità salariale tra uomini e donne: a che punto siamo?

Disparità salariale tra uomini e donne: a che punto siamo?

Di Ornella Nalon. Il Dl 11/04/2006 n° 198 pone le basi del riassetto delle disposizioni vigenti in materia di pari opportunità e stabilisce il divieto di discriminazione tra uomo e donna. Ma è davvero così?

Il 23 febbraio del 1952 si svolse a Firenze il primo Convegno nazionale femminile della Cisl, il quale, tra gli altri argomenti, trattava l'abolizione della disparità salariale tra uomini e donne.
Il Decreto legislativo 11/04/2006 n° 198 è conosciuto come "Codice delle pari opportunità tra uomo e donna". Questo provvedimento pone le basi del riassetto delle disposizioni vigenti in materia di pari opportunità e stabilisce, tra l'altro, il divieto di discriminazione tra uomo e donna.
Sin dalla sua creazione, la Comunità Europea ha riconosciuto il principio della parità di retribuzione e, su questa base, ha sviluppato un insieme coerente di leggi mirate a garantire pari diritti in materia di accesso all’occupazione, di formazione professionale, di condizioni di lavoro e, in ampia misura, in materia di protezione sociale.
Non ci si può lamentare che l'argomento non sia stato trattato e che non sia sufficientemente tutelato dalle disposizioni di Legge ma, dal punto di vista pratico, è davvero così?
Secondo l'ultimo Global Gender Gap Report (introdotto dal Word Economic Forum nel 2006, fornisce un quadro che mostra l'ampiezza e la portata della disparità di genere in tutto il mondo), la parità è ancora un obiettivo da raggiungere e, da come si prospettano le cose, i tempi saranno ancora lunghissimi.

Su 136 paesi presi in esame, l'Italia si piazza al 76° posto  in termini di disparità di genere. In termini salariali, ogni anno le donne lavorano 2 mesi gratis e va in pensione con un trattamento inferiore del 39% rispetto a un suo coetaneo.

Se poi entriamo a esaminare, nello specifico, la situazione all'interno del territorio Europeo, facendo particolare riferimento alla sola disparità retributiva tra uomo e donna, si scopre che esiste una percentuale media del 16,3% che separa gli stipendi maschili da quelli femminili. Per essere più chiari, in un anno di lavoro, in proporzione ai maschi che percepiscono lo stipendio per l'intero anno, le femmine lavorano gratis, in media, ben 59 giorni. In pratica, per un euro guadagnato dagli uomini, le donne si mettono in tasca 84 centesimi!
A onor del vero, va detto che, sempre su base europea, l'Italia è il paese con la percentuale più bassa, il 7,3% contro un 23,4% dell'Austria, che risulta essere il paese con maggiore disparità. Che dire, una volta tanto, non avremmo un record negativo, se non fosse che la nostra percentuale dev'essere rivista al rialzo, considerando la nostra bassa occupazione femminile che, nel meridione, tocca anche livelli del 50%.
Se non bastasse questo a far andare il sangue alla testa alle povere lavoratrici, bisogna aggiungere che nella nostra realtà lavorativa, tendenzialmente, le donne vengono inquadrate in ruoli più bassi, rispetto ai colleghi maschi.


Per non parlare dei subdoli ricatti di cui sono vittime, delle dimissioni in bianco, il più delle volte, portate a termine per una gravidanza. Eventualità, questa, che pesa enormemente in termini di discriminazioni, più o meno palesate.
Il fatto è che tutt'oggi, nonostante siano stati compiuti dei progressi, rispetto agli anni precedenti, il peso della famiglia e dei figli, in particolare, grava ancora quasi del tutto sulle spalle della donna. Di solito, quale, tra i due genitori, è quello che accorre quando un figlio si ammala o ha bisogno della presenza di qualcuno? Sicuramente è la mamma, che si deve assentare dal lavoro e che, prima o poi, ne pagherà le conseguenze.
Sì, è proprio così, perché, mentre l'uomo può fregiarsi di una maggiore continuità lavorativa, aspirando a promozioni e maggiorazioni retributive, difficilmente lo può fare la donna, oberata com'è da impegni extra lavorativi.
Chiaramente, tutta questa discrepanza di trattamento, non può che andarsi a ripercuotere sul calcolo pensionistico in cui, la differenza si accentua ancora maggiormente, non esattamente in modo proporzionale. Mediamente, una donna va in pensione con un trattamento inferiore del 39% rispetto a un suo coetaneo.

Il femminismo è un'arma a doppio taglio o è solo la presa di coscienza sociale a mancare?

Vorrei concludere con una domanda che vuole essere provocatoria: dobbiamo essere grate al femminismo che ci ha portato, orgogliosamente, a dare il nostro contributo anche fuori casa, oltre che attorno ai fornelli? Oppure, siamo autorizzate a rinfacciargli alcune conquiste, per lo meno quando prendiamo coscienza di lavorare molto più dei nostri compagni e di essere, per contro, meno ricompensate?
Certo è che la donna ha molto da offrire al mercato del lavoro; è una risorsa che andrebbe potenziata e maggiormente tutelata. Non soltanto a parole o normative scritte su carta, ma con una concreta presa di coscienza dei problemi che la riguardano, sia da parte delle autorità, che dovrebbero creare i mezzi necessari per un aiuto concreto, che da parte dell'immaginario collettivo e maschile, in particolare, il quale tende ancora a ghettizzarla in ruoli che limitano la totale eguaglianza.


Ornella Nalon - Gli scrittori della porta accanto

Ornella Nalon
I miei hobby sono: il giardinaggio, la buona cucina, il cinema e, naturalmente, la scrittura, che pratico con frequenza quotidiana. Scrivo con passione e trasporto e riesco a emozionarmi mentre lo faccio. La mia speranza è di trasmettere almeno un po’ di quella emozione a coloro che leggeranno le mie storie.
Quattro sentieri variopinti, Arduino Sacco Editore
Oltre i Confini del Mondo, 0111 Edizioni
Non tutto è come sembra, 0111 Edizioni.
Una luce sul futuro, Gli scrittori della porta accanto Edizioni.
Sulle ali della fantasia, Gli scrittori della porta accanto Edizioni (seconda edizione).


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1 commenti
  1. Grandissima Ornella grazie per questo editoriale.
    Io ho vissuto in prima persona la questione "disparità" dopo il parto! Se i datori di lavoro capissero che in quei momenti sarebbe necessario garantire alla donna la possibiltà di occuparsi della prole avrebbero elevati riscontri successi in termini produttività perchè la donna "protetta" in quanto madre diventa una lavoratrice modello!!!!!
    Liliana

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