Gli scrittori della porta accanto

Le nostre madri

Le nostre madri

Di Stefania Bergo. Le nostre madri. Ci hanno nutrito fin da subito col loro corpo, protetto, insegnato a vivere nel mondo. Madri imperfette. Madri che ci amano. E che aspettano anche solo un nostro sorriso.

Le mamme. Alcune sono degli esseri eterei, il terzo genere umano. Uomini, donne, mamme. Altre avrebbero invece dovuto essere sterilizzate da piccole. Ma mi piace pensare che queste ultime siano davvero poche.
Quando diventi madre, oltre ad essere stata a lungo figlia, ti rendi davvero conto di che significhi. Realizzi quanto ha fatto per te quella donna che ti ha messo al mondo e quasi ti vergogni della tua ingratitudine. Perché quasi mai si dimostra la doverosa riconoscenza verso la propria mamma. Ma va bene così, perché lei non ha agito aspettandosi qualcosa in cambio se non la nostra trasformazione nella migliore persona possibile con i mezzi inizialmente messi a disposizione dal destino. E poi, sarebbe impossibile ricambiare altrettanta devozione e soprattutto il dono più importante da lei ricevuto: la vita.


Fin da quando eravamo celati nel suo grembo, la nostra mamma ci ha amati, accarezzati. 

E se qualcuna ha dovuto fare delle scelte difficili (assolutamente insindacabili e personali), lo ha fatto con il dramma nel cuore, allontanando dalle proprie labbra il sorriso che spontaneamente appare quando si realizza di avere dentro di sé una nuova vita, sebbene inaspettata, al di là dei programmi.
Siamo tutti figli di madri che ci hanno fortemente desiderato ancor prima che di noi esistesse l’aura o che ci hanno scelto malgrado tutto, incapaci di considerarci un regalo sbagliato.
Ci hanno protetto con il loro involucro per quasi nove mesi, in alcuni casi con rabbia e determinazione per difendere la loro creatura che iniziava a farsi sentire, più spesso con la serenità e il sorriso enigmatico ed invidiabile di Gioconde in attesa. Ci hanno nutrito con il loro stesso sangue, con l’amore che giorno dopo giorno assumeva sempre più i connotati del più potente sentimento provabile dal genere umano.
Hanno visto il loro corpo cambiare, appesantirsi, rispondere al mutamento in modo imbarazzante o dolente. Ma nessuna di loro ha mai smesso di accarezzarsi la pancia e di stare in ascolto per avvertire ogni preziosa vibrazione vitale.

E poi ci hanno accolto. Trasformando le smorfie e le imprecazioni di dolore in lacrime di felicità e dolci ninna nanne fin da subito. 

E hanno continuato a nutrirci, ancora con il loro corpo e col loro amore, incuranti di tutto ciò che accadeva oltre le loro braccia.
Le nostre madri hanno cambiato milioni di pannolini, pulito ogni genere di fluido organico. Hanno finto di non provare stanchezza quando noi chiedevamo la loro attenzione, il loro sorriso, ancora e ancora, senza stancarci mai, senza mai accorgerci che invece lei era sfinita. Hanno steso centinaia di cerotti su altrettante ginocchia sbucciate, umettando ferite a volte invisibili ma vivide. Ci hanno insegnato a camminare, a mangiare, a parlare, ad infilarci i calzini, ad allacciarci le scarpe, a disegnare una casetta, il verso degli animali, i colori del mondo, i segnali stradali, le regole sociali, l’educazione, il rispetto, l’essenza e l’importanza delle cose, a seguire le nostre passioni, hanno valorizzato i nostri talenti.


Madri imperfette, certo, e forse in alcuni casi il messaggio è stato fuorviato o non abbastanza efficace. Ma ognuna di loro ha sempre cercato di fare del suo meglio. 

Sono dietro ad ogni nostro successo, talmente nell'ombra da non desiderare nemmeno di apparire nei titoli di coda. Sempre devote, incondizionatamente, per proteggere un tenero germoglio dagli agenti atmosferici, dalla crudeltà del mondo, aiutandolo a dirigersi verso il sole, verso il bello del mondo. Un’intera esistenza dedicata al dono ritenuto più prezioso, al di là di aspettative o altri sogni rimasti a vagare nell'aria in conseguente attesa.
Il modo migliore per ringraziare le nostre mamme è essere il “noi stessi” migliore possibile. Anche se siamo consapevoli che difficilmente riusciremo a deluderle, perché il loro amore non ha condizioni.

Ricordiamoci di abbracciarle più spesso, rammentando quante volte loro ci hanno portato in braccio per chilometri pur di non farci stancare o sentire soli. 

Ascoltiamole, pensando a tutte le volte che loro hanno prestato orecchio alle nostre motivazioni o ai racconti dei primi amori, quando magari gli occhi pesavano loro e il cuore dormiva già o quando avevano altre mille incombenze in attesa perché comunque nulla è mai stato più importante di noi. Continuiamo a farle sentire preziose, perché per noi lo sono sempre state. Raccontiamo loro di noi, qualche volta, delle nostre vite, senza chiuderle fuori, pensando che a lungo hanno saputo, rispettato e difeso tutto di noi. Anche quando non abbiamo tempo o denaro per fare loro dei regali, ricordiamoci che il nostro sorriso è sempre stato per loro ragione di vita.


Perdoniamole se a volte riteniamo abbiano sbagliato, non irritiamoci se dobbiamo ripetere ancora un vecchio discorso perché l’hanno scordato o non capito, quante volte abbiamo sbagliato noi? 

Quanta pazienza hanno dimostrato quando ci hanno insegnato a vivere nel mondo?
Non soffochiamo in gola un “mamma, ti voglio bene”, se ci risale dal cuore lungo l’esofago, pensando di essere ridicoli o di poterlo fare il giorno dopo. Non sappiamo per quanto tempo ci è dato di gioire del dono di una mamma. E poi, di troppi “mamma, ti voglio bene” non è mai morto nessuno!


Stefania Bergo
Non ho mai avuto i piedi per terra e non sono mai stata cauta. Sono istintiva, impulsiva, passionale, testarda, sensibile. Scrivo libri, insegno, progetto ospedali e creo siti web. Mia figlia è tutto il mio mondo. Adoro viaggiare, ne ho bisogno. Potrei definirmi una zingara felice. Il mio secondo amore è l'Africa, quella che ho avuto la fortuna di conoscere e di cui racconto nel mio libro.
Con la mia valigia gialla, StreetLib collana Gli scrittori della porta accanto (seconda edizione).
Mwende. Ricordi di due anni in Africa, Gli scrittori della porta accanto Edizioni.
La stanza numero cinque, PubMe Gli scrittori della porta accanto Edizioni.


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