Gli scrittori della porta accanto

Recensione: La femmina nuda, di Elena Stancanelli

Recensione: La femmina nuda, di Elena Stancanelli

Libri Recensione di Tamara Marcelli. La Femmina nuda di Elena Stancanelli, (La Nave di Teseo). Finalista al premio Strega 2016.

Il corpo è l'unico principio di responsabilità che abbiamo. A chi rispondiamo se non al dolore fisico, alla morte, alla fame, alla sete, alla stanchezza?
Il corpo rappresenta la differenza tra il mondo reale e quello virtuale, tra la consapevolezza di sé e della propria Vita contrapposta alla fantasia e ai propri incubi. Il passaggio frequente da un mondo all'altro ci spinge a perdere la cognizione di noi stessi, a non riuscire più a distinguere quel confine. Perdiamo ogni freno inibitore e ci spingiamo troppo oltre.Ci proiettiamo altrove aprendo porte spesso chiuse, indossando identità diverse a seconda della circostanza. Ci perdiamo e con noi smarriamo anche la nostra identità.
Chi siamo dentro la rete, e dentro quale paradigma morale ci muoviamo? Senza il corpo, cioè nude anime o nudi niente, contro cosa dovremmo sbattere per fermarci?
L'Homo Sacer: colui che nell'antica Roma poteva essere messo al bando e subire l'umiliazione della folla. Poteva essere ucciso da chiunque perché era una singolarità qualunque, non possedeva nulla, non valeva nulla. Era colui che possiede solo la sua nuda vita, la sua fisicità biologica. Solo su questo ha potere. Rappresenta l'eccezione, è escluso dalla comunità.
Sacer è colui che è stato escluso dal mondo degli uomini e che, pur non potendo essere sacrificato, è lecito uccidere senza commettere omicidio.
- Giorgio Agamben, La comunità che viene (Bollati Boringhieri, Torino 1990, p.59)

C'è un dentro e un fuori in ogni cosa. L'uomo Sacer è il fuori, si trova in un non-luogo, in un posto qualunque, indistinto. Non ha identità, se ne priva, se ne sveste, rimane nudo. 

Possiede solo la sua Zoé, la qualità aristotelica della Vita che rappresenta l'essenza, l'inizio di tutto, ciò che accomuna tutti gli uomini, indistintamente, quello che ci permette di vivere. Corrisponde all'essere vivente in quanto tale, sottoposto alla degenerazione del corpo e alla fine. Alla morte. Zoé è la vita corporea. Gli aristotelici la definivano "l'anima vegetativa e sensitiva".
Ma i Greci avevano anche un altro modo di definire quel che noi, appiattiti e densi, genericamente e superficialmente chiamiamo Vita. Alla Zoé si contrappone infatti il Bios che rappresenta il modo in cui viviamo, quello che ci contraddistingue gli uni dagli altri, che segue la ragione e si determina con scelte continue, che ci rende unici e diversi nell'ambito della nostra specie.

Così, ancor prima di leggere La femmina nuda di Elena Stancanelli lo vediamo, il corpo di una donna, nuda sullo sfondo bianco, nascosta dietro una macchina fotografica d'altri tempi, una di quelle con obiettivo che gira mettendo a fuoco quel che ha davanti. E davanti ci siamo noi.

C'è l'ossessione, il proprio personalissimo endemico mostro, ricercato, voluto, vissuto. Ci sono le nostre paure, i traumi mai metabolizzati, quelli che permettono alla nostra mente di proiettare all'esterno quel che non possiamo sopportare dentro di noi. Così vediamo nemici ovunque. Fuori, quando sono dentro.
È quel corpo, la consapevolezza di quel corpo che la salverà dall'autodistruzione.
Tutto inizia con una telefonata, ma non una telefonata qualunque, non una telefonata tra due persone che comunicano. Nasce da qualcosa di diverso. Lei è appesa, sta dentro ma dovrebbe essere fuori. Così inizia l'incubo.
La storia di un'ossessione che affoga e si nutre di umiliazioni autoinflitte, di dolore ingoiato e vomitato, di alcool e xanax.

La storia di un abbandono altalenante, di un rapporto che si alimenta con parole, bugie, drammi quotidiani, angoscia e paranoie, inganni. 

Ma tutto questo diventa uno sfondo, un disagio che permea la vita della protagonista, che non la lascia ragionare. La soffoca e le impedisce di opporsi al processo di abbandono della propria identità. Persa tra una realtà virtuale che la ipnotizza al punto da diventare profondamente "danneggiata", immorale e pericolosa, tra sprazzi di quotidianità dimenticata arriverà a chiedersi se e come fermarsi. Non sarebbe stato possibile, almeno fino a quando qualcosa non l'avesse risvegliata prepotentemente dal suo incubo. Il corpo.
Mangiare era superfluo, se non mangiava stava meglio, decisamente meglio. Ma non digiunava per morire, digiunava per sopravvivere.
Il digiuno purifica, acuisce i sensi, ti rende più lucido, quasi un veggente.
Nuda e magra. Il cibo diventa un veleno.

Vedersi magra, molto magra, «una spada, una me all'essenziale». Così da un involucro denudato dal superfluo, emerge la nuova donna, la femmina nuda, quel fulcro di Vita che la tratteneva nascosta.

Lì da quel buio da cui può nascere solo la luce. Ecco che questa nuova donna, rinata da se stessa è più se stessa di prima.
Sembravo una guerriera. La magrezza mi faceva sentire forte.
Non era saggezza, era solo consapevolezza di sé. Vedere quel profilo spigoloso, essenziale le aveva dato una forza nuova, le aveva fatto comprendere che si sarebbe salvata, sarebbe uscita da quell'inferno.
Aveva raggiunto la parte di sé oltre la quale non era possibile andare e questo le aveva aperto gli occhi. Occhi nuovi. Aveva cominciato a vedersi, a vedere di nuovo. Ora si sentiva viva. Poteva affrontare la realtà, prenderla a pugni o sputarle in faccia.
Tutto per una gonna, la solita gonna nera, al ginocchio.
È come una gomitata in faccia mentre cerchi di aggrapparti a qualcuno per non cadere.

La femmina nuda di Elena Stancanelli è un libro forte, intenso, avvolgente, penetrante, crudo, impietoso che a tratti lascia senza fiato. 

Si è risucchiati fin dalle prime pagine in una dimensione vischiosa, densa, sconvolgente e totalizzante.
Leggendo avevo la sensazione che il libro leggesse me, che mi strappasse dalla realtà e mi catapultasse a Roma, a Campo de' Fiori, a Piramide, a Lanuvio. Che mi afferrasse e mi inghiottisse senza lasciarmi scampo. Come si può essere così in sintonia? Magie dell'arte.
Un libro che definire stupendo è fargli un torto.
Elena Stancanelli non delude mai. Scrittura asciutta e allo stesso tempo sinuosa, fredda ma avvolgente, a tratti divertente, ma forte come un calcio in faccia. Una storia apparentemente comune, figlia dei nostri tempi, pungente e irritante. Non è solo la storia di un amore malato, uno dei tanti, né di un'ossessione al limite della patologia, dietro c'è altro, c'è un sottofondo malinconico e penetrante, un senso di indeterminatezza che va oltre le singole parole. Oltre l'apparenza.
C'è un messaggio, un invito.
Ancora ipnotizzata dalle pagine di Le attrici, libro mai dimenticato, pensavo non potesse scrivere altro di così intenso, invece leggere La femmina nuda ha chiuso un cerchio lasciandomi dentro, ridotta all'essenziale.
Chapeau, miss Stancanelli...


La femmina nuda

di Elena Stancanelli
La Nave di Teseo
Narrativa
ISBN 978-8893440028
cartaceo 14,45€
ebook 9,99€

Sinossi
Anna è una donna intelligente, bella, con un lavoro interessante, ma di colpo tutto questo non serve più. Dopo cinque anni la sua storia d'amore con Davide affonda in una palude di tradimenti, bugie, ricatti. E la sua vita va in pezzi. Si trasforma in un'isterica, non dorme, non mangia, fuma e si ubriaca ogni sera per riuscire ad addormentarsi. Compulsivamente inizia a frugare nel telefonino di lui nelle chat, sui social. Non sa cosa sta cercando, non sa perché lo sta cercando. Per un anno rimarrà prigioniera di quello che lei stessa chiama il regno dell'idiozia, senza riuscire a dirlo a nessuno.
Questo racconto è la sua confessione, sotto torma di lettera, a Valentina, la sua più cara amica, che l'ha vista distruggersi sera dopo sera. Anna dice tutto, senza pudore. I dettagli umilianti e ridicoli, l'ossessione, la morbosità.
Anna somiglia a tutti noi, che combattiamo questa guerra paradossale che chiamiamo amore. Ogni tanto vinciamo, più spesso perdiamo. L'unica cosa su cui possiamo sempre contare, l'unica capace di indicarci i nostri confini, i nostri bisogni, è il corpo.
E sarà al corpo che Anna si aggrapperà per sconfiggere il dolore.


Tamara Marcelli
Artista poliedrica, eccentrica, amante dell'arte in tutte le sue forme. Una sognatrice folle. Ha studiato Lettere e Tecniche dello Spettacolo, canto e recitazione per oltre dieci anni e ha lavorato come attrice in alcuni importanti Teatri del Lazio. Scrive poesie, romanzi, testi teatrali, articoli e saggi.
Il blu che non è un colore, Gli Scrittori della Porta Accanto Edizioni (seconda edizione).
Evoluzione storico culturale del crimine organizzato in Sardegna, Albatros.
Il sogno dell'isola, Gli Scrittori della Porta Accanto Edizioni (seconda edizione).


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