La guerra dimenticata di Giuseppe Russo, Photocity Edizioni, 2016. Lo scempio di vite e di cultura in Italia, grande palcoscenico militare nel Mediterraneo, durante la Seconda Guerra Mondiale.
La guerra dimenticata di Giuseppe Russo prosegue, approfondendolo e completandolo, il discorso iniziato con il volume I caduti di pietra, storia di una regione in cui cadde anche la cultura (Campania 1940-1943). Il progetto, che prevede l'uscita nel 2018 di un terzo e conclusivo capitolo che allargherà lo sguardo - regione per regione - a tutto il territorio nazionale, fa il punto su ciò che rappresentò per il nostro Paese la deturpazione di monumenti, edifici, piazze, chiese, musei, biblioteche, università e archivi nel corso della Seconda Guerra Mondiale.
Riepilogando, si doveva trattare di un conflitto rapido e, se non indolore, non destinato a protrarsi, come è stato, oltre un quinquennio. Al di là delle previsioni più fosche, era evidente che l'Italia si trovasse, in quanto posta nel Mediterraneo, in una posizione critica. Attirare sul suo territorio un fronte bellico, oltre quelli in corso, era un azzardo. Nonostante le misure assunte ad hoc per salvaguardare i monumenti, gli edifici, il patrimonio artistico di questo museo a cielo aperto, era praticamente impossibile circoscrivere le perdite che si sarebbero subite. Perché nella Seconda Guerra mondiale la Storia ha colpito se stessa, le fonti, i reperti, tracce di un'identità irrimediabilmente perduta; ha distrutto molti ponti, tra cui quelli che ci legano al passato.
Si tratta di un paradosso che si ripete spesso: la Storia divora se stessa facendo terra bruciata del nemico e permettendo che, a scriverla, siano soltanto i vincitori. Vale la pena ricordare cosa diceva Simone Weil nel saggio Hitler e la politica estera dell'antica Roma (citazione che traggo da Luciano Canfora, Il presente come storia):
Non ci si può nascondere, per dirla tutta, che il Novecento abbia insegnato all'uomo modi diversi di fare la guerra, con un potenziale distruttivo divenuto, in un'era che si è voluta chiamare Antropocene, enorme, sproporzionato e in parte ingestibile.
Sono molte le contraddizioni di fondo lasciate emergere: da una parte un'evoluta legislazione sui beni culturali che è durata tutto il XX secolo (la Legge Bottai), dall'altra un'avida sete di conquista ai danni di altri popoli, la quale non ha risparmiato la penisola. È in questi anni che si profila in tutta la sua drammaticità la questione Sudtirol e il fenomeno della italianizzazione forzata della minoranza tedesca stanziata al di qua del Brennero.
Non può parlarsi di fatalità o destino. A innescare il meccanismo che si è detto è stato il capriccio di un solo uomo. Da qualunque parte si giri la questione, il risultato è lungi dal cambiare. Pur considerando il patto che legava Roma a Berlino, esso non sembrava, alla prova dei fatti, così stringente. Mussolini fece entrare l'Italia nel conflitto non tanto per ottemperare a un accordo internazionale, ma per invidia dei risultati della Germania nella sua guerra di conquista. Affiancare Hitler e sostenere qualsiasi sforzo bellico, voleva dire reperire armi e mezzi che si decantava già di possedere. Cosa ardua, a meno che non fosse il Cancelliere in persona a provvedere.
Su tutto prevalse l'ansia di inserirsi tardi in una blitzkrieg che giustificava il bluff: non cogliere l'occasione significava indebolire il proprio ruolo di padre della patria e di capo carismatico. Fu questo a spingere l'Italia nel baratro, un chiaro invito a far da bersaglio e a divenire, nella realtà, ciò che si era sulla carta, un grande palcoscenico militare nel Mediterraneo.
La Guerra Dimenticata di Giuseppe Russo racconta tutto ciò. Scempio di vite e di cultura, ma anche l'eroismo di uomini, di tutti gli schieramenti, incluso per assurdo quello nazista, per salvare ciò che ci rende umani: la cultura e le sue espressioni artistiche.
Riepilogando, si doveva trattare di un conflitto rapido e, se non indolore, non destinato a protrarsi, come è stato, oltre un quinquennio. Al di là delle previsioni più fosche, era evidente che l'Italia si trovasse, in quanto posta nel Mediterraneo, in una posizione critica. Attirare sul suo territorio un fronte bellico, oltre quelli in corso, era un azzardo. Nonostante le misure assunte ad hoc per salvaguardare i monumenti, gli edifici, il patrimonio artistico di questo museo a cielo aperto, era praticamente impossibile circoscrivere le perdite che si sarebbero subite. Perché nella Seconda Guerra mondiale la Storia ha colpito se stessa, le fonti, i reperti, tracce di un'identità irrimediabilmente perduta; ha distrutto molti ponti, tra cui quelli che ci legano al passato.
Si tratta di un paradosso che si ripete spesso: la Storia divora se stessa facendo terra bruciata del nemico e permettendo che, a scriverla, siano soltanto i vincitori. Vale la pena ricordare cosa diceva Simone Weil nel saggio Hitler e la politica estera dell'antica Roma (citazione che traggo da Luciano Canfora, Il presente come storia):
Noi conosciamo la storia romana solo attraverso i Romani stessi e i loro sudditi greci, costretti nella sventura ad adulare i padroni. Noi non possediamo la versione che avrebbero potuto darcene i Cartaginesi, gli Spagnoli, i Galli, i Germani, i Bretoni.Questo è il punto. La storia dei caduti di pietra parte dalle traversie di una città quale Napoli, e prosegue, già in questo secondo capitolo, fino a Montecassino, citando un'importante battaglia segreta triangolata tra Roma, Torino e Avellino. Tali eventi non potevano certo essere raccontati in maniera completa ed esauriente dagli inglesi o dagli americani, concausa della distruzione ai danni delle vestigia della cultura di un popolo. E nemmeno potevano provvedere altri, diretti o indiretti responsabili.
Non ci si può nascondere, per dirla tutta, che il Novecento abbia insegnato all'uomo modi diversi di fare la guerra, con un potenziale distruttivo divenuto, in un'era che si è voluta chiamare Antropocene, enorme, sproporzionato e in parte ingestibile.
Sono molte le contraddizioni di fondo lasciate emergere: da una parte un'evoluta legislazione sui beni culturali che è durata tutto il XX secolo (la Legge Bottai), dall'altra un'avida sete di conquista ai danni di altri popoli, la quale non ha risparmiato la penisola. È in questi anni che si profila in tutta la sua drammaticità la questione Sudtirol e il fenomeno della italianizzazione forzata della minoranza tedesca stanziata al di qua del Brennero.
Si potevano evitare i bombardamenti massicci di tanti importanti centri storici come Napoli, Benevento, Caserta, dell'Abbazia di Montecassino, la perdita di importantissimi beni culturali, i furti d'arte dei nazisti e l'occupazione becera e distruttiva degli occupanti angloamericani?
Ovviamente no, a causa di un meccanismo che una volta innescato non c'era modo di disattivare, e per via della totale assenza di lungimiranza e di strategia che consentissero di guardare al di là del proprio naso e di controbilanciare la determinazione degli Alleati nel chiudere i conti col nazifascismo (bombardare, bombardare e ancora bombardare!). Né sembra aver pregio cogliere l'anacronismo di cui si resero responsabili Hitler nel rievocare attraverso il Terzo Reich il Sacro Romano Impero, e Mussolini nel risvegliare la grandezza di Roma nel Mare Nostrum. L'Europa, insomma, nel corso della Seconda Guerra Mondiale è entrata in conflitto anche con i propri padri, dimentica di come Napoli e la sua storia fossero un tutt'uno con il Mediterraneo, crocevia di due culture millenarie, quella Orientale e Occidentale.Non può parlarsi di fatalità o destino. A innescare il meccanismo che si è detto è stato il capriccio di un solo uomo. Da qualunque parte si giri la questione, il risultato è lungi dal cambiare. Pur considerando il patto che legava Roma a Berlino, esso non sembrava, alla prova dei fatti, così stringente. Mussolini fece entrare l'Italia nel conflitto non tanto per ottemperare a un accordo internazionale, ma per invidia dei risultati della Germania nella sua guerra di conquista. Affiancare Hitler e sostenere qualsiasi sforzo bellico, voleva dire reperire armi e mezzi che si decantava già di possedere. Cosa ardua, a meno che non fosse il Cancelliere in persona a provvedere.
Su tutto prevalse l'ansia di inserirsi tardi in una blitzkrieg che giustificava il bluff: non cogliere l'occasione significava indebolire il proprio ruolo di padre della patria e di capo carismatico. Fu questo a spingere l'Italia nel baratro, un chiaro invito a far da bersaglio e a divenire, nella realtà, ciò che si era sulla carta, un grande palcoscenico militare nel Mediterraneo.
La Guerra Dimenticata di Giuseppe Russo racconta tutto ciò. Scempio di vite e di cultura, ma anche l'eroismo di uomini, di tutti gli schieramenti, incluso per assurdo quello nazista, per salvare ciò che ci rende umani: la cultura e le sue espressioni artistiche.
La guerra dimenticata
Terminato il fasullo periodo di pace seguito alla grande guerra, nel '39 la Germania riprese la via oscura del conflitto bellico per imporsi in Europa. L'Italia, affascinata dal nuovo potente alleato nazista, e persuasa dalla politica di potenza del regime fascista, azzardava sciaguratamente l'ingresso in guerra il 10 giugno del 1940. La realtà dei fatti, però, smentì ben presto le rosee previsioni del duce, e il Bel Paese, custode di un inestimabile patrimonio culturale, fu investito dalla tragedia della Seconda Guerra Mondiale. La Campania, diventata strategico trampolino di lancio verso il Mediterraneo, oltre ai terribili bombardamenti angloamericani, subì anche i pesanti danni umani e culturali dovuti agli scontri sul campo, alle ritorsioni naziste, e alla lunga occupazione alleata. Sul suo territorio, quindi, si combatté una delle più lunghe e onerose battaglie della guerra, quella per la sopravvivenza della memoria storica del sud Italia.
di Giuseppe Russo | Photocity Edizioni | Saggio storico
ISBN 9788866827993 | cartaceo 18,00€ Acquista
ISBN 9788866827993 | cartaceo 18,00€ Acquista
Davide Dotto Sono nato a Terralba (OR) vivo nella provincia di Treviso e lavoro come impiegato presso un ente locale. Ho collaborato con Scrittevolmente, sono tra i redattori di Art-Litteram.com e curo il blog Ilnodoallapenna.com. Ho pubblicato una decina di racconti usciti in diverse antologie. Il ponte delle Vivene, Ciesse Edizioni. |
Ti siamo davvero riconoscenti per il tempo che ci hai dedicato. Se sei stat* bene in nostra compagnia, che ne dici di iscriverti alla NEWSLETTER SETTIMANALE per restare sempre aggiornat* sui nostri argomenti? Oppure potresti offrirci UN CAFFÈ o sostenerci acquistando i GADGET ispirati ai nostri libri. Te ne saremmo davvero grati!
Oppure potresti lasciarci un commento per farci sapere che ne pensi di questo articolo, il tuo feedback è davvero importante per noi.
NB: Gli autori non sono responsabili per quanto pubblicato dai lettori nei commenti ad ogni post. Tuttavia, verranno cancellati i commenti ritenuti offensivi o lesivi della immagine o della onorabilità di terzi, razzisti, sessisti, spam o che contengano dati personali non conformi al rispetto delle norme sulla Privacy e, in ogni caso, ritenuti inadatti a insindacabile giudizio degli autori stessi.
Posta un commento