![[Libri] "Il labirinto della memoria" di Nicolò Maniscalco, pag. 69 | #91 Il-labirinto-della-memoria-Nicolò-Maniscalco-pagina69](https://1.bp.blogspot.com/-Sy7FY63YAg0/WVNhXUpUwVI/AAAAAAAAqDU/_7sTyaPA7DQtHVuL_jBKJXQVtWI7-_xKwCLcBGAs/s640/organic.jpg)
Il labirinto della memoria, di Nicolò Maniscalco, Zerounoundici, 2014. Droga, ricatto, personalità psicotiche, sogni allucinati in un noir ricco di colpi di scena.
190 pagine | ebookDaniela cambiò tattica, si girò verso la guardia e con gli occhi da pesce bollito le sussurrò: «Non si arrabbi. Le chiedo solo di andare in bagno.»
La donna la squadrò, era gracile ed emaciata, non poteva giocarle alcuno scherzo.
«Va bene» disse e lentamente la liberò dalle cinture che le legavano braccia e gambe, tenendo sempre bene in vista i suoi movimenti.
Il carabiniere Manca arrivò in quel momento per rilevare Bianchi.
«Ciao. Cominciavo a fare i funghi qua dentro» gli disse Bianchi appena lo vide. «Ho voglia di un caffè, prima di smontare. Ne vuoi uno anche tu.»
«Sì, grazie, mi terrà sveglio.»
Manca guardò il collega e indicò con la testa la porta della stanza di Daniela, facendo implicitamente la domanda se fosse stato o no il caso di lasciare il corridoio.
L’altro con fare rassicurante gli disse: «C’è dentro la collega della Penitenziaria. Dai vieni, la macchinetta del caffè credo sia qui dietro…»
«Sì, è alla base delle scale, dietro l’angolo» disse Manca un po’ titubante.
«Tanto si tratta di pochi minuti.»
L’agente di custodia stava aiutando Daniela ad alzarsi e aveva preventivato di utilizzare tutta l’energia necessaria che aveva per alzare quel corpo che, per quanto minuto, era privo di forze, secondo la sua valutazione.
La ragazza era sostenuta dalla guardia che faticosamente cercava di metterla in piedi quando, improvvisamente, si trasformò in una tigre, almeno quella fu l’impressione che ebbe l’agente sentendo il verso rabbioso uscire dalla bocca della ragazza; tutto questo prima di sentire il colpo alla tempia e piombare nel buio assoluto.
Bianchi e Manca stavano bevendo il caffè, mentre Daniela in divisa da agente penitenziario stava uscendo dal pronto soccorso dell’ospedale San Martino.
La donna la squadrò, era gracile ed emaciata, non poteva giocarle alcuno scherzo.
«Va bene» disse e lentamente la liberò dalle cinture che le legavano braccia e gambe, tenendo sempre bene in vista i suoi movimenti.
Il carabiniere Manca arrivò in quel momento per rilevare Bianchi.
«Ciao. Cominciavo a fare i funghi qua dentro» gli disse Bianchi appena lo vide. «Ho voglia di un caffè, prima di smontare. Ne vuoi uno anche tu.»
«Sì, grazie, mi terrà sveglio.»
Manca guardò il collega e indicò con la testa la porta della stanza di Daniela, facendo implicitamente la domanda se fosse stato o no il caso di lasciare il corridoio.
L’altro con fare rassicurante gli disse: «C’è dentro la collega della Penitenziaria. Dai vieni, la macchinetta del caffè credo sia qui dietro…»
«Sì, è alla base delle scale, dietro l’angolo» disse Manca un po’ titubante.
«Tanto si tratta di pochi minuti.»
L’agente di custodia stava aiutando Daniela ad alzarsi e aveva preventivato di utilizzare tutta l’energia necessaria che aveva per alzare quel corpo che, per quanto minuto, era privo di forze, secondo la sua valutazione.
La ragazza era sostenuta dalla guardia che faticosamente cercava di metterla in piedi quando, improvvisamente, si trasformò in una tigre, almeno quella fu l’impressione che ebbe l’agente sentendo il verso rabbioso uscire dalla bocca della ragazza; tutto questo prima di sentire il colpo alla tempia e piombare nel buio assoluto.
Bianchi e Manca stavano bevendo il caffè, mentre Daniela in divisa da agente penitenziario stava uscendo dal pronto soccorso dell’ospedale San Martino.
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