Pagina 69 #117 | L'albergo delle donne tristi, di Marcela Serrano, Feltrinelli, 2013. Un insolito rifugio per donne emotivamente ferite, nel Sud del Cile, gestito da Elena, personaggio fiero e credibile, che porta incisi sul viso i segni di una guerra vinta con il dolore.
"Hanno portato via il mio bambino!" singhiozza doña Fresia sull'orlo di una crisi isterica, aggrappandosi alla spalla di Elena.
"Hanno portato via il mio bambino, mi deve aiutare a ritrovarlo, signora Elena!"
Il pianto di Fresia non si placa e si trasforma in grida strazianti; a calmarla non sembrano bastare le la mani rassicuranti e le parole di conforto sussurrate da Elena, che si rivolge quindi a Floreana ordinandole piano ma con fermezza:
"Corri all'ambulatorio, di' al dottore di correre qui e di portare qualche iniezione calmante".
Scossa dal dolore della vecchia Fresia, Floreana ubbidisce. Solo qualche minuto prima, mentre passava davanti all'ingresso dell'Albergo, aveva visto il Gobbo correre come un coniglio spaventato in contro a Elena per riferirle che c'era bisogno di lei in paese. Aveva interrotto il lavoro nell'orto per una breve pausa e si accingeva a riprendere quando Elena le aveva chiesto di accompagnarla.
Quella mattina si era rifatta viva dal nulla, dopo otto anni e senza preavviso, la nuora di doña Fresia e si era portata via a forza il figlioletto dopo aver insultato e accusato la suocera di rapimento; si erano contese a strattoni il bambino finché la più giovane aveva avuto la meglio. Pare che il bambino, terrorizzato, si fosse messo a piangere cercando disperatamente di sfuggire alla presa della madre, che per lui era una perfetta sconosciuta; singhiozzava, implorando di tornare dalla nonna. Doña Fresia abita fuori del paese e non ha vicini in grado di aiutarla o almeno di testimoniare.
"Hanno portato via il mio bambino, mi deve aiutare a ritrovarlo, signora Elena!"
Il pianto di Fresia non si placa e si trasforma in grida strazianti; a calmarla non sembrano bastare le la mani rassicuranti e le parole di conforto sussurrate da Elena, che si rivolge quindi a Floreana ordinandole piano ma con fermezza:
"Corri all'ambulatorio, di' al dottore di correre qui e di portare qualche iniezione calmante".
Scossa dal dolore della vecchia Fresia, Floreana ubbidisce. Solo qualche minuto prima, mentre passava davanti all'ingresso dell'Albergo, aveva visto il Gobbo correre come un coniglio spaventato in contro a Elena per riferirle che c'era bisogno di lei in paese. Aveva interrotto il lavoro nell'orto per una breve pausa e si accingeva a riprendere quando Elena le aveva chiesto di accompagnarla.
Quella mattina si era rifatta viva dal nulla, dopo otto anni e senza preavviso, la nuora di doña Fresia e si era portata via a forza il figlioletto dopo aver insultato e accusato la suocera di rapimento; si erano contese a strattoni il bambino finché la più giovane aveva avuto la meglio. Pare che il bambino, terrorizzato, si fosse messo a piangere cercando disperatamente di sfuggire alla presa della madre, che per lui era una perfetta sconosciuta; singhiozzava, implorando di tornare dalla nonna. Doña Fresia abita fuori del paese e non ha vicini in grado di aiutarla o almeno di testimoniare.
Quarta di copertina
"L'albergo delle donne tristi" di Marcela Serrano.
Attraverso l'esperienza della protagonista Floreana, l'autrice ci introduce in un insolito rifugio per donne emotivamente ferite, situato in un'isola nel Sud del Cile. L'albergo è gestito da Elena, personaggio tanto più fiero e credibile quanto più porta incisi sul viso i segni di una guerra vinta con il dolore. Per un periodo di tre mesi, le ospiti dell'albergo hanno la possibilità di trovare conforto attraverso la conoscenza di persone affini per vulnerabilità, lontano dal mondo dei giudizi e dei rimproveri, da amori autolesionistici. La varietà dei casi umani che emerge dalla narrazione è un invito alla spontaneità, alla sincerità anche a costo della sofferenza, alla voglia di vivere mettendosi sempre in gioco. Leggi le altre pagine 69:
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