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Il ritorno di Mary Poppins: la recensione

Il ritorno di Mary Poppins: la recensione

Cinema Recensione di Stefania Bergo. Il ritorno di Mary Poppins di Rob Marshall, il film di Natale della Disney. Annunciato come sequel, assomiglia molto più a un velato remake un po' démodé.

Durante le vacanze di Natale è per me tradizione andare al cinema per vedere il capolavoro della Disney in programma. Frozen, Big hero six, Oceania, Coco, non ne abbiamo perso uno dei film d'animazione. Quest'anno, invece, attendevamo con ansia il ritorno di Mary Poppins, come annunciato già da tempo, in quello che doveva essere un sequel ambientato 20 anni dopo il celebre film del 1964. Emma ne era entusiasta, si è goduta la magia e i colori della favola. Io un po' meno, lo ammetto. Ora vi spiego perché.

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Il ritorno di Mary Poppins è ambientato nell'Inghilterra degli anni '30, in piena depressione economica. 

Il rigido signor Banks, tutto assorbito dal suo lavoro alla grande banca — «o meglio ancora nella grande banca Dawes di credito, risparmio e sicurtà» — e la moglie suffragetta sono ormai morti e i piccoli di casa sono cresciuti. Micheal a sua volta ha tre figli ma è rimasto solo, vedovo. Un pretesto narrativo che dà modo alla sorella Jane di tornare a vivere in viale dei Ciliegi 17, un quartiere rimasto immutato, con tanto di Ammiraglio Boom (David Warner) che ancora batte l’ora con un colpo di cannone. Jane ha ereditato la passione politica dalla madre, e infatti fa la sindacalista, mentre Micheal ha prevedibilmente problemi economici e rischia di perdere la casa di famiglia. Ancora una volta, come 20 anni prima, Mary Poppins viene chiamata in aiuto dei Banks, ancora una volta di quelli adulti, più che dei bambini.


Lo schema narrativo del ritorno di Mary Poppins è del tutto identico all’originale: genitori troppo assorti nel loro essere adulti per ricordare le emozioni e l'innocenza dell'infanzia ma che alla fine ritrovano la colorata e leggera fiducia nel futuro e la semplicità dei bambini.

Ebbene, ho avvertito per tutto il tempo un senso di anacronismoIl ritorno di Mary Poppins è un film a metà strada tra il remake e il sequel. E non ci sarebbe nulla di male nel voler fare un remake, non fraintendetemi, è chiaro l'intento della Disney di proporre la magia della tata più famosa del mondo ai bambini di oggi. Ma per me, che sono cresciuta con supercalifragilistichespiralidoso, il tutto mi è parso un po' forzato e la magia non si è ripetuta del tutto — forse perché conoscevo già il trucco? Questo non significa che non sia un film godibile, anzi, vale senz'altro la pena di portare i più piccoli a vederlo, per loro i vortici di bolle e petali colorati saranno coinvolgenti quanto lo sono stati per noi a suo tempo: bellissima la scena del bagno e quella del salto nel vaso, in cui si fondono fotogrammi e animazione — mirabili i costumi che paiono disegnati addosso agli attori. Anche i balletti sono sempre coinvolgenti, e la mancata scintilla non ha nulla a che vedere con la perfetta interpretazione di Emily Blunt, nel non certo facile ruolo di erede al trono, che ha studiato bene la parte ed è riuscita a non far rimpiangere la superba Julie Andrews, riportando sugli schermi una Mary Poppins ancor più sicura di sé —  anche se forse un po' démodé.

Il ritorno di Mary Poppins

Il ritorno di Mary Poppins

REGIA Rob Marshall
SCENEGGIATURA David Magee
FOTOGRAFIA Dion Beebe
MUSICHE Marc Shaiman
DISTRIBUZIONE Walt Disney Studios Motion Pictures
ANNO 2018

CAST: Emily Blunt, Lin-Manuel Miranda, Ben Whishaw, Emily Mortimer, Pixie Davies, Joel Dawson, Nathanael Saleh, Julie Walters, Meryl Streep, Colin Firth, David Warner, Dick Van Dyke, Angela Lansbury

Il regista Rob Marshall rende omaggio a Mary Poppins ma senza allontanarsi più di tanto dall'originale: non ha il coraggio di un vero e proprio rifacimento ma nemmeno quello di un sequel che vada davvero oltre la trama già conosciuta.

Al posto degli spazzacamini ritroviamo gli acciarini, che invece della travolgente scena del balletto sui tetti di Londra, si esibiscono tra i vicoli, riaccompagnando a casa i bambini e Mary esattamente come nel primo film, disperdendosi lungo Viale dei Ciliegi — forse un po' forzato l'inserimento dei bikers nel tentativo di modernizzare la sequenza. Invece della gita nel quadro di Bert — lo spazzacamino amico di Mary Poppins —, c’è il viaggio nel vaso decorato della mamma accidentalmente rotto dai bambini, dalla nostalgica animazione classica senza il ricorso alla perfezione della computer grafica odierna con cui si poteva osare. La celebre ninna nanna di Mary è diventata Il posto dove si nasconde, una canzone per consolare bambini che avvertono la mancanza della mamma e invece di Basta un poco di zucchero, che doveva convincere i piccoli Banks a riordinare la stanza, ora c'è Una stupendosa idea, per convincerli a fare il bagno. La bizzarra sequenza dello zio Albert e del tè sul soffitto ha lasciato il posto a un'altra parente, una lontana cugina di Mary Poppins, l’eccentrica Topsy (Meryl Streep), che si ritrova con la stanza sottosopra, letteralmente, ogni secondo mercoledì del mese. Per finire, invece di appropriarsi di soli due penny, questa volta la banca vuole prendersi addirittura la casa di famiglia, con tanto di irruzione dei bambini nell'edificio e conseguente arrabbiatura del padre che non capisce subito il loro intento, oggi come allora. Ciliegina sulla torta, invece di ritrovare l'infantile leggerezza grazie al volo di un aquilone — che tra l'altro funge da trait d'union tra i due film —  ora ci sono i palloncini, tanti colorati palloncini distribuiti da una signora (Angela Lansbury) che ricorda vagamente la vecchietta della Cattedrale.

Non c'è una vera e propria trama, in questo ritorno, se non la ricerca di un documento per ridare ai Banks la loro casa. Mancano gli insegnamenti di vita, il percorso di formazione della Mary Poppins di un tempo.

Mi ha dato l'impressione di essere tutto un po' prevedibile e confuso, un grande carosello mediatico di colori e magie, un musical che sa comunque coinvolgere i più piccoli e meravigliarli.
C’è sicuramente una vena più amara, in questo sequel, introducendo il dolore dei bambini per la mamma che non c'è più e il senso di smarrimento di Micheal, che si ritrova solo ad allevare tre figli, non sapendo affrontare nemmeno le piccole cose quotidiane, dato che tutto era portato avanti dalla moglie, vero perno della famiglia. Jane non ha una storia sua da raccontare, appare una comparsa di passaggio messa lì a ricordare il passato — e infatti l'attrice Karen Dotrice ormai cresciuta farà una fugace apparizione in un piccolissimo cameo, fateci caso; un cameo di tutto rispetto è anche quello di Dick Van Dyke nel ruolo di Mr. Dawes Jr., figlio del vecchio banchiere interpretato sempre da lui nel 1964, allora giovane e truccato da anziano, ora, a 93 anni suonati, ancora in grado di ballare su un tavolo.
Il ritorno di Mary Poppins è basato su un cinema d’altri tempi, è la rilettura di un classico che però risulta un po' démodé, come dicevo. Forse perché solitamente i sequel fanno salti temporali maggiori rispetto al tempo realmente trascorso dal primo capitolo, mentre in questo caso è avvenuto il contrario. Forse sarebbe stato più emozionante un vero e proprio remake, forse sarebbe stato più coraggioso un sequel ambientato davvero 50 anni dopo. O forse sono solo io ad essere ancora troppo legata a quella Mary Poppins che, malgrado gli acciacchi dell'età, appare comunque più fresca e innovativa del suo ritorno.





Stefania Bergo


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