Gli scrittori della porta accanto

Intervista a Cristina Brondoni, criminologa e scrittrice

Intervista a Cristina Brondoni, criminologa e scrittrice

People A cura di Giulia Mastrantoni. Intervista a Cristina Brondoni, criminologa, lettrice e saggista (di quelle divertenti).

Alla fine della sua biografia, Cristina Brondoni scrive con molta nonchalance «capita di vedermi in tv» e poi aggiunge tra parentesi: «TgCom24, Tg5, Tg4, Studio Aperto». Pizza e fichi, insomma.
Cristina Brondoni è una di quelle donne che vantano fior di titoli di studio (ha una laurea in Lettere, una seconda laurea in Criminologia e poi anche un master), una carriera interessantissima (fa la criminologa, meglio di così!) e diversi riconoscimenti professionali (a questi arriviamo tra poco), ma a parlarci direste che è la vicina della porta accanto.
Sono certa che Cristina Brondoni mi perdonerà se cito una frase che mi ha scritto in occasione del nostro primo scambio di email. Mi scrisse: «Il tuo progetto di studio è fenomenale: mai sentito nessuno scrivere un romanzo per scrivere una tesi. Bellissimo!» Io all’epoca ringraziai, com’è buona educazione, ma tra me e me pensai: cioè, lei che ha scritto il saggio più figo del mondo, che fa la giornalista e la criminologa, e che va in tv un giorno sì e l’altro pure, scrive a me che il mio progetto di dottorato è bellissimo! Ma roba da matti. Però, e-maillandoci allegramente, io e Cristina Brondoni ci siamo scoperte simili: entrambe appassionate di misteri, grandi fan dell’inimitabile Stieg Larsson e sempre alla ricerca di un romanzo giallo da leggere.

Ho conosciuto Cristina Brondoni nel modo in cui ormai incappo nella maggior parte delle mie amicizie: leggendo il suo saggio Dietro la scena del crimine. Morti ammazzati per fiction e per davvero, (Las Vegas Edizioni).

L’ho trovato geniale, ma geniale sul serio, allora l’ho recensito. Non sono stata l’unica, però, a trovarlo un bel saggio. Sul canale YouTube di Prime Dieci Pagine, Cristina viene video-intervistata e risponde alla domanda che tutti gli autori di romanzi gialli (ma anche di serie tv criminali) temono: l’attendibilità scientifica delle descrizioni di un cadavere, dell’autopsia che se ne fa e del modo in cui la persona è stata ammazzata sono veramente così importanti? Accipicchia se lo sono! Come Cristina Brondoni fa notare, a meno che non si voglia rischiare di creare ilarità involontaria, è meglio documentarsi in modo serio prima di ammazzare letterariamente qualcuno. E su questa nota, vorrei iniziare a fare qualche domanda alla nostra criminologa...

Nel tuo saggio Dietro la scena del crimine parli di una serie di cadaveri a dir poco inverosimili che vengono ripetutamente sfruttati nelle serie tv, ad esempio quelli di coloro che sono stati impiccati e che, nella realtà, non assomigliano affatto a ciò che si vede in tv. Citi anche una serie di romanzi, recenti e meno, nei quali la modalità con cui il delitto è stato portato a termine non è delle più verosimili, ché gli effetti del veleno non sono opinabili. Ora, molto onestamente, è più frequente incappare in morti e cadaveri fasulli, o in serie tv e romanzi accurati?

Direi che ogni romanziere si prende la sua licenza poetica. Quelli davvero bravi riescono sempre a trovare un modo per raccontare una storia verosimile: per esempio evitando riferimenti medico legali. Ultimamente ho letto un romanzo in cui il protagonista occultava, nella tasca anteriore dei pantaloni, una pistola semiautomatica Beretta 92FS. Ora, no. Occultarla proprio no. Magari che entri nella tasca dei pantaloni può essere, ma non c’è verso di nasconderla in quel modo. Basta fare caso, in estate, a chi gira con giacche e giacchini stretti in vita. Di solito sono sbirri in borghese. E gli serve un indumento adatto a nascondere l’arma. Nella narrazione era fondamentale l’arma nascosta perché il personaggio la estrae in modo improvviso sorprendendo tutti. Avrei scelto un’arma più contenuta nelle dimensioni e nel peso, e ovviamente nel calibro. Anche perché il personaggio non vuole fare una strage, si vuole suicidare. E, disgraziatamente, si muore anche con proiettili di piccolo calibro.
In Selfie di Jussi Adler-Olsen c’è una meravigliosa descrizione di quanto sia difficile, scomodo e spesso del tutto impraticabile spostare un corpo morto. Nella maggior parte dei romanzi si leggono frasi come: “E spostò il cadavere”. Ma come? Perché se si vuole far credere che una donna di cinquanta chili ha spostato, a peso morto, un uomo di ottanta chili sollevandolo per metterlo nel bagagliaio dell’auto, non solo è inverosimile, ma, senza aiuto, è impossibile.

Da un punto di vista molto pratico, i non addetti ai lavori possono trovare difficile accedere a risorse utili per la propria formazione criminologica che siano serie, sì, ma anche comprensibili. Secondo te quali sono le strade più percorribili per chi volesse informarsi prima di scrivere un romanzo o una sceneggiatura gialla?

Grazie ai social network e a Internet è talmente semplice entrare in contatto con gli altri che, trovare la persona giusta, non è difficile. Chi vuole scrivere per farsi leggere, quindi non per hobby, è necessario che investa qualcosa, se il suo romanzo o scritto lo richiede, su altri professionisti. Se devo riparare la lavastoviglie non rischio di allagare la casa perché non voglio spendere quei settanta o cento euro per un tecnico professionista. Il fai da te umanistico produce oscenità. Se non si conosce qualcosa di cui si vuole scrivere, ci si informa. Se si ha bisogno di informazioni medico legali, giuridiche, entomologiche, forensi, ci si rivolge al professionista. Altrimenti si allaga il romanzo.

Ammetto colpevolmente di aver sempre pensato al criminologo come a una figura che esiste solo nei film o nei migliori romanzi gialli. Il crimine risveglia la curiosità di molti, attrae i media e sembra essere un argomento che piace molto agli spettatori di serie tv, eppure una carriera in criminologia è un’idea che viene contemplata da pochi. Ricordo che al liceo tutti dicevano di voler fare l’ingegnere, il linguista, il medico... nessuno il criminologo. Secondo te c’è una ragione per cui questo percorso di studi è adombrato da promesse di carriere più note?

Credo che il problema risieda nel fatto che il legislatore, nel codice, ha inserito la figura del criminologo nelle indagini, ma nessuno si è preoccupato di regolamentare la professione, per esempio introducendo un albo e un percorso di studi chiaro e univoco. Il criminologo, come professione, in Italia non esiste.

In generale, su quali crimini capita più spesso di lavorare e perché?

Mi occupo di casi di omicidio. E di casi di morte sospetta e di suicidio che, per una serie di motivi, normalmente incongruenze, i parenti della vittima ritengono omicidi. O induzione al suicidio.

Chi è il migliore di amico di un criminologo e chi è la sua nemesi?

La scienza è la migliore amica. L’innamoramento della tesi è la nemesi della scienza. Il criminologo deve basarsi sui fatti, sulla scienza. Non può avanzare un’ipotesi solo perché gli sembra che sia quella giusta. E molte indagini finiscono male proprio perché qualcuno si è innamorato della sua tesi e non vuole sentire ragioni. Nemmeno se è la scienza a suggerirle.

C’è un caso, recente o meno, che ti ha particolarmente appassionata?

Mi sto occupando, ormai da tempo, di un caso archiviato come suicidio. Le prove scientifiche virano verso l’omicidio, ma nonostante le evidenze forensi, per ora il caso continua a restare archiviato. Per ora.

In alcuni romanzi, ad esempio quelli della Christie di cui Poirot è protagonista, i detective fanno deduzioni spaziali che tu, da semplice lettore, non riusciresti mai ad immaginare. Secondo te l’espediente del detective particolarmente sveglio, un po’ alla Sherlock Holmes, è verosimile?

Il detective dovrebbe essere un po’ più sveglio degli altri, ci si augura che sia almeno un filo più sveglio del criminale. Una mente brillante è una mente che non è mai sazia, che studia, che è attenta. Che non si accontenta. Che è aperta e ricettiva. Certo non è la mente dei “non mi compete”, dei “si è sempre fatto così” e dei “io faccio il mio”. Quelli sono destinati a fallire. In qualsiasi campo.

Se dovessi uccidere un personaggio che ti sta veramente, ma veramente antipatico, quale modalità sceglieresti?

Lo farei morire solo. Credo non ci sia niente di più tragico.

Su questa nota assolutamente inquietante, vorrei concludere parlando del tuo lavoro più recente e dei tuoi lavori in corso…

È appena uscito il saggio Sembrava un incidente. Staging sulla scena del crimine pubblicato da Aras Edizioni. Lo staging è la messinscena sulla scena del crimine. Lo staging più accurato, in genere, si nota. I particolari sono troppo evidenti e fanno sorgere dubbi, come se le prove fossero state messe lì a uso e consumo di chi fa indagine. Fa strano che a volte non lo si riconosca nella realtà, perché è il perno su cui sono costruiti romanzi, film e serie tv.
Che altro faccio? Continuo a fare conferenze sul crimine, soprattutto su come stare al riparo dal crimine. E, pare entro giugno, ma più facile a maggio, uscirà un romanzo. Ancora non ci posso credere. Infatti non te l’ho detto. Shhhh.

Un mega grazie a Cristina Brondoni, la criminologa preferita de Gli Scrittori della Porta Ac-canto.



Giulia Mastrantoni
Ho collaborato per quattro anni all’inserto Scuola del Messaggero Veneto. Scrivo per il mash up online SugarPulp e per la rivista dell’Università di Trieste Sconfinare.
Dopo aver trascorso un periodo in Inghilterra, ho iniziato un periodo di studi in Canada e ora vivo in Australia. Ma, dovunque sia, scrivo.
Misteri di una notte d’estate, ed. Montag.
One Little Girl – From Italy to Canada, eBook selfpublished.
Veronica è mia, Pensi Edizioni.
La forma del sole, Gli Scrittori della Porta Accanto.


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