Libri Recensione di Davide Dotto. Il cuore e la tenebra di Giuseppe Culicchia (Mondadori). Un romanzo che racconta e riflette su amore, fallimento, ossessione, e sul rapporto tra padri e figli. Può un orrore che è altro da noi salvarci dalla nostra personale tenebra?
Il cuore e la tenebra è la storia di un uomo che, non tollerando più il suo presente e non vedendo più alcun futuro, sceglie di rifugiarsi nel passato. Ma non in un passato per così dire di comodo, come il protagonista di Midnight in Paris e i suoi ruggenti anni Venti. No: lui sceglie il cuore di tenebra dell’Europa.
Giuseppe Culicchia, Il cuore e la tenebra
Compito dell'artista non è di soccombere alla disperazione, ma di trovare un antidoto per la futilità dell'esistenza.Alla morte del proprio padre, il figlio Giulio riannoda fili sin troppo sparsi, ricostruendone la vita e i frammenti di un intero destino. Se un tempo si frugava soltanto nei cassetti, oggi si rovista tra i file di un computer.
Midnight in Paris, regia di Woody Allen (2011)
Di Federico Rallo ricorda che ha fatto il giudice di X Factor, e che «ha dato uno schiaffo ad Allevi».
Al termine della direzione dell’Orchestra filarmonica di Berlino comincia il declino. È il 2002: a precederlo, nientemeno che Von Karajan e Claudio Abbado, dopo di lui Simon Rattle e Kirill Petrenko.
Non arriva a dirigere i Berliner in pubblico, per via – anche qui – di un raptus che lo porta a spezzare la bacchetta sulla testa del secondo violino.
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Non è casuale il riferimento a Joseph Conrad, alla linea d'ombra che Federico supera più di una volta in modo irreversibile. Nel romanzo di Giuseppe Culicchia cuore e tenebra si legano indissolubilmente.
Le vicende famigliari di Federico stanno all'origine delle tenebre che lo avvolgono, e lo spingono ad allontanarsi: «Scappare. Già. Anche tu papà un giorno scappasti via da noi».Difficile tirare le somme da parte di Giulio. Al momento dell’abbandono ha tre anni, Pietro, il fratello, cinque. Fatica a capire il senso di quello che scopre. L’impegno con i Berliner per suo padre è un tutt’uno con l’ossessione maturata nei confronti di Wilhelm Furtwängler:
Avevi lavorato tutta la vita per arrivare a dirigere quell’orchestra, che a tuo dire nel 1942, proprio per il compleanno di Hitler, si era prodotta nella più straordinaria esecuzione della Nona Sinfonia di Beethoven di sempre.Il suo sogno è non solo rievocare, ma replicare quella esecuzione. Per questo motivo non cessa di riascoltare – e riproporre alla sua orchestra – il concerto di Berlino del 1942. Ciascuno deve contribuire a riprodurne la perfezione. Affinché ciò sia possibile, occorre calarsi nel tempo e nel contesto di allora. Imprescindibile immergersi nel Nazionalsocialismo e in chi lo personifica: Adolf Hitler.
Giuseppe Culicchia, Il cuore e la tenebra
L’esigenza è quella di fuggire dalla disperazione.
Al proprio spirito annientato oppone un’epoca ormai lontana di «mondi in fiamme» e di «rivolgimenti dall’esito tragico». La Nona Sinfonia di Beethoven diretta da Furtwängler è una barricata, la possibilità di recuperare un genere di grandezza che si fa strenua resistenza contro la fine incipiente.Le implicazioni di ciò sono enormi: il modello, l’eroe, è Furtwängler. Il Nazismo e Hitler sono il contenitore, lo strumento affinché l'opera artistica raggiunga vette di fatto invalicabili.
Replicare il concerto del 19 aprile 1942 significa aderire all’ideologia Nazista? Arduo negarlo:
Ma Furtwängler non avrebbe mai diretto a questo modo la Nona Sinfonia se sulla sua strada e su quella della Germania non fosse apparso Adolf Hitler: che nella sequenza iniziale del Trionfo della Volontà di Leni Riefenstahl giunge da un cielo carico di nubi per squarciarle e portare il sole sulla Terra, come solo una divinità. E la Svastica è non a caso il simbolo del sole.Un sole prossimo al collasso, una supernova destinata a esaurirsi dopo la tremenda e spettacolare deflagrazione. A dominare è ciò che a Hitler si accompagna: lo spettro della fine “l’Angelo della Morte” che «aleggia sopra Berlino, e lì rimarrà fino al maggio del 1945».
Giuseppe Culicchia, Il cuore e la tenebra
Non c’è più scampo. La sconfitta è certa. L’orrore incombe.La linea d’ombra è stata attraversata, ma non da una persona sola. Giulio lo sa, e lo sa sua madre: «Ma è vero che sta tornando il fascismo?»
Vi sono, alla base, chiari segni di una continuità storica, anche se grottesca e subdola.
A tratti è persino vera un'altra cosa, come il fatto che sembrano in molti ad aderire a idee che circolano sotto banco da decenni se non da secoli. La loro origine trascende gli stessi Fascismo e Nazionalsocialismo, esperienze (sul punto è utile rimandare alle riflessioni del recente volume di Emilio Gentile, Chi è fascista), esauritesi storicamente nel 1945.Ci vuol pochissimo, per esempio, a cogliere quel che sta dietro al Trionfo della Volontà e al Nazionalsocialismo, che hanno raccolto i frutti della Ragione Illuminista e delle Passioni del Romanticismo. Le quali – come si legge tra le righe – esprimono non una ideologia politica ma una Weltanschauung. Non una Weltanschauung qualunque ma una visione del mondo che si fa concezione dell'esistenza e della condizione umana. Condizione umana che si riflette in un DNA dello spirito e, insieme a esso, in una normalità capace, non di rado e facilmente, di spingersi troppo oltre, dal regno del cuore a quello della tenebra.
Il cuore e la tenebra
di Giuseppe CulicchiaMondadori
Narrativa
ISBN 978-8804708032
Cartaceo 14,45€
Ebook 9,99€
Sinossi
Giulio, trent'anni superati da poco, viene raggiunto dalla notizia della morte del padre. Famoso direttore d'orchestra, si era trasferito anni prima a Berlino, dove era stato nominato direttore della Filarmonica. Ossessionato dall'esecuzione della Nona Sinfonia diretta da Furtwängler nel 1942 per il compleanno di Hitler, aveva costretto l'orchestra a migliaia di prove estenuanti per ripeterla identica. La rivolta dei musicisti e l'accusa di nazismo che ne era seguita avevano troncato la sua carriera. Sullo sfondo di una Berlino in costante mutazione, Giulio intraprende il suo viaggio per raccogliere i pezzi della vita di quel padre scomparso improvvisamente e che aveva visto così poco dopo che aveva lasciato la madre e lui e suo fratello ancora bambini. Tocca a Giulio occuparsi di tutto e, nell'appartamento berlinese, tra gli oggetti, i libri e i file personali, quella che piano piano prende forma davanti ai suoi occhi è una nuova immagine del padre, una nuova storia. Culicchia scrive un romanzo che racconta e riflette su amore, fallimento, ossessione, e sul rapporto tra padri e figli. Sulla nostalgia di ciò che è passato e non tornerà più e di ciò che non è mai accaduto, di ciò che non siamo riusciti a far accadere. E allora come si colmano i vuoti da noi stessi creati? Che cosa significa fallire? Cosa significa per un padre lasciare i figli? E per i figli crescere con un amore spezzato a metà? Può un'ossessione salvarci dal rimorso e dal rimpianto? Può un orrore che è altro da noi salvarci dalla nostra personale tenebra?
Davide Dotto |
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