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Amazzonia, Rio Madre de Dios: la foresta di Pantiacolla

Amazzonia, Rio Madre de Dios: la foresta di Pantiacolla

Viaggi Di Luigi Lazzaroni. Rio Madre de Dios, l'Amazzonia incantevole e selvaggia: in viaggio lungo il fiume fino alla foresta di Pantiacolla, tra night-monkeys, coati, bradipi, are, pecari e la collpa dei pappagalli.

Due colibrì volano velocissimi sui fiori attorno alla Posada San Pedro, imposto sulla macchina scatto continuo, magari uno lo becco.


22 maggio: Amazzonia, Rio Madre de Dios

Dopo colazione partenza per il Rio Madre de Dios, folate di nebbia sulla foresta, scrosci d’acqua sulla strada, pioggia insistente sul villaggio di Pillcopata, siamo alla frontiera dell’Amazzonia.
Tra poco ci fermiamo a un centro di recupero della fauna – annuncia Michel – curano gli animali feriti o sequestrati ai bracconieri prima di rimetterli in libertà. Uno pensa a gabbie e voliere ma non c’è niente del genere, un tamandua scende sicuro da un albero, un coati sale furtivo, una femmina di pecari e tre maialini grufolano attorno ai nostri piedi, due ara multicolori si riparano dall’acqua sotto una tettoia di foglie, Martin, il ragazzo tedesco, si lascia intenerire e culla un bradipo – ma non scappano? – no, qui hanno da mangiare e nessuno li disturba. Tra tanti animali e fiori, Michel ci mostra un cespuglio anonimo – è coca, ma solo per uso locale…

Amazzonia, Rio Madre de Dios e hoatzin

Più avanti c’è un mirador, si vede il Madre de Dios che si perde lontano nella nebbia della foresta. 

L’ultimo posto abitato raggiunto dalla strada è Atalaya, quattro case e centinaia di caschi verdi di banane – vorrebbero avere una strada asfaltata per poterle vendere a Cusco invece di mandarle giù lungo il fiume, ci spiega Michel, ma il Parco si oppone.
Finalmente sul fiume: Pantiacolla è il nome della barca, Carlito è il nome del marinero, l’aiutante, quello del capitano me lo sono perso ma naviga sicuro tra le rapide turbolente del fiume. Il badante peruviano di mio padre mi aveva avvertito – è un fiume pericoloso, quando facevo il militare ce lo hanno fatto attraversare a nuoto, ognuno tirava una bomba a mano per far scappare pesci e caimani e poi si buttava in acqua – e meno male che è un parco nazionale.
Sosta al Cocha Machuhuasi, una lanca abbandonata invasa dalla vegetazione. La zattera di balsa scivola lentamente sull’acqua nera, centinaia di libellule ci osservano immobili nell’aria, uccelli variopinti si nascondono tra le canne, gli hoatzin svolazzano rumorosi da un ramo all’altro al nostro inseguimento.
Al Pantiacolla Lodge mi vengono dati in custodia una candela e un ragazzo sino-americano, avrà vent’anni, arriva da un altro gruppo e mi massacra tutta la sera con domande sul sistema scolastico italiano.

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23 maggio: la foresta di Pantiacolla

Ci sono file di foglioline che si muovono verso un grande cumulo di terra e rametti, sono le formiche taglia foglie (tutti lì attorno col cellulare a fare foto e video) scendono soprattutto dal tronco di un grande albero – sembra vecchio ma ha una ventina d’anni, non di più, dice Darwin, la guida che ci condurrà sul Rio Manu – e come lo sai? – sono vissuto qui per un po’ di anni quando ero piccolo – oookay.
Con gli stivali ai piedi lungo i sentieri inondati della foresta attorno al lodge. Ci sono le palme che camminano con le giovani radici impudiche, per terra fiori gialli e fiori azzurri caduti dagli alberi, cespugli di fiori rossi da fiorista ed erbe medicinali – questa si usa per guarire le malattie dei reni, questa per guarire le ferite, questa per guarire dalla tosse – qui non si muore mai, si lasciano scappare i due olandesi, lei e lui, Darwin, la nuova guida, non li ha sentiti.
Nel pomeriggio acqua a torrenti ma dopo cena uscita notturna. Cosa si vede di notte? Farfalle addormentate a testa in giù, ragni impassibili al centro delle loro ragnatele, cavallette che ti guardano inebetite, insetti foglia che non vedresti mai se non te li indicasse Darwin, ma soprattutto rane, rane gialle, marroni, verdi, verdi con la pancia bianca, ocra screziate di nero, tutte piccole o piccolissime tranne una – è il sapo-toro comun –, che è grande come la mia mano. Su un ramo c’è un serpentello bianco e nero anche lui in cerca di rane.

Una rana del Rio Madre de Dios

24 maggio: la collpa dei pappagalli

Sveglia all’alba, si va alla collpa, una specie di falesia alta sul fiume dove i pappagalli vanno a becchettare l’argilla – perché? – per neutralizzare le parti velenose delle foglie e dei frutti che mangiano, sanno tutto queste guide.
Fa freddo in barca, più del solito – colpa del vento argentino che in questa stagione ogni tanto risale lungo le Ande, ci spiega Darwin, e aggiunge, questi sono i giorni del friaje in cui gli indios della foresta si ammalano e i vecchi muoiono per il freddo – in Amazzonia?
Ci vuole pazienza ma pian piano arrivano prima un gruppetto, poi un altro, sono ciarlieri i pappagalli, e intanto ne arrivano altri e altri ancora, i rami degli alberi vicini alla falesia sono pieni di pappagalli verdi e pappagalli dalla testa azzurra (sono rari ci sussurra la guida), i più audaci si aggrappano alla parete e in pochi minuti si scatena un pandemonio di ali, becchi, litigi e grida, è come sentire da lontano il quarto d’ora di ricreazione di una scuola, poi all’improvviso si alzano tutti in volo e tra gracchi e fischi scompaiono sopra la foresta, lo spettacolo è finito. Poche foto e scarse, ci voleva uno zoom più potente e un cavalletto.

la collpa dei pappagalli

Sulla barca, al ritorno: avete sentito il “casino” tra i rami questa notte? – è Stefanie, la ragazza tedesca che conosce un po’ di italiano, le parolacce, – erano night-monkeys, risponde Darwin, le uniche scimmie notturne che si conoscano. Io non ho sentito niente, troppo stressato dalle domande di Chen sul sistema di governo italiano, figurati.
Al pomeriggio ancora ore di barca giù lungo il fiume verso Boca Manu, a sinistra la foresta del Parque Nacional, a destra la foresta della Reserva Comunal Amarakaeri, quella degli indios del libro Tieni il fiume alla tua destra in cui l’autore, Tobias Schneebaum, descrive la sua partecipazione a un’esperienza di cannibalismo. Certo, è successo almeno cinquant’anni fa, ma il lodge su che riva sta?



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Luigi Lazzaroni

Luigi Lazzaroni
Non credo nell’astrologia ma mi ritrovo in alcune caratteristiche del mio segno, ovviamente quelle che mi fanno più comodo: l’Acquario ama sentirsi libero e sente il bisogno di spostarsi continuamente, adora viaggiare, è attratto da tutto ciò che è nuovo, ha idee continue che gli girano in testa, gli Acquario sono sognatori. Confermo al cento per cento. Per il resto studi classici, laurea scientifica giusto per cambiare, pittura nei periodi di meditazione, fotografia sempre, in montagna da solo o con gli amici, in giro per il mondo con una moglie che mi tiene nel mondo reale tranne che in Amazzonia dove non vuole proprio venire.


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