Gli scrittori della porta accanto

Recensione: Vergogna, di J.M. Coetzee

Recensione: Vergogna, di J.M. Coetzee

Libri Recensione di Stefania Bergo. Vergogna di J.M. Coetzee (Einaudi). Un pugno allo stomaco, uno spaccato di vita nel Sud Africa post-apartheid, prosa cruda per una Storia che si ripete e pare pareggiare i conti. Sul corpo delle donne.

Ho inserito Vergogna di J.M. Coetzee nella mia personale bookchallenge estiva solleticata dalla recensione di un'amica, expat in Sud Africa a lungo, quindi dentro le trame del tessuto sociale e della percezione che si ha, anche da stranieri, della disparità di classe e colore che ancora caratterizzava – caratterizza? – il Paese, malgrado l'abolizione dell'apartheid.


La storia è narrata con una prosa cruda, che pare quasi mancare di rispetto ai personaggi, pare non averne pietà. Non cerca di attenuare i toni, Coetzee, di dosare le parole per esporre i fatti in punta di piedi, ci si tuffa dentro e li narra nell'unico modo in cui possono essere narrati: senza filtri, senza giudizi, senza pudore, senza falsi moralismi. Non c'è nulla da edulcorare in questa storia, fermo immagine di un Sud Africa post-apartheid – siamo nel 1999 – che fa i conti col suo recente passato e con la Storia del mondo, dalla notte dei tempi.

David Lurie ha 52 anni ed è un insegnante benestante alla Cape Town University.

Probabilmente era intuibile, ma Coetzee fa espressamente riferimento al colore della sua pelle solo a pagina 126: David Lurie è bianco. Che differenza fa?, direte. Monolitica. Vasta quanto secoli di ingiustizie.
David è un uomo ancora attraente, non sa restare troppo a lungo senza un rapporto passionale, ne ha bisogno per sentirsi vivo. All'inizio è tra le braccia di una prostituta che si soddisfa, poi mette gli occhi su una delle sue studentesse, Melanie. Corteggiamento, seduzione: inizia una relazione che inevitabilmente si sposta sul piano sessuale. Una relazione sbilanciata nell'esperienza e nei bisogni. Una relazione tra subordinati: lui professore, lei studentessa, lui bianco, lei nera – anche questo si intuisce, ma non viene mai espressamente fatta menzione del colore della pelle dei personaggi, è un "dettaglio" che Coetezze pare pretendere essere di nostra percezione. Una relazione che Melanie forse non comprende, che non sceglie mai del tutto ma che subisce, come si subisce uno stupro, «come un coniglio quando le mascelle della volpe si chiudono sul suo collo. In modo che tutto ciò che le viene fatto avvenga, in un certo senso, lontano da lei».

La loro relazione viene scoperta e David subisce un processo e perde il lavoro, cade in Disgrazia – che è il titolo originale del libro.

No, non viene denunciato e giudicato per stupro. Viene giudicato per condotta disdicevole per un professore universitario, per favoreggiamento. L'abuso passa in secondo piano, quello che viene messo in evidenza nel romanzo è il rovesciamento dei ruoli tra le due etnie.
David si dichiara colpevole, più per indolenza che per reale pentimento, e viene allontanato dalla Facoltà.
Si rifugia dalla figlia, Lucy, che vive nell'arida campagna sud africana, in un territorio che non è il suo. Perché la terra arida e rossa è ora dei neri, che da braccianti diventano proprietari terrieri, in un tentativo di pareggiare i conti col passato.
Lucy vive sola, abbandonata, anche se non vuole ammetterlo, dalla compagna. Vive vendendo quello che coltiva, gestisce una pensione per cani – sono molto presenti nel romanzo, quasi coprotagonisti, una metafora – e aiuta un'amica attivista in una clinica veterinaria in città. Una figlia dei fiori moderna, consapevole e sicura di sé, che ha scelto la sua vita, ha fiducia nel futuro e soprattutto nel genere umano.
Il suo vicino di casa è Petrus, nero – perché, non scordiamolo, quella è la loro terra. Un uomo di cui Lucy ha cieca fiducia, che inizialmente lavora per lei, stipendiato, ma che poi costruisce la sua propria fattoria. Riassunta in una persona, la storia di un popolo, di una nazione.

E in quel territorio inospitale c'è un prezzo da pagare. Un debito che ancora una volta viene riscosso sulla pelle delle donne.

Tre ragazzi dei paraggi entrano con una scusa in casa di Lucy. Chiudono suo padre nel bagno, lo cospargono di alcol e gli danno fuoco, causandogli gravi ustioni alla testa. Ferite guaribili. Poi stuprano Lucy, con rabbia, come se lei fosse non solo una donna, ma anche e soprattutto un capro espiatorio, vittima sacrificale, come se rappresentasse un'intera razza così piegata al loro volere, di esattori che usano «il pene come arma». Lucy viene punita in quanto bianca, in quanto lesbica, in quanto donna indipendente che vuole essere padrona del proprio destino. Il desiderio sessuale non ha nulla a che vedere con queste ferite non guaribili, solchi profondi destinati a cambiarla per sempre. Saranno la sua vergogna, anche se «non c'è nulla di vergognoso nell'essere vittima di un crimine». A tal punto che Lucy denuncerà solo il furto, l'aggressione a suo padre, ma non lo stupro. Perché in qualche modo anche lei sente il peso di secoli di soprusi perpetrati dalla sua gente sulla pelle dei neri, anche lei si immola sull'altare per espiare i peccati di una etnia nei confronti dell'altra, con senso di colpa ed empatia – «Non voglio reincarnarmi in un cane o in un maiale ed essere costretta a vivere come vivono i cani e i maiali sotto le nostre grinfie».

David non comprende, ma del resto, «mestruazioni, parti, stupri e loro conseguenze: questioni di sangue, fardello delle donne e riserva delle donne».

Ecco che cosa hanno ottenuto i tre visitatori, ecco che cosa hanno fatto a questa giovane donna moderna e sicura di sé. La storia si sta diffondendo a chiazza d'olio. Non quella di Lucy, la loro, perché ne sono i proprietari. E la storia dice che l'hanno rimessa in riga, che le hanno fatto vedere a che cosa serve una donna.
J.M. Coetzee, Vergogna
Lucy è morta e forse nulla la porterà in vita. Forse sta solo accettando il suo destino di «selvaggina alla portata di tutti». Atto di coraggio o testardaggine? È il suo modo di piegarsi al volere degli uomini o di alzare la testa e gridare "no, io non scappo"?

Parla dell'olezzo sgradevole della vergogna, questo splendido e crudo romanzo di J.M. Coetzee. Quella di Lucy, quella di suo padre. Quella di un'intera nazione.

Parla anche di destino, inesorabile, cui spesso ci dobbiamo piegare. Parla di donne, involucri che danno la vita anche quando questa vita le insozza, marchia «come l'urina di un cane», vittime sacrificali, assoggettabili, su cui si regolano i conti della Storia. Parla di resilienza, che sia dimenticare, negare la realtà o farci l'abitudine – «Si fa l'abitudine a tutto, anche al continuo peggioramento di ciò che era già ai limiti della sopportazione».
Probabilmente anche Lucy sta guarendo o, se non guarendo, dimenticando, avvolgendo il ricordo nel tessuto cicatriziale, inguainandolo, sigillandolo. Tanto che forse un giorno sarà in grado di dire «La volta in cui ci hanno derubato» e pensarlo davvero.
J.M. Coetzee, Vergogna
Intenso da far male, scritto magistralmente – non per niente J.M. Coetzee è Premio Nobel per la Letteratura nel 2003 –, coraggioso. Necessario.



Vergogna

di J.M. Coetzee
Einaudi
Narrativa
ISBN 978-8806223182
cartaceo 10,20€
ebook 6,99€

Sinossi

«Per un uomo della sua età, cinquantadue anni, divorziato, gli sembra di avere risolto il problema del sesso piuttosto bene».
Ma forse non è cosí, se una sera David Lurie, insegnante alla Cape Town University, invita un'allieva a bere qualcosa, poi a mangiare un boccone, e infine a passare la notte con lui. Una notte che non resta isolata, che diventa una storia e che finisce con una denuncia per molestie sessuali.
Allontanato dall'università, David chiede ospitalità alla figlia Lucy in campagna, nella parte orientale della Provincia del Capo, dove la convivenza tra diverse etnie, diverse tradizioni, diversi Sudafrica è aspra come la terra che Lucy coltiva.
David tenta di adeguarsi alla nuova vita: dà una mano nei campi, aiuta una conoscente alla clinica veterinaria. Soprattutto, tenta di adeguarsi alla donna indipendente che è diventata sua figlia. Ma come tollerare anche la violenza che Lucy ha scelto di accettare?
Vincitore del Booker Prize nel 1999, Vergogna mette in scena le trasformazioni del Sudafrica post-apartheid raccontando - come ha scritto il «Sunday Times» - «una storia dura, scritta in una prosa di scarna, aspra bellezza, che conferma Coetzee come uno dei nostri migliori narratori di oggi».
Stefania Bergo
Stefania Bergo
Non ho mai avuto i piedi per terra e non sono mai stata cauta. Sono istintiva, impulsiva, passionale, testarda, sensibile. Scrivo libri, insegno, progetto ospedali e creo siti web. Mia figlia è tutto il mio mondo. Adoro viaggiare, ne ho bisogno. Potrei definirmi una zingara felice. Il mio secondo amore è l'Africa, quella che ho avuto la fortuna di conoscere e di cui racconto nel mio libro.
Con la mia valigia gialla, StreetLib – Collana Gli scrittori della porta accanto (seconda edizione).
Mwende. Ricordi di due anni in Africa, StreetLib – Collana Gli scrittori della porta accanto Edizioni.
La stanza numero cinque, PubMe – Collana Gli scrittori della porta accanto Edizioni.


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