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Recensione: La storia degli ebrei, di Simon Schama

Recensione: La storia degli ebrei, di Simon Schama

Libri Recensione di Davide Dotto. La storia degli ebrei. L'appartenenza. Dal 1492 al 1900 di Simon Schama (Mondadori): «Come spesso accade nella storia ebraica, la verità è molto più avvincente della fiaba».

La storia degli ebrei. L’appartenenza è un racconto fitto, denso di episodi e di personaggi. In modo analitico fa il punto della situazione, tra un prima e un dopo, congiungendo ogni causa ai suoi effetti.
È la storia dell’Europa (occidentale e orientale), del Medio Oriente, dell’America, di quanto ruota intorno a un popolo la cui presenza non può dirsi marginale, ma produttiva di mutue interazioni.
I mutevoli eventi lo vedono accolto o relegato in ghetti; obbligato a portare insegne per essere riconosciuto; o impegnato a inseguire l’avventura messianica con l'improbabile ritorno in Palestina.
È difficile stabilire chi sia l’eterno precursore (colui che viene sempre prima) o il Messia autentico – che viene sempre dopo. Si alternano l’entusiasmo di una partenza in massa e l’atroce disillusione, l’angoscia, il rendersi conto di non avere mezzi, né luoghi cui tornare, sopraffatti da una nuova attesa.
In mezzo ulteriori persecuzioni e successivi viaggi: non in terra santa, ma in paesi disposti di volta in volta all'accoglienza: l’Inghilterra, l’Olanda, l’Italia, l’America, la Germania, salvo periodici ripensamenti e sacche di antisemitismo.

La storia degli ebrei: Cinquecento e Seicento.

È del Cinquecento il trauma delle espulsioni da Spagna e Portogallo, quando gli ebrei si fanno cristiani soccombendo alla conversione imposta, e così rinunciando alla propria identità.
Si sposano in chiesa, battezzano i figli, e intanto vagano – profughi – in cerca d’asilo.
Il Seicento è il secolo dei ghetti e del pensiero critico e razionale, epoca di Cartesio, di Benedetto Spinoza. Quest’ultimo, filosofo di origine ebraica, è bandito dalla nazione di Israele per le sue prese di posizione ritenute scandalose.
Dio, semmai esisteva, non era niente di più ma niente di meno che l’azione predeterminata della Natura, indifferente al peccato e alla virtù, al castigo e alla ricompensa, alle leggi e ai massacri degli ebrei, anzi agli ebrei tout court.
Simon Schama, La storia degli ebrei. L'appartenenza. Dal 1492 al 1900

La storia degli ebrei: Settecento.

Il Settecento è il momento dei philosophes e di molte cose. Per esempio del decreto di espulsione firmato da Maria Teresa d’Austria (1744) contro un popolo colpevole di fare affari con i nemici prussiani.
Nel 1789 deflagra la Rivoluzione Francese, si dichiarano i diritti dell’uomo e del cittadino.
Per il carattere inclusivo e democratico sono snodi vitali per la concessione della cittadinanza. Ma anche per mandare in pensione usanze, rituali e istituzioni inconciliabili con il nuovo corso (si pensi ai tribunali rabbinici). Tutti venivano resi liberi e uguali, cosa che creava un cortocircuito; facile a dirsi ma non a farsi, a causa di resistenze bipartisan.
Quello ebraico rappresenta sin da subito un problema da non passare sotto silenzio. Si può essere ebrei e cittadini senza che l’una condizione neghi l’altra? Un credo religioso – in qualunque maniera istituzionalizzato – ne è un insuperabile ostacolo?
L’estensione della cittadinanza (1791), poi fortemente ridimensionata da Napoleone Bonaparte,  porta alla luce  «l'ipoteca politica della religione sopra la nazione» ( così la chiama Sergio Luzzatto) e alcuni inconvenienti, quali il venir meno dei cimiteri separati: quelli per i cattolici, i protestanti e gli ebrei. La qual cosa, tenuto conto delle fazioni interne allo stesso popolo ebraico (ashkenaziti  e sefarditi), non era indifferente. Né lo erano le parole di chi (all'epoca) gettava benzina sul fuoco:
Agli ebrei si deve negare tutto come nazione; concedere tutto come individui; si è detto che non vogliono essere cittadini ... [ma] ogni individuo vuole diventare un cittadino. Se non lo vogliono, ce ne devono informare e saremo costretti a espellerli ... [perché] l’esistenza di una nazione nella nazione è inaccettabile per la nostra patria.
Clerment-Tonnerre

Entrano in contatto codici incompatibili e tali da condurre a rapporti via via ambivalenti, votati all'inclusione o alla estromissione. 

Capisaldi del pensiero liberale sarebbero stati, nell’ordine: la separazione assoluta tra lo Stato e le confessioni religiose, la tolleranza nei riguardi delle stesse, in aggiunta a opinioni retrograde, irrazionali e antisemite di un insospettabile Voltaire.
Benché il paladino della tolleranza deplorasse la loro secolare persecuzione, aveva anche assorbito le classiche calunnie giudeofobe formulate per la prima volta ad Alessandria dal grammatico Apione e poi rispolverate da personaggi come Tacito, Seneca e Giovenale [...]
Simon Schama, La storia degli ebrei. L'appartenenza. Dal 1492 al 1900
Si tratta di posizioni con sin troppe occasioni per trapelare:
  1. nei confronti delle comunità ebraiche che si isolano da quella di cui i singoli individui fanno parte in quanto cittadini.
  2. nei confronti di coloro che si integrano perfettamente, ma hanno la ventura di emergere troppo, tanto da rendere pericolosa l'agognata emancipazione (l'uscita dai ghetti)
Non si può non pensare all’affaire Dreyfus o al Seymour Levov della Pastorale americana di Philip Roth.

La storia degli ebrei: Sionismo.

La disamina si chiude con la fine del XIX secolo e, in particolare, con Theodor Herzl, esponente del Sionismo che, volendo, potrebbe riassumersi in una voglia di normalità (lavorativa, politica). La quale, per realizzarsi, presuppone una patria che permetta, a quello ebraico, di essere un popolo come tutti gli altri.
Le implicazioni di quest’ultimo punto sono notevoli e probabilmente verranno affrontate, da Simon Schama, in un volume successivo. Qualche elemento di riflessione ce lo forniscono già due testi che è opportuno segnalare.
Il primo è di Michael Brennen, Israele. Sogno e realtà di uno stato ebraico. L'identità nazionale tra eccezione e normalità di Michael Brenner (Donzelli Editore).
In questo affresco, Michael Brenner evidenzia il paradosso essenziale di questa lunga vicenda, divenuta sempre più decisiva non solo per gli equilibri geopolitici dell’area mediorientale, ma dell’intero scenario mondiale: il desiderio del popolo ebraico di essere al tempo stesso normale ed eccezionale. Si tratta di una contraddizione che attraversa tutta la parabola della definizione di una nuova identità ebraica e israeliana, e contemporaneamente la ricerca di un posto sicuro di Israele nel consesso delle nazioni.
(dal risvolto)
Il secondo è il recente Un popolo come gli altri, di Sergio Luzzatto, sempre per Donzelli Editore.
Sergio Luzzatto coltiva un’idea diversa degli ebrei nella storia. più che riconoscerli sempre e comunque buoni, sempre e comunque innocenti, sempre e comunque vittime, si appassiona della varietà di vicende storiche e della molteplicità di profili umani che hanno reso (e che rendono) il popolo eletto, nel bene o nel male, un popolo come gli altri. in questo libro il lettore incontra non già figurine in panpepato, caricature di storia, ma personaggi naturalmente vivi e vitali, complessi e controversi: siano rabbini taumaturghi del medioevo o soldati israeliani nei territori occupati, siano cappellai del ghetto o straccivendoli della rivoluzione.
(dal risvolto)

La storia degli ebrei. L'appartenenza. Dal 1492 al 1900

di Simon Schama
Mondadori
Saggio storico
ISBN 978-8804714378
Cartaceo 34,00€
Ebook 19,99€

Sinossi 

La mattina del 5 gennaio 1895, nella piazza d'armi dell'École Militaire, il capitano Alfred Dreyfus venne degradato perché ritenuto colpevole di tradimento. La spada spezzata sul ginocchio e le spalline strappate dalla divisa cancellarono di colpo non solo una carriera militare, ma anche un sogno: quello di poter servire lealmente un Paese al quale sentiva di appartenere senza riserve. Il sogno, cioè, dell'assimilazione. Lo stesso che molti ebrei d'Europa avevano coltivato fin dall'alba dell'età moderna. Perché in Russia come in Spagna, a Praga come a Berlino, assimilazione voleva dire emancipazione e integrazione, pace e sicurezza, dopo infinite persecuzioni. E pazienza se significava anche rinunciare alla propria identità: gli ebrei lo sapevano, da sempre ai privilegi accordati avevano fatto seguito i decreti di espulsione, alle patenti di tolleranza le calunnie del sangue, all'allentamento dei divieti i pogrom. Nulla li avrebbe messi al riparo dal capriccio dei potenti o dall'odio della marmaglia, ci sarebbero stati ancora i ghetti, le caricature oscene, i pamphlet antisemiti. E poco importava che ad attaccarli fossero l'apostolo della tolleranza Voltaire, Karl Marx o Richard Wagner, o che entro la fine dell'Ottocento, molto prima del "Mein Kampf", la parola "annientamento" facesse la sua comparsa nel vocabolario dell'antisemitismo. Era sempre successo e sarebbe successo di nuovo. A meno che non si fosse trovato un posto dove stare, l'Ha-Makom, il Luogo dove sentirsi al sicuro, la patria cui appartenere. Che fosse Odessa, la città cosmopolita, o il West americano, la frontiera delle infinite opportunità, o Poh-Lin, la terra degli "shtetl", della miseria e degli "schnorrer". O piuttosto la Palestina, dove Theodor Herzl sognava di edificare lo Stato ebraico, l'unica vera salvezza per gli ebrei, il solo modo per sottrarsi al «suicidio di massa» e alle promesse, illusorie, dell'assimilazione. In questo secondo volume della sua "Storia degli ebrei", Simon Schama ci accompagna ancora una volta in un mondo di avventurieri visionari e falsi Messia, di marrani e "conversos", di donne coraggiose, mercanti e straccivendoli, di celebri compositori, pugili e banchieri cosmopoliti.

Davide-Dotto

Davide Dotto
Sono nato a Terralba (OR) vivo nella provincia di Treviso e lavoro come impiegato presso un ente locale. Ho collaborato con Scrittevolmente, sono tra i redattori di Art-Litteram.com e curo il blog Ilnodoallapenna.com. Ho pubblicato una decina di racconti usciti in diverse antologie.
Il ponte delle Vivene, Ciesse Edizioni.


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