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Recensione: Marcovaldo, di Italo Calvino

Recensione: Marcovaldo, di Italo Calvino

Libri Recensione di Davide Dotto. Marcovaldo ovvero le stagioni in città di Italo Calvino (Mondadori). Venti novelle raccontano il mondo urbano di cinquant'anni fa, cui non sono estranee (emergenze climatiche comprese) questioni tutt'oggi irrisolte.

È sbocciato il benessere; entro il ‘65 scopriamo che oltre la metà delle famiglie ha un frigorifero, il 49% un televisore, il 23% una lavatrice. Le auto in circolazione toccano i 5 milioni e il territorio è coperto di cantieri: nel ‘64 le case di nuova costruzione sono ben 450 mila. Addio, vecchia Italia: [a] quel paese di arcaici agricoltori, di contadine con il fazzoletto nero sulla testa e di asinelli carichi di fieno [...]
Marta Boneschi, La grande illusione. I nostri anni Sessanta
Marcovaldo di Italo Calvino è una raccolta di venti novelle con protagonista un ingenuo e buffo magazziniere addetto alla Sbav, una ditta nel cuore di un ambiente urbano, forse milanese, più probabilmente torinese.

Il manovale Marcovaldo ha un occhio poco avvezzo alla vita di città, a meno che qualcosa la trasfiguri.

Per esempio la neve (cap. IV, La città smarrita nella neve). Grazie a essa può recarsi al lavoro a piedi aprendosi lui stesso il sentiero, libero di procedere a zig zag, sconfinando dove di solito non è consentito. Spalare la neve per conto della ditta gli permette di ridisegnarne i contorni cittadini, di immaginare un'altra città, un po' come il Marco Polo de Le città invisibili.


Altrettanto avviene con la nebbia, in grado di cancellare allo sguardo la realtà più grigia, proiettandolo in un altrove però privo di punti di riferimento e talvolta irto di pericoli (cap. XII, La fermata sbagliata).
Come spesso accade in Calvino, essendovi un legame inestricabile tra i due mondi, la realtà torna sempre a bussare e a farsi valere. Marcovaldo – di novella in novella – conscio di tenere il piede in due staffe, abdica con l'immaginazione alla vita urbana ma, ahimè, vi deve ritornare.
Ritrovarsi fuori posto in entrambe le dimensioni produce effetti tragicomici che, non fine a loro stessi, inducono a un'attenta riflessione, non diversamente da quanto richiede la favola o l’apologo, cui i componimenti appartengono.

Marcovaldo ricorda quando, attirato da luci lontane, se ne andò verso un avvenire assicurato, dove non avrebbe lottato per la sopravvivenza.

Ha lasciato un altrove di cui prova nostalgia, un luogo in cui l’acqua era davvero acqua, i pesci erano davvero pesci, con boschi per far legna.
Di questo luogo d’origine vi sono tuttavia ancora delle tracce, come le “mandrie” che passano periodicamente per l’alpeggio, i mutamenti delle stagioni, i funghi spuntati nel cuore dell’ambiente urbano, lenti, silenziosi e in disparte; le beccacce che di solito volano al largo e non si mostrano nelle loro migrazioni.
Al momento della pubblicazione in volume della raccolta (alcuni racconti sono usciti agli inizi degli anni '50), vi è un distacco meno netto tra la generazione del prima e del dopo, tra chi da giovane aveva il problema del pane e chi, appena vent'anni dopo, quello della motocicletta. Lo stesso Marcovaldo, anagraficamente, è colui che ha imbracciato il fucile da soldato nella seconda guerra mondiale e, probabilmente, è nato o vissuto a ridosso della prima.

È stato dato l'avvio alla scomparsa di un mondo, ancorché arcaico, che si è avuto appena il tempo di raccontare. 

Penso in particolare a Libera nos a Malo di Luigi Meneghello, pubblicato nello stesso anno (1963), nel quale «i tempi oscillano sotto la penna», ma anche ai Ragazzi di vita di Pasolini (1955).
Se sotto la lente di Italo Calvino ci sono i grandi centri urbani, nelle periferie qualcosa è destinato a salvaguardarsi, ma non troppo a lungo. Chi è nato successivamente – negli anni Ottanta, Novanta, nel 2000 – non ha memoria di modelli precedenti, né ha modo di costruire paragoni o avere rimpianti. Italo Calvino già storceva il naso contro il mito del progresso senza fine, evidenziando i rischi dietro le lusinghe dell’abbondanza e dell’industrializzazione. Il mondo di Marcovaldo è quello di oltre cinquant'anni fa, cui non erano estranee (emergenze climatiche incluse) questioni a tutt'oggi irrisolte.

Marcovaldo
Ovvero le stagioni in città

di Italo Calvino
Mondadori
ISBN 978-8804667995
Cartaceo 10,20€

Sinossi

In mezzo alla città di cemento e asfalto, Marcovaldo va in cerca della Natura. Ma esiste ancora, la Natura? Quella che egli trova è una Natura dispettosa, contraffatta, compromessa con la vita artificiale. Personaggio buffo e melanconico, Marcovaldo è il protagonista d'una serie di favole moderne, dove Italo Calvino va segnando, come in un suo block-notes segreto, avvenimenti impercettibili nella vita di una grande città industriale, quali possono essere il passaggio d'una nuvola carica di pioggia o l'arrivo mattutino d'uno sbuffo di vento. Quando le avventure di Marcovaldo hanno raggiunto un bel numero, seguendo come un colorato calendario l'alternarsi delle stagioni, Calvino le ha disposte in un libro. Partite come divagazioni comico-poetiche sul tema - 'neorealistico' per eccellenza - della più elementare lotta per la vita, le venti favole di Marcovaldo arrivano alla rappresentazione della più complicata realtà d'oggi, alla satira del 'miracolo economico' e della 'civiltà del consumo'; ma sempre restano fedeli a una classica struttura narrativa: quella delle storielle a vignette dei giornalini per l'infanzia. Marcovaldo non è altro che un Fortunello contemporaneo, un Bonaventura all'incontrario, un Pampurio dei caseggiati popolari. (Italo Calvino)

Davide-Dotto

Davide Dotto
Sono nato a Terralba (OR) vivo nella provincia di Treviso e lavoro come impiegato presso un ente locale. Ho collaborato con Scrittevolmente, sono tra i redattori di Art-Litteram.com e curo il blog Ilnodoallapenna.com. Ho pubblicato una decina di racconti usciti in diverse antologie.
Il ponte delle Vivene, Ciesse Edizioni.


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