Libri Recensione di Davide Dotto. Fiore di roccia, di Ilaria Tuti (Longanesi). Un libro che è bene leggere per riconsiderare da un punto di vista femminile quel che altri occhi nascondono o dimenticano troppo in fretta.
Per la prima volta nella storia del nostro popolo, le gerle che per secoli abbiamo usato per portare i nostri infanti, i corredi delle spese, il cibo che dà sostentamento, la legna che scalda corpi e cuori accolgono strumenti di morte: granate, munizioni, armi.Fiore di roccia, di Ilaria Tuti ci proietta al culmine della guerra di trincea, lungo la Carnia, in Friuli. L'ambientazione non è un pretesto e non è casuale. Si parla di montagne che si conoscono, aspre e accoglienti, quelle in cui si è nati e si conservano radici e identità preziose.
Ilaria Tuti, Fiore di roccia
Il romanzo racconta la Storia nel suo farsi e disfarsi, in presa diretta, quando nulla è chiaro, tante sono le domande, scarse le risposte.
Agata Primus, la protagonista, grazie alla sua voce narrante riporta alla luce e alla memoria le vicende delle “portatrici carniche” con le quali ha in comune ruolo e destino.
Tramite Agata parlano donne che a rischio della vita si arrampicano sulle alture.
Partono dai loro villaggi verso i luoghi di combattimento, portando sulle spalle ceste di vimini colme di munizioni, fucili oltre che di vettovaglie, farmaci, panni da lavare. Ai piedi un paio di scarpe di spago e stoffa, gli scarpetz friulani.I cuori vibrano e pulsano, «feriti e sensibili»; i corpi sono forgiati e irrobustiti dalla montagna e dagli stenti. La loro è fatica vera, non si fermano mai, si sostentano con poco, fosse anche solo con mezza patata e brodo scuro amaro. Le tengono salde: «determinazione, audacia», il valore di chi da sempre lotta in prima linea, e non solo al fronte.
Con questo spirito vedono e giudicano le mostruosità della guerra che trasformano luoghi, persone, tradizioni.
Il romanzo scava nella memoria e tra le cose dimenticate. Lascia affiorare un genere di forza tutta particolare, rivestita di un'apparente delicatezza che si fa profonda e feroce.
È questo che siete. Fiori aggrappati con tenacia a questa montagna. Aggrappati al bisogno di tenerci in vita.Sono madri, figlie, mogli. Hanno bambini, mariti, fratelli al fronte o, come Agata, un padre gravemente malato. La necessità di preservare il paese, le case, proteggere la famiglia dal pericolo dell'imminente invasione dei nemici rende più grande, di ognuna, il sacrificio: «O noi saliamo, o gli austriaci scendono».
Ilaria Tuti, Fiore di roccia
Domina una condizione di allerta che richiede forza di spirito in chi non han il tempo di dire, come don Abbondio, che «il coraggio nessuno se lo può dare».
Tempo non ce n'è nemmeno di aver paura, sommersi dall'urgenza di sopravvivere e far sopravvivere, strappare briciole di normalità nel limbo in cui si trovano un po' tutti, dove ogni ordine consueto appare sovvertito.
Sono sacrifici di cui abbiamo perso il ricordo, ma già allora vi era chi se ne chiamava fuori, estraniandosi dal lavoro, dalla fatica condivisa e dalla possibilità di capire.
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Non vi è un elenco di cose giuste o sbagliate, il romanzo tira le fila di molte cose.
A volte è difficile fare ciò che è giusto, talmente spaventoso da sentirlo come un atto innaturale. Può l’uomo essere compassionevole in questo mondo che ci vuole l’uno contro l’altro, che toglie continuamente e spinge a usare denti e artigli come bestie per difendere ciò che resta?L'umanità più vera non è scontata, né prevedibile. Ci si scopre feroci nel dover premere il grilletto.
Ilaria Tuti, Fiore di roccia
Vita e morte si inseguono e si corteggiano senza sosta, in un eterno divenire e avvicendarsi, un equilibrio in cui l'istinto non vuole e non può sentire ragioni.
Sempre di equilibrio si tratta, anche di fronte alla guerra, somma di conti mai saldati, di torti e delle ragioni di prima.Da qui la scoperta della complessità, del dubbio che squarcia il velo ma che non si vede l'ora di estirpare perché «considerato (il dubbio) un male più grande della febbre di trincea».
Fiore di roccia di Ilaria Tuti è un libro che è bene leggere per riconsiderare da un punto di vista femminile quel che altri occhi nascondono o dimenticano troppo in fretta. E comprendere appieno il senso di una precarietà capricciosa fatta però di moltissime cose, oltre che di uomini e di donne, di donne e di uomini. Quindi di rocce che resistono, trattengono, sbriciolano e franano; di fiori che – come le stelle alpine – resistono, si aggrappano e sbocciano, volendo, anche sopra l'inferno.
Fiore di roccia
di Ilaria TutiLonganesi
Romanzo storico
ISBN 978-8830455344
Cartaceo 17,86€
Ebook 9,99€
Sinossi
«Quelli che riecheggiano lassù, fra le cime, non sono tuoni. Il fragore delle bombe austriache scuote anche chi è rimasto nei villaggi, mille metri più in basso. Restiamo soltanto noi donne, ed è a noi che il comando militare italiano chiede aiuto: alle nostre schiene, alle nostre gambe, alla nostra conoscenza di quelle vette e dei segreti per risalirle. Dobbiamo andare, altrimenti quei poveri ragazzi moriranno anche di fame. Questa guerra mi ha tolto tutto, lasciandomi solo la paura. Mi ha tolto il tempo di prendermi cura di mio padre malato, il tempo di leggere i libri che riempiono la mia casa. Mi ha tolto il futuro, soffocandomi in un presente di povertà e terrore. Ma lassù hanno bisogno di me, di noi, e noi rispondiamo alla chiamata. Alcune sono ancora bambine, altre già anziane, ma insieme, ogni mattina, corriamo ai magazzini militari a valle. Riempiamo le nostre gerle fino a farle traboccare di viveri, medicinali, munizioni, e ci avviamo lungo gli antichi sentieri della fienagione. Risaliamo per ore, nella neve che arriva fino alle ginocchia, per raggiungere il fronte. Il nemico, con i suoi cecchini - diavoli bianchi, li chiamano - ci tiene sotto tiro. Ma noi cantiamo e preghiamo, mentre ci arrampichiamo con gli scarpetz ai piedi. Ci aggrappiamo agli speroni con tutte le nostre forze, proprio come fanno le stelle alpine, i «fiori di roccia». Ho visto il coraggio di un capitano costretto a prendere le decisioni più difficili. Ho conosciuto l'eroismo di un medico che, senza sosta, fa quel che può per salvare vite. I soldati ci hanno dato un nome, come se fossimo un vero corpo militare: siamo Portatrici, ma ciò che trasportiamo non è soltanto vita. Dall'inferno del fronte alpino noi scendiamo con le gerle svuotate e le mani strette alle barelle che ospitano i feriti da curare, o i morti che noi stesse dovremo seppellire. Ma oggi ho incontrato il nemico. Per la prima volta, ho visto la guerra attraverso gli occhi di un diavolo bianco. E ora so che niente può più essere come prima.» Con "Fiore di roccia" Ilaria Tuti celebra il coraggio e la resilienza delle donne, la capacità di abnegazione di contadine umili ma forti nel desiderio di pace e pronte a sacrificarsi per aiutare i militari al fronte durante la Prima guerra mondiale. La Storia si è dimenticata delle Portatrici per molto tempo. Questo romanzo le restituisce per ciò che erano e sono: indimenticabili.
Davide Dotto |
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