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Un futuro sostenibile: la mia personale scelta ecologica

Un futuro sostenibile: la mia personale scelta ecologica

Lifestyle Di Elena Genero Santoro. Un futuro sostenibile, una personale scelta ecologica: riutilizzo e prodotti plastic free.

Il 2021 mi si è aperto con una riconversione ecologica. Alcune letture e la visione di documentari mi hanno portata a non girare più la testa dall'altra parte quando si tratta della salute del mondo. Mi sono interrogata su cosa posso fare e, visto che come privata cittadina non ho il potere di deliberare leggi sulle energie alternative e sul divieto di usare inquinanti, la risposta è stata: posso fare molto poco. Ma quel poco ho deciso di farlo comunque.
Ora vi illustro quali buoni propositi e cambiamenti ho deciso di porre (o non porre) in essere nella mia quotidianità e di quanto ho trovato agevole mettere in pratica il comportamento ritenuto virtuoso.
Detesto gli integralismi di qualunque tipo, quindi ritengo che queste azioni non siano dogmi assoluti. Ma credo anche che ogni piccola azione volta alla sostenibilità possa dare un contributo e se in molti la faranno con il tempo si percepirà la differenza. Anche perché si tratta di cambiamenti semplici per le nostre vite, a cui basta solo pensare per tempo.

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Una doverosa premessa: poiché ognuno ha i suoi chiodi fissi, anche io ne ho uno: le plastiche.

Di tutti i problemi ambientali di cui il mondo soffre, ce n'è uno che a me provoca un personale attacco di panico: la presenza di tonnellate di plastica nel mare, in tutte le forme e dimensioni. La plastica è uno degli elementi dell'epoca moderna che mi turba di più: leggera, economica, facile da produrre, e molto, molto durevole. Rimane nell'ambiente per centinaia di anni, eppure la maggior parte dei suoi utilizzi sono usa e getta. Se presente in forma micro, diventa alimento per i pesci insieme al placton. Se presente in pezzi più grossi, provoca occlusioni intestinali agli animali che la ingoiano per sbaglio. Comunque ce la ritroviamo nel piatto, nel mare, nelle discariche: ovunque. Riciclarla è una gran cosa, ma non è sufficiente per smaltirla tutta. Lei comunque torna. Pertanto l'uso della plastica andrebbe semplicemente ridotto.
Come si fa? Si mettono in pratica alcuni accorgimenti che, oltretutto, permettono persino di risparmiare sul budget.


In cucina

La spesa

È l'ambito in cui la plastica è più presente, come imballaggio di merendine, biscotti, affettati, formaggi e a volte anche carne, pasta, riso, caffè. L'ideale sarebbe poter fare la spesa sfusa. Per me, allo stato dell'arte, è impraticabile. A Torino finora ho scovato un solo negozio che lo offre – se ce ne sono altri, non li conosco – ma io abito in una realtà piccola della provincia, non c'è nulla del genere nei dintorni di casa mia (e noi amiamo i km zero). Inoltre ho un altro problema: in famiglia siamo celiaci, abbiamo bisogno di alimenti speciali, e questi, per ora, per la maggior parte vengono imballati nella plastica. Spero che in futuro le cose cambino, ma su questo aspetto non ho molto margine di scelta. Però compro le verdure in un piccolo negozio vicino a casa, che me le porta a domicilio dentro sacchetti di carta. Inoltre faccio un elenco sempre molto dettagliato di cosa acquistare al supermercato e devo dire che a casa mia il cibo sprecato è davvero ridotto al minimo.

La carta da forno

Questo è stato uno dei primi cambiamenti dell'anno nuovo. Anziché comprare e sprecare rotoli e rotoli di carta irrecuperabile, ho comprato due fogli di silicone lavabili e riutilizzabili praticamente all'infinito. Funzionano benissimo, sono antiaderenti e vanno anche in lavastoviglie. Mi domando se questa sia una buona alternativa, perché anche il silicone, come la plastica, è indistruttibile e imperituro. Il giorno in cui saranno da smaltire, avranno un impatto non indifferente. Di buono c'è che sono sono solo due fogli e non mille. E il costo della carta da forno è azzerato.

La pellicola

Ne uso pochissima, praticamente mai. Se devo mettere alimenti in frigo li ripongo in contenitori col coperchio. Per questo non ho ancora acquistato quella che oggi è diventata la sua alternativa: il tessuto trattato con cera d'api. Lavabile, dicono che duri un anno buono. Se ne avrò bisogno lo acquisterò.

Il caffè

Sul caffè mi cospargo il capo di cenere. Sono colpevole. Qualche anno fa ho voluto una macchinetta con le capsule, che sono buonissime e che io adoro, ma che, ahimé, sono ambientalmente insostenibili e permangono in natura anche cinquecento anni (oltre a contenere roba poco simpatica come il furano nella loro formulazione). Di recente sono state immesse in commercio anche capsule compostabili, ma non coprono tutte le tipologie di macchinette. Per quella che ho io sembra che non esistano, dunque devo trovare altre soluzioni.
Non posso dire di avere azzerato il consumo di capsule, ma l'ho ridotto. Ho rispolverato la mia vecchia moka, che uso quando ho un po' più di tempo libero e il caffè è un momento di relax anziché uno stimolante che ingurgito tra una riunione e l'altra per non morire. E la prossima macchinetta che acquisterò prevederà l'uso di miscela in polvere o in grani, come quella che avevo prima. Giurin giurello! Ovviamente, parlando di costi, la moka non ha rivali. E ci sono in commercio molti brand di caffè equo solidali con filiera sostenibile anche per i lavoratori.

Acqua

La borraccia al posto delle bottigliette quando si va in giro è diventata una moda e la regalano ormai dappertutto, anche coi punti delle merendine o del supermercato. Ma le bottiglie che acquistiamo per bere a casa? I miei genitori da anni hanno fatto installare un piccolo depuratore sotto il lavandino della cucina e non comprano più bottiglie di plastica. Risparmiano soldi e bevono acqua ottima. Ho già messo a budget la spesa per quest'anno. Ah, ovviamente i piatti e bicchieri di plastica usa e getta a casa mia sono banditi.

La borraccia al posto delle bottigliette quando si va in giro è diventata una moda e la regalano ormai dappertutto, anche coi punti delle merendine o del supermercato

In bagno

Assorbenti

Ci avevo già provato quasi dieci anni fa, quando è nato il mio secondo figlio. Avevo comprato assorbenti lavabili sia per me, da signora, che per lui, da neonato. Era stato un disastro, una disfatta totale. Il pargolo era sempre zuppo e si era beccato due infezioni alle vie urinarie. Io non avevo trovato la soluzione sufficientemente confortevole: gli assorbenti si lavavano male, erano di spugna, non assorbivano come avrebbero dovuto. Insomma, dopo qualche mese ero tornata allegramente all'usa e getta sia per me che per il pupo. Perché, diciamolo: la scelta deve essere sostenibile, non solo per l'ambiente, ma anche per me che la attuo. Se devo diventare pazza, il bilancio è in passivo.
Quest'anno ho voluto riprovarci. Di neonati non ne ho più, quindi per loro non so. Ma come assorbenti per signore posso garantire che sono cambiati i materiali, che assorbono meglio e si lavano con molta più facilità. Come dice Valerio Rossi Albertini nel libro Un pianeta abitabile, la tecnologia che ci ha inguaiato creando inquinamento, ci salverà anche dalla distruzione. In questo caso la tecnologia degli assorbenti lavabili ha fatto grandi passi in avanti. Per la mia esperienza, adesso sono diventati gestibili senza eccessivo impegno, per lo meno quando si è a casa. E anche questa spesa, ammortabile in un paio di mesi, non si ripresenta più. Ora, comunque, qualche produttore ha immesso sul mercato anche assorbenti biodegradabili.

Dischetti struccanti

È vero, i dischetti usa e getta sono di cotone e non di plastica. Ma si tratta comunque di una spesa costante e di uno spreco di materiale irrecuperabile. Mi sono di recente convertita ai dischetti lavabili. Ce ne sono di cotone, di cotone e bambù: sono morbidi e vellutati oppure più spugnosi. Se ne trovano per tutte le esigenze. Si ficcano in lavatrice e non se ne parla più. Asciugano all'aria. E una volta acquistati, non si devono più ricomprare per molto tempo.

Coppetta mestruale, una soluzione riutilizzabile

Spazzolino da denti

Di bambù anziché di plastica. Non credo che servano altri commenti.

Cosmetici e cura della persona

Qui l'argomento si fa più complesso. Sono almeno dodici anni che acquisto prodotti senza petrolati, né siliconi, né parabeni ed ecologicamente sostenibili. Le case che producono creme e shampoo a base di sostanze naturali sono sempre più numerose e si trovano anche nella grande distribuzione, a prezzi ragionevoli.
Correva l'anno 1984 e io mi apprestavo a iniziare la quarta elementare. Avevo l'età di mio figlio adesso. E mia madre, nel prepararmi il cestino col sapone e l'asciugamano, per la prima volta mi fornì una boccetta di sapone liquido, nella sua confezione di plastica. Fu una piccola rivoluzione copernicana. Mi sentivo moderna. Il sapone liquido Cleo, dal packaging bianco e rosa, era pratico, non sgusciava nel lavandino, si dosava bene.
Fino a quel momento avevamo usato solo sapone solido, anche per farci il bagno. Io e mia sorella iniziammo a sguazzare in vasca con mezzo metro di bolle di bagnoschiuma Fa.


Le confezioni di plastica hanno permesso l'introduzione di detergenti e creme più morbidi, spalmabili e confortevoli, ma da quella plastica non ci siamo più liberati.

È arrivata per me l'ora di alzare un po' l'asticella nella scelta di una cosmesi sostenibile e guardare non solo la formulazione del contenuto, ma anche il packaging.
Esistono linee che imbottigliano alcuni detergenti e shampoo nel vetro. In effetti il vetro è perfettamente riciclabile, ma pesa e questo è un problema anche per l'aumento di CO2 durante il trasporto.
Molte aziende ecosostenibili, quindi, hanno fatto un passo indietro, un ritorno agli anni che furono e stanno riproponendo saponi solidi non solo per le mani, ma anche per fare il bagno, struccarsi e lavarsi i capelli. Questi hanno confezioni di carta e dimensioni e peso contenutissimi. C'è una vecchia frase della show-woman Ellen De Generes che dice: «Ci sono cose che vanno dette e noi siamo qua per dirle: abbiamo ancora bisogno delle istruzioni per l'uso sulla confezione degli shampoo?» La risposta attesa ovviamente era no, seguita da una risata, ma oggi come oggi invece direi: sì, perché gli shampoo solidi, che ho da poco testato su di me e sui miei figli, bisogna proprio imparare a usarli. E non so dire se mi piacciono, o se lavano come gli altri o se sono altrettanto goduriosi nel rituale del bagno. Ma posso dire che devono essere il futuro, un futuro che getta le sue radici nel passato, in una semplicità che era anche sostenibilità ed ecologia, anche se all'epoca non ce ne rendevamo conto.

Saponi naturali solidi o in polvere con un packaging di carta.

Sul miglioramento di questi prodotti le aziende dovrebbero lavorare parecchio, migliorarne le formulazioni, renderli sempre più confortevoli. Solo così la plastica potrà andare in pensione.
E poi oli e creme in vasetti di vetro anziché creme in tubetti di polietilene vergine. Questa è la direzione verso cui mi sono orientata come consumatrice e spero che lo facciano anche i produttori e gli altri consumatori.

Il bucato

La questione è molto complicata. Partiamo dalla notizia semplice: chi ha spirito ecologico, deve dimenticarsi che esistono gli ammorbidenti. Per l'igiene non servono a nulla e sono zeppi di allergeni e inquinanti. Io uso qualche goccia di olio essenziale di lavanda che, se tutto va bene, tiene pure lontane le tarme. Per rendere il bucato un po' più soffice basta aggiungere una soluzione di acqua e acido citrico nel cassetto dell'ammorbidente.
Ma poi arriva la parte difficile. Tutti 'sti assorbenti, 'sti dischetti di bambù, mescolati agli indumenti: come li laviamo?
I negozi di detersivi alla spina che c'erano dalle mie parti – quelli in cui compravi la bottiglia di detersivo all'inizio e poi la riportavi vuota per riempirla una volta finita – hanno chiuso tutti. E, detto fuori dai denti, quei detersivi non lavavano neppure bene.
I detersivi portano con sé un paradosso: la plastica può essere presente sia nel packaging che nella formulazione, in forma micro. Ci sono riviste indipendenti che si sono prese la briga di scovare le microplastiche nei detersivi d'uso comune e li hanno trovati quasi dappertutto.

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Così possiamo scegliere il classico fustino di cartone, con la polvere, ma senza sapere esattamente com'è fatto il prodotto, oppure preferire detersivi certificati di origine naturale, che però magari stanno nella loro bella bottiglia di plastica.

Come li vogliamo ammazzare 'sti pesci, allora? Con le microplastiche mischiate al plancton o con i sacchetti di plastica non riciclata?
La scelta ideale sembrerebbe un detersivo in polvere, in una confezione di cartone, che fosse certificato senza plastica e senza altri componenti nocivi, e che, per giunta, lavasse bene (quante pretese!). Finora non l'ho trovato.
Ma per essere precisi, il detersivo in polvere aumenta la produzione di microfibre e quindi di microplastiche dai tessuti sintetici che dalla lavatrice passano alle fogne. Quindi neanche la polvere è l'ideale – per ovviare esistono sacchetti appositi nei quali lavare i capi sintetici o misti e io me lo sono già procurato.
Ma proprio quando davamo l'impresa per persa, è arrivata una nuova invenzione: le strisce di detersivo biodegradabili, senza plastica e in un packaging di carta minimo. Potrebbero essere la soluzione che salva capra e cavoli? Nel dubbio ne ho appena ordinato un pacco.

Detergenti per la casa

Vale lo stesso discorso che per il detersivo: anche i prodotti di origine naturale vengono venduti in bottiglie di plastica, a meno di non usare bicarbonato e aceto. Ma anche l'aceto, spesso, sta in bottiglie di plastica anziché di vetro.

E per adesso mi fermo qua, ma le scelte sostenibili si possono operare in molti settori, a partire da quelle dell'abbigliamento, che sono una faccenda molto complicata.
E voi, quali scelte sostenibili avete adottato?


Elena Genero Santoro


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