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Mwende, ricordi di due anni in Africa, di Stefania Bergo: un estratto

Mwende, ricordi di due anni in Africa, di Stefania Bergo: un estratto

Pagine in anteprima Un estratto di Mwende, ricordi di due anni in Africa, il memoir di viaggio di Stefania Bergo (StreetLib - Collana Gli Scrittori della Porta Accanto). Ricordo di una giornata speciale: il primo dicembre, la giornata mondiale della lotta all’AIDS.

Il primo dicembre è la giornata mondiale della lotta all’AIDS. Tre anni fa, nello stesso giorno, ero qui ad assistere all’inaugurazione del DREAM Center.
DREAM è l’acronimo di Drug Resource Enhancement against AIDS and Malnutrition, ed è il centro per il controllo e la cura dei pazienti sieropositivi o a rischio, gestito dalla Comunità di Sant’Egidio di Roma all’interno del compuond ospedaliero.
È particolarmente incentrato sulle donne per l’importanza del loro ruolo nella comunità. La donna, infatti, pur essendo considerata solo una mera proprietà, con pochissimi diritti e troppi doveri, è il pilastro delle famiglie. Interi villaggi poggiano sulle donne, fondamenta apparentemente fragili, in realtà forti come roccia granitica. Le donne tengono insieme le comunità, rappresentano una forza lavoro infaticabile, che volente o nolente non conosce riposo, non si permette distrazioni.
Il progetto DREAM si occupa non solo della terapia antiretrovirale, ma di educazione alla salute, sostegno nutrizionale, diagnostica avanzata, formazione del personale, contrasto delle malattie infettive, come malaria e tubercolosi, e malnutrizione.

Anche oggi l’ospedale è in festa.

Fin dal primo mattino il cortile si è riempito di persone, colori, ombrelli aperti per riparare dal sole. Come sempre ci sono soprattutto donne. Le posso sentire dal corridoio della degenza, mentre accarezzo una manina al bambino nato ieri. Sta bene, davvero bene, respira da solo, senza ossigeno. Dorme senza fatica, senza spremersi i polmoni per elemosinare aria. Bene, uno a zero per la vita, anche se adesso, per lui, sarà quasi sicuramente tutta in salita. E a volte viene da pensare che forse la selezione naturale dovrebbe fare il suo corso fin da subito.
Davanti al triage, l’ambulatorio per le prime visite, c’è una lunga fila di persone, tutte in attesa di sottoporsi al test gratuito e volontario per definire il loro stato relativamente all’HIV. Sono sorprendentemente numerosi, significa che stanno prendendo coscienza del reale problema e hanno deciso di affrontarlo, credo. L'Africa è decisamente il continente più colpito dal virus, si stima che circa il 65% delle persone malate di AIDS viva proprio qui, dove la combinazione con la tubercolosi uccide il maggior numero di sieropositivi in tutto il mondo. E il Kenya è tra i paesi africani più colpiti.
Esco, stordita dalla folla, a prendere un po’ d’aria. E m’imbatto in una folla maggiore!
Tutte le persone radunate si stanno organizzando con cartelli e travestimenti per una manifestazione attraverso il villaggio. Sembra di essere in una delle tante piazze italiane in tempo di protesta. Alcune donne hanno dei cappelli decorati con piume maculate e gonnellini di paglia. Cantano e ballano avanzando, ad alta voce, gridando la loro volontà di cambiare le cose. Il progetto DREAM si rivolge principalmente alle donne tra i 15 e i 19 anni, spesso malnutrite, con bassa scolarizzazione e vittime di abusi e discriminazioni sociali. E quasi sempre madri anzitempo.

Tra di loro, c’è una ragazzina cieca con un bambino, accompagnata dallo zio e dal papà.

L’ho conosciuta stamattina, Rita mi ha raccontato la sua storia. La ragazzina ha non più di quindici anni. Il bambino che è con lei è suo figlio. Avrà due, tre anni al massimo. È rimasta incinta a scuola, con un compagno di classe che si è messo d’accordo con la nonna di lei e con uno zio per farla abortire. Hanno aspettato che il papà della ragazzina uscisse da casa e le hanno dato una forte dose di chinino. Con l’unico risultato di farla diventare cieca, mentre il bambino ha continuato a vivere. Così ora è una bambina cieca di quindici anni con un figlio.
La sfilata è una tavolozza di colori in movimento. Ed io, unica macchia sbiadita, grido in mezzo a loro fino al cancello: «Stop AIDS, keep the promise!»
[...]
Sento il venticello appena fresco sulla pelle. S’incanala sotto il porticato e accelera in piccoli mulinelli sollevando la polvere rossa. Forse pioverà, stanotte. Penso al neonato, a come l’ho conosciuto sofferente appena dopo il parto, a come l’ho visto migliorato in seguito, ancora in lotta con la vita ma fuori pericolo. Sento il suono amato di questo treno: i grilli, i pipistrelli, gli insetti che mi ronzano attorno, il fiume a fondo valle, i pianti e le risate dei bambini e delle mamme dalla pediatria. E penso di aver fatto bene a non scendere, perché questa corsa mi piace. O forse, semplicemente, ne ho bisogno per raggiungere non un luogo ma uno stato d’animo.
Mwende, Stefania Bergo (Memoir) - Gli scrittori della porta accanto

Mwende
Ricordi di due anni in Africa

di Stefania Bergo
StreetLib – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto
Diario di viaggio | Memoir | Volontariato
cartaceo 12,00€
ebook 2,99€

Sinossi

Emozioni intense, natura prepotente di indescrivibile bellezza, persone straordinarie, vita quotidiana in un ospedale missionario, viaggi on the road tra Kenya, Tanzania, Zanzibar e Sudan. A 35 anni, malgrado una carriera avviata come ingegnere clinico, Stefania sente il bisogno di cambiare rotta. Decide di mollare tutto, un lavoro sicuro e gli affetti, e riparte con la sua valigia gialla per trasferirsi nell’arido villaggio di Matiri, in Kenya, come Direttore generale dell'ospedale St. Orsola. Lì conoscerà altri volontari, troverà amici tra i residenti, si scontrerà con una realtà a volte affascinante altre difficile da accettare, spesso combattuta tra ciò che le bisbiglia la testa e quello che le grida il cuore, sperimentando indimenticabili e logoranti montagne russe emozionali. E inaspettatamente, Stefania troverà anche l’amore. In questo memoir, sequel del suo romanzo d’esordio “Con la mia valigia gialla”, l’autrice ripercorre la sua vita durante quei due anni, raccontando a volte fedelmente, a volte romanzandole per esigenze narrative, le storie che si è trovata a vivere. Per dare una sbirciatina alla sua Africa, una delle tante facce del seducente continente.

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